Chi dorme non piglia fondi, parola dell’Ue - QdS

Chi dorme non piglia fondi, parola dell’Ue

Giuliana Gambuzza

Chi dorme non piglia fondi, parola dell’Ue

venerdì 27 Aprile 2012

Viaggio tra i progetti del Por 2000-2006 avviati ma non ancora conclusi, 7a puntata: la pesca in Sicilia. Sono serviti anche 7 anni per un collaudo e 2 per trovare le attrezzature necessarie

PALERMO – Una filiera lunga, troppo lunga per consentire una distribuzione adeguata dei guadagni tra gli operatori. Una legislazione lenta e intralciata da cavilli che sbucano da tutte le parti. Una diminuzione drastica delle specie commercializzate, al punto che solo su 10 si concentra l’80% delle vendite. Sono solo alcuni degli – annosi – problemi che affliggono la pesca.
Non sorprende, quindi, che l’annuncio di finanziamenti provenienti dalle casse delle istituzioni venga accompagnato dal sospiro di sollievo di lavoratori che guardano con amarezza e rassegnazione al loro futuro. Ma questo sollievo non sempre è giustificato: nella nostra Isola può succedere pure che i fondi già stanziati per mettere in piedi un’attività non vengano spesi nei tempi stabiliti.
Stiamo parlando del Por 2000-2006, che ha sovvenzionato 2.154 progetti, di cui solo 185 erano completi a giugno 2011. Nel Rapporto finale di esecuzione, in cui il dipartimento regionale preposto ha elencato i cantieri rimasti aperti, compaiono casi di cui vale la pena discutere.
Come quello di una società di acquacoltura di Lampedusa. In programma c’erano l’ammodernamento e l’ampliamento del relativo impianto, nonché la diversificazione della produzione verso specie ittiche pregiate.  La “difficoltà nel reperimento di macchinari ed attrezzature innovative” ha fatto slittare di oltre due anni (!) la data prevista per l’ultimazione di lavori cominciati nel 2005 e per i quali è stato preventivato un costo di quasi un milione di euro.
Un’altra ditta, invece, si è vista minacciata di revoca del finanziamento concesso – pari al 60% dell’importo complessivo, per un totale di 600 mila euro – se non avesse reso operativo il suo impianto di maricoltura di spigole e orate entro giugno 2011.
La vicenda inizia a marzo del 2006, quando i lavori vengono dati in appalto, con scadenza 18 mesi dopo, per essere conclusi qualche mese in ritardo. Dove sta allora il problema? Alcuni dei beni e delle attrezzature forniti risultano “in riparazione”, “danneggiati” o addirittura “dispersi”. A giugno 2010, passati due anni e mezzo dalla chiusura del cantiere, vengono ingiunti l’aggiustamento delle apparecchiature rotte e il reintegro di quanto non fa più parte della struttura, pena la perdita dei fondi, appunto.
Un’altra opera completata – questa volta addirittura nel 2004 – e già pagata per intero, ma ugualmente rimasta al palo almeno fino al 30 giugno 2011, è il miglioramento del porto da pesca e del mercato ittico di Portopalo. Il motivo è la mancata certificazione finale da parte del Comune per “motivi igienico-sanitari e danneggiamenti a seguito di avverse condizioni meteorologiche”.
Si segnala per il rispetto dei tempi di realizzazione previsti (poco più di un anno) il progetto di definizione di uno standard di tracciabilità e, in più, di sperimentazione di un polo in cui concentrare il prodotto ittico proveniente dal Golfo di Patti. Però, su una spesa di oltre 300 mila euro, meno della metà è risultato ammissibile ai fini del Por e il Comune non aveva i soldi per pagare i fornitori, per cui si è reso necessario concedergli un anno per saldare il suo debito.
 

 
L’approfondimento. Enti pubblici con gravi carenze di capacità progettuali
 
Fondi concessi ma anche da recuperare. Di questo si parla nel Rapporto finale di esecuzione sul Por 2000-2006 a cura della Regione Siciliana. I soldi che vanno ripresi sono quelli derivanti da piani sottoposti a provvedimenti amministrativi o perfino giudiziari, alcuni dei quali ancora in corso di adozione al momento della stesura del documento. In testa c’è quello per la ristrutturazione di un impianto esistente, che già nel 2007 perdeva oltre 600 mila euro, di cui 350 arrivati direttamente dalle casse dell’Ue. Per non parlare del pescaturismo programmato da una cooperativa in debito di quasi 500 mila euro tra contributi comunitari e nazionali. A un ristorante siracusano, il cui ampliamento è stato sovvenzionato nel 2003, completato nel 2005 e collaudato ben tre anni dopo, è stata negata dapprima metà dell’importo inizialmente accordato, pari a circa 60 mila euro, e poi addirittura il triplo. Altro dato (tristemente) interessante è l’assenza delle province di Catania, Messina e Ragusa ai bandi per l’erogazione di somme destinate all’adeguamento infrastrutturale dei porti pescherecci, non perché questi non ci fossero, bensì a causa della “carenza di capacità progettuale”. E dire che, in questo settore, i progetti pubblici hanno superato quelli privati, raggiungendo il 75% del totale.

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