Referendum “anticasta”, valanga di sì in Sardegna - QdS

Referendum “anticasta”, valanga di sì in Sardegna

Roberto Quartarone

Referendum “anticasta”, valanga di sì in Sardegna

venerdì 11 Maggio 2012

Abolite le quattro nuove Province. “I cittadini hanno chiesto il cambiamento”.

CAGLIARI – Le percentuali sono quasi bulgare, tutti i quesiti hanno sancito la vittoria del comitato referendario, che ha anche festeggiato il raggiungimento del quorum (fissato al 33,3 per cento). Ma è stata soprattutto la vittoria di chi sostiene che l’abolizione delle Province non è più rinviabile, la spesa pubblica va contenuta tagliando degli Enti le cui funzioni possono essere assunte anche dalle Regioni o dai Comuni.
È così che le Province di Olbia-Tempio, dell’Ogliastra, del Medio Campidano e di Carbonia-Iglesias si avviano ad essere quelle dalla storia più breve sin dall’Unità d’Italia. L’Ogliastra è la Provincia meno popolata d’Italia (appena 58 mila abitanti), con due capoluoghi come Tortolì e Lanusei, poco più di 15 mila cittadini in due. Quella di Carbonia-Iglesias (dal nome dei due capoluoghi) è quella con il Pil pro capite più basso d’Italia (poco più di 14 mila euro). Il Medio Campidano (Villacidro e Sanluri la coppia di città capoluogo) è l’unica che ancora non possiede uno stemma, tanto che sul sito ufficiale compare solo la corona comune a tutti gli Enti simili. La più a Nord e la più popolosa delle quattro è Olbia-Tempio.
Le Province sono state ideate nel 1997 (con la Lr. 4 del 2 gennaio) e istituite nel 2001 (con la Lr. 9 del 12 luglio), non senza polemiche, e nel 2005 si sono tenute le prime elezioni. Recentemente è stata avanzata la proposta del cosiddetto “referendum anticasta”, che non riguarda solo l’abolizione delle quattro Province, ma anche lo stipendio dei consiglieri regionali e cinque quesiti consultivi sull’abolizione delle altre quattro Province (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano), la riscrittura dello Statuto, l’elezione diretta del governatore, l’abolizione dei cda degli Enti strumentali e delle Agenzie della Regione e la diminuzione del numero dei consiglieri regionali. È stato un sì plebiscitario su tutta la linea, meno che sull’abolizione delle Province storiche, a cui sono favorevoli i 2/3 dei votanti.
I proponenti, che fanno capo ai Riformatori sardi (che nel 2009 sostenevano la lista dell’attuale governatore Ugo Cappellacci, Pdl), hanno dovuto lottare con una certa confusione politica che ha caratterizzato la campagna elettorale. Si è infatti verificata più una presa di posizione dei singoli (a favore si sono schierati Arturo Parisi del Pd e il presidente della Regione) che dei partiti, indecisi sul da farsi. La posizione più netta contro l’abolizione è quella dell’Unione delle Province sarde, che è ricorsa al Tar per ben tre volte e altrettante volte ha visto il ricorso rigettato. I Rs, intanto, esultano: “È un grande risultato – ha dichiarato il coordinatore, Michele Cossa –, la Sardegna ha risposto e chiesto il cambiamento”.
La prima conseguenza del voto sono state le dimissioni di Salvatore Cherchi, presidente Pd della Provincia di Carbonia-Iglesias, “in rispetto dell’esito regionale del referendum”. Ma le conseguenze saranno anche nell’impegno che dovrà assumersi la Regione Sardegna per rispettare la volontà popolare. Una delle azioni più interessanti sarà quella di cancellare i consigli d’amministrazione dei vari Enti che diventano lo sfogo delle clientele dei politici. L’intera tornata elettorale, in totale, è costata 6 milioni di euro.

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