Agricoltura biologica: un dibattito sulla sua sostenibilità ambientale - QdS

Agricoltura biologica: un dibattito sulla sua sostenibilità ambientale

Bartolomeo Buscema

Agricoltura biologica: un dibattito sulla sua sostenibilità ambientale

giovedì 10 Maggio 2012

Settore alimentare in crescita, che vede l’Italia al primo posto in Europa con il maggior numero di produttori. Resa del terreno -20% rispetto a quella tradizionale. Necessario individuare nuove aree sottratte alle foreste

PALERMO – Qualche anno fa, l’agricoltura biologica era il credo di una sparuta minoranza di ecologisti. Oggi, è un settore alimentare in crescita che vede l’Italia al primo posto in Europa con il maggior numero di produttori agricoli “biologici”.
Coltivare biologicamente significa sfruttare la naturale fertilità del terreno favorendola con interventi esterni molto limitati, ed esclude re l’utilizzo di prodotti di sintesi, salvo quelli specificatamente ammessi dal regolamento comunitario.
La differenza sostanziale tra agricoltura biologica e convenzionale consiste nel livello di energia ausiliaria introdotto nell’agro sistema: in quella convenzionale s’impiega un notevole quantitativo di energia ausiliaria proveniente da processi industriali, prevalentemente dall’industria chimica; al contrario, l’agricoltura biologica, pur essendo in parte anch’essa basata sull’introduzione di energia ausiliaria, reimpiega la materia principalmente sotto form  a organica.
Una dicitura sintetica più appropriata avrebbe forse potuto essere “agricoltura organica”, in quanto mette  in evidenza i principali aspetti distintivi dell’agricoltura biologica: la conservazione della sostanza organica del terreno .
Il diffondersi sempre più dei prodotti biologici nei supermercati, che rimanda alla produzione di derrate di origine vegetali al 100% “organico”, è una pratica sostenibile e quindi auspicabile?
Sembrerebbe una domanda di facile risposta; ma i fatti vanno in tutt’altra direzione.
Secondo un articolo apparso recentemente sull’autorevole rivista scientifica internazionale Nature, la risposta alla sostenibilità del biologico non è per niente facile e immediata. Quello che ci colpisce è che un’espansione consistente a livello mondiale dell’agricoltura biologica può avere effetti deleteri per il nostro ecosistema.
 Il “biologico” nasce per diminuire l’impatto ambientale della produzione agricola . Se però, come rileva Nature, una coltivazione biologica rende in media il 20% in meno, ciò significa utilizzare il 20% in più di terreno , in genere sottratto alle aree forestali, come accade nei Paesi in via di sviluppo, per avere la stessa quantità di cibo prodotta.
Nel caso specifico della coltivazione di grano biologico (meglio dire grano organico), la resa è minore del 30%; invece, per i legumi non c’è differenza tra la coltivazione biologica e quella tradizionale.
Resta, però, il fatto che se s’incrementa la produzione di grano biologico, è necessario disboscare aree sempre crescenti di foreste che, come noto, costituiscono un formidabile serbatoio che assorbe l’anidride carbonica.
Tutta l’analisi riportata su Nature parte dal presupposto che non si possa intervenire nella riduzione della domanda. Qui non propugniamo la decrescita, come sostenuto da qualche economista,ma ci preme registrare come ci sia una larga fetta dell’umanità che si sovralimenta a dispetto dei tanti che ,oggi, nel mondo, soffrono la fame.

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