Occupazione di suolo pubblico? Per la Corte di Cassazione si può - QdS

Occupazione di suolo pubblico? Per la Corte di Cassazione si può

Massimo Piccolo

Occupazione di suolo pubblico? Per la Corte di Cassazione si può

sabato 12 Maggio 2012

Una sentenza dà ragione ai gestori di un bar non titolari di concessione

PALERMO – Se occupate il suolo pubblico con dei tavolini e sedie adiacenti il vostro esercizio commerciale, in specie un bar, non abbiate timore di eventuali denunce. Lo potete fare. Naturalmente a condizione che siate i legittimi proprietari dell’esercizio e che abbiate pagato le tasse comunali, o quanto meno siate subentrati al titolare avendolo regolarmente comunicato all’ufficio comunale competente.
Questo, in estrema sintesi, è quanto sentenziato dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione col provvedimento n. 16340 del 3-5-2012.
Il caso in esame riguardava i titolari di un bar che avevano invaso il marciapiede adiacente il loro esercizio commerciale con le tipiche strutture di ristoro al fine di far  meglio godere agli avventori le bevande loro somministrate soprattutto in previsione dell’aumento della temperatura nel periodo estivo.
Dopo che in un primo tempo sia il Gip che il Tribunale del Riesame adito aveva dato loro torto perché non titolari della concessione di occupazione di suolo pubblico (il titolare era il genitore cui i figli sono subentrati successivamente), i titolari di fatto del locale avevano fatto ricorso alla Cassazione che con le argomentazioni seguenti ha dato loro ragione.
Osserva infatti la Suprema Corte che “La norma di cui all’art. 633 c.p. non è posta a tutela di un diritto ma di una situazione di fatto tra il soggetto e la cosa, per cui tutte le volte in cui il soggetto sia entrato legittimamente in possesso del bene deve escludersi la sussistenza del reato” (Cassazione penale, sez. II, 02/12/2009, n. 49567 -conforme Cassazione penale, sez. II, 01/12/2005, n. 2337).
Per la configurazione del reato infatti, è necessario che l’invasione sia arbitraria e che avvenga dunque in assenza di autorizzazione o di consenso da parte del soggetto titolare del potere di godimento, mentre entrambi i requisiti erano stati ottenuti nel caso di specie dalla madre (titolare della causa) dei due soggetti indagati, cosicché il semplice “Subentro dei fratelli C. nella conduzione dell’attività commerciale nel possesso della pedana già da tempo ivi installata non rappresenta comportamento tale da poter essere qualificato come invasione in senso penalistico”. Continua la Corte, argomentando che, “Il dolo specifico richiesto per la sussistenza del reato di cui all’art. 633 c.p., è caratterizzato dall’elemento soggettivo, richiesto per la fattispecie criminosa, da non confondere con quello sufficiente per l’illecito amministrativo dell’omesso pagamento della tassa di occupazione di suolo pubblico”.

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