Esperti della mediazione abbandonati - QdS

Esperti della mediazione abbandonati

Luca Insalaco

Esperti della mediazione abbandonati

venerdì 18 Maggio 2012

Mediatori culturali: senza un albo regionale regnano caos e improvvisazione. La Sicilia non ha neanche una legge sull’immigrazione . Non esiste un organo di controllo che valuti e ordini il settore dei servizi per gli immigrati

PALERMO – La nostra società è sempre più contrassegnata dall’incontro di diverse etnie, lingue, colori, abitudini. Da questo incrocio nasce forte l’esigenza di superare elementi di incomprensione per potere appieno soddisfare e realizzare bisogni di quanti vivono nel nostro consesso sociale e di tutelarne i diritti e le aspettative. Tale necessità si rende pressante in particolare nel settore pubblico, dove la cd. “utenza” non può subire trattamenti diseguali.
 
Dinnanzi a tali esigenze, quindi, la figura del mediatore culturale diventa sempre più importante. Negli ospedali, nelle scuole, nei tribunali, nelle comunità dei minori, negli enti locali, la presenza di un mediatore è oramai imprescindibile per il corretto e imparziale andamento dell’apparato della pubblica amministrazione. Ecco perché, negli ultimi anni, abbiamo assistito alla proliferazione di corsi per assumere tale qualifica. L’offerta formativa dei vari enti, associazioni e istituti in genere, si è arricchita di corsi di varia specie e a volte anche di dubbia valenza. Nella giungla di attività messe in piedi non sempre, infatti, tutte hanno i requisiti per potere formare idonei professionisti della mediazione.
 
Eppure, nel tempo, sul mercato sono stati immessi  centinaia di presunti esperti del settore senza che vi fosse una vigilanza sulla effettiva omogeneità della preparazione ricevuta e dei titoli acquisiti. La nostra regione, che pure si presta – per tradizione storica e per posizione geografica – ad essere culla dell’incontro tra differenti etnie e palcoscenico della loro integrazione, manca di un organo di controllo che valuti e metta ordine nel settore dei servizi per gli immigrati. La Regione Siciliana, come detto nei giorni scorsi su queste pagine, non si è mai dotata di una legge organica in materia di immigrazione. A questo si deve aggiungere che la nostra regione, al contrario di molte altre, non ha mai istituto un albo dei mediatori culturali.
 
Ovvio, quindi, che nel settore la confusione regni sovrana e che chiunque possa improvvisarsi mediatore culturale. Del resto, il dicastero regionale del Lavoro e delle Politiche sociali, competente per materia, dallo scorso mese di gennaio manca di un assessore titolare. Cosa ne pensa chi per formarsi nel settore della mediazione ha speso tempo e risorse? Si industria come può. A Palermo, ad esempio, una decina di mediatori professionisti di origine straniera ha deciso di mettere insieme le proprie forze, costituendo una cooperativa. Anche questo è un modo per contrastare l’abusivismo.
 

 
L’esempio virtuoso del Friuli Venezia Giulia
 
Tra le regioni che hanno istituito un albo dei mediatori culturali vi è il Friuli Venezia Giulia. La giunta regionale friulana ha approvato il “Regolamento per la tenuta e la revisione dell’Elenco regionale dei mediatori culturali”, previsto dalla legge regionale n. 5/2005 (“Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati”). Il regolamento determina le condizioni di accesso allo status di mediatore culturale e stabilisce le modalità di iscrizione all’elenco. Viene considerato mediatore culturale l’operatore sociale che favorisce i contatti delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati con le istituzioni, ne agevola i rapporti interindividuali e l’accesso ai servizi pubblici e privati e li assiste nel collegamento con il mondo del lavoro, agendo nel rispetto dell’autonomia degli individui stessi e con equidistanza fra le parti. Il Piano regionale integrato per l’immigrazione, inoltre, prevede che, per mantenere l’iscrizione nell’elenco, i mediatori debbano seguire corsi specifici di aggiornamento professionale.

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