Artigianato nella morsa dell'abusivismo - QdS

Artigianato nella morsa dell’abusivismo

Michele Giuliano

Artigianato nella morsa dell’abusivismo

martedì 11 Settembre 2012

Secondo la Cna i soggetti in nero che operano nel solo ambito artigianale sono 20 mila in tutta l’Isola. Chiuse negli ultimi quattro anni 8 mila imprese: “Colpa di chi lavora evadendo le tasse”

PALERMO – Con il sommerso che dilaga la crisi è servita. In Italia, così come in Sicilia. Anzi, soprattutto nell’Isola. Da queste parti l’utilizzo di mano d’opera in nero e la pratica dell’imprenditoria sconosciuta al fisco è stata sempre stimata attorno al 30-35 per cento. La percezione ora è ben diversa. L’impressione che si ha è che questo dato, già di per sé allarmante, sia cresciuto a dismisura. Almeno stando a guardare gli ultimi dati disaggregati della guardia di finanza: in tutte le province siciliane si parla spesso di controlli alle imprese, produttive o commerciali, in cui le irregolarità tra quelle controllate oscillano tra il 50 e l’80 per cento. La situazione dunque si è fatta enormemente esplosiva.
La Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa ha presentato i numeri preoccupanti relativi al tessuto siciliano in relazione tra crisi e sommerso: nell’isola negli ultimi 4 anni hanno chiuso i battenti 8 mila imprese artigiane. Numeri enormi che sono frutto non solo della crisi, secondo l’organizzazione di categoria, ma soprattutto dell’abusivismo dilagante.
La situazione più difficile in provincia di Catania dove sempre nell’ultimo quadriennio più di duemila piccoli imprenditori sono stati costretti a chiudere le proprie attività, mentre i soggetti in nero nel solo ambito artigianale sono 20 mila. Secondo le stime della sezione etnea della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa, il bilancio 2012 nella provincia di Catania si chiuderà con un calo degli ordini del 26,7 per cento. In rosso anche il fatturato, con perdite del 28,2 per cento. Un settore in attivo, se è possibile definirlo così, è quello dell’abusivismo.
Ora la Cna ha deciso di avviare una sorta di campagna di sensibilizzazione per portare alla ribalta un problema che mina le basi dell’economia locale e non solo. Per sollecitare ulteriormente istituzioni e politica, la Confederazione ha stilato quattro quesiti rivolti ai candidati alle prossime elezioni regionali: misure di contrasto dell’abusivismo, agevolazioni del credito, sostegno alle attività produttive locali e riduzione della burocrazia sono i temi suggeriti.
“C’è una larga fetta di furbi, di imprenditori che vogliono fare concorrenza ad altri imprenditori praticando tariffe e costi più bassi – ha spiegato Salvatore Bonura, segretario generale della Cna di Catania – Cose che possono fare non pagando tasse, non pagando tributi, non rispettando le norme, non rispettando le leggi”. A rendere il mercato ancora più sbilanciato “c’è un’altra componente fatta di impiegati della pubblica amministrazione che, probabilmente perché hanno stipendi che non consentono loro di arrivare tranquillamente a fine mese, si improvvisano elettricisti, muratori, falegnami, idraulici, parrucchieri, estetiste”. “Quindi – sostiene Bonura – anche loro, in modo sommerso, fanno questo tipo di attività”. Ultima categoria, “i precari, i forestali, tutta una serie di soggetti che si inventano un’attività e la esercitano in modo abusivo”.
 

 
Nel 2011 scoperti 1,5 mld di euro sottratti a tassazione
 
E se la concorrenza è sleale, chi dovrebbe regolare il mercato latita: “Tutto questo accade per l’inerzia assoluta delle autorità che dovrebbero vigilare – denuncia il segretario della Cna – In primo luogo i vigili urbani dei Comuni, anche Polizia, Guardia di finanza e Carabinieri. Non ci sono i controlli”. Oppure, quando le verifiche vengono effettuate, “si arriva al paradosso: viene controllato chi è già in regola, in quanto le forze dell’ordine si muovono in base ad elenchi di Comuni e Camere di commercio dove ovviamente non compare chi vive nel sommerso”. Giocare pulito, mettersi in regola e che poi sia il mercato a decidere chi è bravo e chi no. Questo il suggerimento, per evitare che la situazioni peggiori ulteriormente. “Se continua così – conclude Salvatore Bonura – migliaia di imprese rischiano di chiudere, con riflessi occupazionali devastanti”. In realtà i controlli ci sono stati, eccome. Soltanto la Guardia di finanza nel 2011 in Sicilia ha effettuato 9.220 atti ispettivi. Sono stati scoperti 1,5 miliardi di euro sottratti a tassazione in materia di imposte dirette, altri 23 milioni di euro non versate e ben 290 milioni di euro di Iva evasa o non versata. Quest’ultima risulta in netto aumento rispetto all’anno precedente (+ 92 per cento).

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