Regione siciliana, illegittime 4.847 assunzioni - QdS

Regione siciliana, illegittime 4.847 assunzioni

Liliana Rosano

Regione siciliana, illegittime 4.847 assunzioni

martedì 16 Ottobre 2012

Raggirato il Commissario dello Stato, perchè può impugnare solo le leggi, la Consulta, però, ha respinto più volte le stabilizzazioni. Art. 97 Costituzione: “Agli impieghi nelle Pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”

Palermo – Tra le azioni clientelari del governo Lombardo, la più eclatante è stata l’aver “omaggiato” ai precari siciliani della pubblica amministrazione regionale la tanto attesa stabilizzazione. Guai a chiamarla assunzione però.
E sulla stabilizzazione come sull’assunzione la Costituzione non ha alcun dubbio: Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso. Un principio stabilito nell’articolo 97 che viene ribadito in più sentenze della Corte Costituzionale, ultima la sentenza 42/2011 dove il massimo organo giurisdizionale ha bocciato più volte i tentativi di stabilizzazione nel campo sanitario del governatore Nichi Vendola, dichiarando l’illegittimità dell’atto di stabilizzazione. L’ex presidente Lombardo ha sempre parlato di un blocco di assunzioni ma in realtà ha raggirato l’ostacolo attraverso la tecnica delle stabilizzazioni, portando, nel Gennaio 2011, a 4847 il numero dei dipendenti stabilizzati ed inquadrati nelle categorie A e B. Nella realtà nessuno di questi nuovi impiegati ha superato un concorso, tutt’al più una semplice prova consistente nel saper dimostrare come inviare un fax, mettere un timbro, fare una fotocopia.
La Corte Costituzionale motiva nella sentenza 42/2011 nel seguente modo la scelta della sentenza: “la stabilizzazione del personale così detto precario può rappresentare una scelta di carattere discrezionale del legislatore come misura rispondente a criteri di politica sociale e, quindi, un’ammissibile deroga al predetto principio fondamentale dell’impiego con le Amministrazioni pubbliche, ma non può arrivare a sovvertire in toto la normativa positiva vigente espressione di principi costituzionali consolidati.
Il sistema del concorso pubblico, del resto, sempre per il remittente, “è essenziale per un servizio particolarmente delicato come quello sanitario che impone l’individuazione dei più idonei attraverso il meccanismo del concorso, con una pluralità di concorrenti con il vaglio di una commissione di esperti né può essere validamente surrogato da una selezione (sia pur definita di natura concorsuale) interamente riservata al personale precario da stabilizzare”.
Non c’è spazio per alcun dubbio: il concorso diventa un passaggio fondamentale per chi vuole lavorare ed essere reclutato nella pubblica amministrazione.
Importante ed illuminante è un passaggio della sentenza in questione in cui la Corte ricorda che: “Non può, tuttavia, ritenersi sufficiente, a tal fine, la semplice circostanza che determinate categorie di dipendenti abbiano prestato attività a tempo determinato presso l’amministrazione (sentenza n. 205 del 2006), né basta la «personale aspettativa degli aspiranti» ad una misura di stabilizzazione (sentenza n. 81 del 2006).
Occorrono invece particolari ragioni giustificatrici, ricollegabili alla peculiarità delle funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, in particolare relativamente all’esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all’interno dell’amministrazione e non acquisibili all’esterno, le quali facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell’amministrazione”.
Se la Puglia è una delle regioni più attive nel conflitto costituzionale sugli organici pubblici, ci si chiede come mai la Sicilia è assente, vista la massiccia operazione di stabilizzazione.
A dare una spiegazione a questa anomalia è la presenza del Commissario di Governo, "controparte" dell’autonomia isolana, che in più di un’occasione ha bloccato operazioni destinate a sicuro insuccesso di fronte alla Consulta.
 


La questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Puglia sollevata dal Tar di Lecce
 
Nel caso della sentenza n. 42/2011 della Corte Costituzionale, la questione di legittimità costituzionale, con ordinanze del 28 aprile e del 19 maggio 2009, notificate il 20 maggio e il 10 giugno 2009 ed iscritte ai numeri 231 e 232 del registro ordinanze dell’anno 2009, è stata sollevata dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Lecce in riferimento agli articoli 3, 97, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, in riferiemnto all’articolo 3, comma 40, della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2007, n. 40 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2008 e bilancio pluriennale 2008-2010 della Regione Puglia).
La disposizione censurata prevedeva che nel triennio 2008-2010 le aziende sanitarie e gli IRCCS pubblici procedessero, a determinate condizioni, alla stabilizzazione del personale del ruolo della dirigenza medico veterinaria, sanitaria, professionale, tecnica ed amministrativa con incarico a tempo determinato. Addirittura la norma stabiliva: “Dal 1° gennaio 2008 le aziende sanitarie e gli IRCCS pubblici per i profili professionali, oggetto di stabilizzazione, non possono procedere ad indire ovvero proseguire procedure concorsuali ovvero ad utilizzare le graduatorie dei concorsi già espletati per la copertura dei posti vacanti destinati all’attuazione del processo di stabilizzazione”.
 


Circolare in Gazzetta ufficiale da smentire sul blocco assunzioni
 
PALERMO – Proprio la circolare del 5 ottobre 2012 “Attuazione della delibera di Giunta regionale n. 317 del 4 settembre 2012” dell’assessore regionale all’Economia, Gaetano Armao, pubblicata a pagina 58 dell’ultima Gazzetta ufficiale della Regione siciliana (n. 43 del 12 ottobre 2012) ribadisce questo concetto del blocco delle assunzioni. Richiamiamo la frase in cui leggiamo il punto in questione: “Negli ultimi anni (ed, in particolar modo, nel triennio 2010/2012) il Governo regionale ha avviato una politica di bilancio rigorosa e riforme strutturali volte a contenere costi amministrativi: attraverso la riorganizzazione e la riduzione degli apparati burocratici regionali (l.r. n. 19/2008, D.P.R.S. n. 12/2009) con il blocco delle assunzioni”.
Ma come si fa a parlare di “riduzione degli apparati burocratici regionali e di blocco delle assunzioni, se, invece, è avvenuto tutto il contrario?
Questo rende poco credibile tutto i ltesto della circolare. Ed infatti, più avanti si legge: “avviate significative riforme nei settori della sanità, della formazione, della semplificazione amministrativa, dei rifiuti e degli appalti, nel contenimento degli enti e delle società partecipate e delle relative spese gestionali”. Ma se la spesa per la Sanità nel 2011 è cresciuta di mezzo miliardo di euro, precisamente 519 milioni, come fa la circolare a riferire che sono state apportate significative riforme nel settore della snaità? La spesa della sanità in Sicilia era stata di 8 miliardi 902 milioni di euro, già in aumento di 127 milioni rispetto al 2009, mentre nel 2011 è salita ulteriormente a 9 miliardi 421 milioni di euro!
Per non dire del contenimento degli enti e delle società partecipate, considerato che il procuratore generale d’appello della Corte dei Conti, Giovanni Coppola, nella sua requisitoria al rendiconto 2011 della Regione scrive testualmente: “Non farò l’elenco delle 14 società che verranno mantenute in vita per il semplice fatto che le società partecipate della Regione continuano ad essere sempre 34”. La scorsa settimana una conferma: la partecipata della Regione Sicilia e-Servizi era stata posta in liquidazione a gennaio, ma a distanza di nove mesi l’assemblea dei soci ha deciso di rendere nuovamente operativa l’impresa. Ma allora la circolare?

Lucia Russo

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