Industria e servizi, dal Sud solo il 17,9 % del valore aggiunto - QdS

Industria e servizi, dal Sud solo il 17,9 % del valore aggiunto

Patrizia Penna

Industria e servizi, dal Sud solo il 17,9 % del valore aggiunto

martedì 30 Ottobre 2012

L’Istat misura l’incremento lordo derivante dalla trasformazione delle materie prime in prodotto finale. Le imprese del Nord, invece, contribuiscono per il 61,9%. Centro (20,3%)

ROMA – Sono poche, di piccole dimensioni ma, a dispetto della crisi economia, sono ancora capaci di produrre nel 2010 un valore aggiunto di 708 miliardi: sono le imprese italiane che lavorano nel settore dell’industria e dei servizi di mercato.
Nel 2010, secondo i dati Istat, le imprese attive dell’industria e dei servizi di mercato sono 4.372.143 e occupano circa 16,7 milioni di addetti, di cui 11,2 milioni sono dipendenti. La dimensione media delle imprese si conferma particolarmente contenuta (3,8 addetti per impresa).
In economia il valore aggiunto detto anche plusvalore, è la misura dell’incremento di valore che si verifica nell’ambito della produzione e distribuzione di beni e servizi finali grazie all’intervento dei fattori produttivi (capitale e lavoro) a partire da beni e risorse primarie iniziali.
L’impresa acquista beni e servizi necessari a produrre altri beni e servizi. La differenza tra il valore finale dei beni e servizi prodotti e il valore dei beni e servizi acquistati per essere impiegati nel processo produttivo è il valore aggiunto. Pertanto si può dire che esso è una misura dell’incremento lordo del valore risultante dell’attività economica cioè nel processo di trasformazione delle materie prime iniziali in prodotto finale.
Il valore aggiunto prodotto a livello nazionale, perde forza ed intensità man mano che da Nord ci si sposta al Sud. La solita storia del gap incolmabile tra Nord e Sud che si ripete puntualmente. Basti pensare che, come rivela l’Istat, le imprese localizzate nelle regioni nord-occidentali e nord-orientali contribuiscono insieme per il 61,9% alla creazione del valore aggiunto del Paese (rispettivamente 37,7% e 24,2%). La quota di valore aggiunto realizzata è pari al 20,3% nel Centro e al 17,8% nel Mezzogiorno.
Il plusvalore per addetto è pari a 42,4 mila euro; il costo del lavoro per dipendente risulta di 34 mila euro; la retribuzione lorda per dipendente ammonta a 24,4 mila euro e l’incidenza dei profitti lordi sul valore aggiunto è del 26,6%.
Rispetto al 2009, anno di profonda crisi produttiva, si registra una flessione del numero delle imprese (-0,3%) e degli addetti (-1,6%), ma un sensibile aumento del valore aggiunto (+12,3%).
Le microimprese (con meno di 10 addetti), rappresentano il 94,9% delle imprese attive, il 47,8% degli addetti e il 31,1% del valore aggiunto realizzato. Nelle grandi imprese (con almeno 250 addetti), che ammontano a 3.495 unità, si concentrano il 19% degli addetti e il 31,9% del valore aggiunto.
Nelle microimprese il 63,5% dell’occupazione è costituita da lavoro indipendente. Il settore dei servizi di mercato – con il 76% di imprese, il 63,3% di addetti e il 56,9% di contributo alla creazione di valore aggiunto – si conferma, in termini quantitativi, il più importante settore dell’economia nazionale.
L’industria in senso stretto rappresenta il 10,1% delle imprese, il 25,8% degli addetti e il 34,6% del valore aggiunto, mentre nel settore delle costruzioni si concentrano il 13,9% delle imprese, il 10,9% degli addetti e l’8,5% del valore aggiunto. Nel 2010 ciascun dipendente ha lavorato in media 1.629 ore (8 ore in più rispetto al 2009), con livelli superiori alla media nelle costruzioni (1.669) e nell’industria in senso stretto (1.651) e inferiori nel settore dei servizi (1.610). Nel 2010 le imprese italiane hanno sostenuto una spesa per investimenti fissi lordi pari a circa 138 miliardi, con un aumento del 19,4% rispetto all’anno precedente. All’interno del settore manifatturiero, le imprese esportatrici registrano – in tutte le classi di addetti delle imprese – livelli di produttività nominale del lavoro, retribuzioni per dipendente e margini di profitto lordo superiori a quelli medi manifatturieri relativi alla stessa fascia dimensionale. La propensione all’esportazione del complesso del sistema manifatturiero (misurata dal rapporto tra fatturato all’esportazione e fatturato totale) è pari al 29,4%.

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