Bruciare i rifiuti nei cementifici. Governo consente l'inquinamento - QdS

Bruciare i rifiuti nei cementifici. Governo consente l’inquinamento

Rosario Battiato

Bruciare i rifiuti nei cementifici. Governo consente l’inquinamento

martedì 29 Gennaio 2013

In Sicilia lo prevede il Piano rifiuti approvato pochi mesi fa, che non considera la produzione di energia. L’attacco delle associazioni: sistema pericoloso, che blocca il sistema del riciclo

PALERMO – Il governo Lombardo aveva imboccato la strada della combustione dei rifiuti nei cementifici in sostituzione dei combustibili fossili tradizionali come una parziale soluzione al problema della gestione rifiuti in Sicilia. Una scelta corroborata da quanto si leggeva nel piano rifiuti approvato a luglio a Roma e in perfetta concordanza con quanto va predicando, dall’aprile scorso, il ministro Clini, spalleggiato da tutto l’esecutivo e da Passera in particolare. Le associazioni ambientaliste e parecchi addetti ai lavori non ci stanno e chiedono al governo regionale di chiudere ad una simile eventualità che finirebbe per agevolare soltanto la lobby del cemento.
Che succede in Italia? Il 26 ottobre viene approvato lo schema di decreto presidenziale ed inviato al Parlamento. Si tratta di un provvedimento che disciplina la combustione di rifiuti nei cementifici, seguendo la stessa linea del dm Sviluppo Economico del 6 luglio 2012 quando Passera aveva liberalizzato il sistema di produzione di energia da impianti a biomassa agricola. Adesso questo ulteriore passaggio vorrebbe classificare il cdr (combustibile derivato rifiuti) in combustibile solido secondario (css), permettendo, in tal modo, che venga utilizzato come “prodotto industriale di libera circolazione” e proponendosi come alternativa ai combustibili tradizionali.
Netto il commento delle associazioni che da anni si occupano di rifiuti proponendo soluzioni all’avanguardia per la realtà isolana. “La previsione di bruciare la parte combustibile dei rifiuti indifferenziati negli inceneritori – si legge in una nota del gruppo promotore della campagna nazionale Legge rifiuti zero – è una grave scelta dal punto di vista ambientale e sanitario” perché “vengono esposte le popolazioni al rischio di patologie cancerogene” e dall’altra parte “a causa dell’incentivazione con CIP6 e Certificati verdi, viene di fatto impedito l’avvio dell’industria del riciclo”. E bruciare i rifiuti nei cementifici, secondo il comitato, risulta “di gran lunga più pericoloso che bruciarli negli inceneritori” perché allo stato dei fatti non hanno specifici sistemi di abbattimento delle polveri e “sono inoltre autorizzati con limiti di emissioni più alti”.
Per fugare il campo da ogni possibile dubbio è bene ricordare che bruciare i rifiuti nei cementifici o nelle centrali termoelettriche è una pratica già diffusa in tanti Paesi europei che possono vantare un ciclo dei rifiuti avanzato. La differenza consiste nella priorità che riveste tale processo, per cui in realtà tecnologicamente avanzate lo smaltimento nei cementifici costituisce soltanto una porzione minima, mentre in Sicilia, secondo il piano rifiuti approvato durante l’ultima fase del governo Lombardo, si prevedeva l’utilizzo del CSS in “co-combustione con i combustibili tradizionali” come “già adottato in diversi cementifici in Italia”, tarato secondo una prima stima dei consumi energetici e in relazione con la produzione di cemento, pari ad una capacità di utilizzo complessivo di css (combustibile solido secondario) oscillante da 250.000 a 300.000 t/a. Per il resto nessun accenno alla valorizzazione energetica del rifiuto che, invece, altrove riveste un ruolo decisivo. In Svezia, uno dei fari del moderno sistema di gestione dei rifiuti, il 36% dei rifiuti viene riciclato, il 14% viene trasformato in compost, trattato cioè biologicamente e riutilizzato per esempio come fertilizzante, e il restante 49% finisce negli inceneritori e sottoposto a un trattamento termico.

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