Crisi edilizia: investire sulla città esistente - QdS

Crisi edilizia: investire sulla città esistente

Rosario Battiato

Crisi edilizia: investire sulla città esistente

mercoledì 06 Marzo 2013

In Sicilia il 10% degli edifici abusivi costruiti in Italia dal dopoguerra ad oggi. Uno scempio di cui si pagano le conseguenze. Soluzione della Fondazione italiana bioarchitettura: 1 mln di posti di lavoro con la riqualificazione energetica

CATANIA – Il crollo del settore edilizio isolano non è soltanto conseguenza di fattori esogeni come il ritardo pagamento della Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese o degli effetti congiunturali della bolla immobiliare del 2008, ma anche di elementi strutturali “individuabili nel mancato rinnovamento tecnologico del settore ed a causa di una certa resistenza all’innovazione da parte di buona parte delle imprese”.
 
Lo spiega in una nota Antonio Marano, presidente della delegazione catanese della Fondazione Italiana per la Bioarchitettura® e l’antropizzazione sostenibile dell’ambiente. “Uscire dalla crisi è possibile, ma bisogna cambiare approccio e puntare ad un modello realmente sostenibile incentrato sulla riqualificazione urbanistica, sull’efficienza energetica degli edifici e sulla messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente”.
Le parole del presidente Marano riprendono un tema particolarmente rilevante per l’economia siciliana, cioè l’assenza di una riconversione del settore edilizio che dovrebbe tramutare la vecchia vocazione costruttiva in efficientamento energetico. Il problema non è soltanto delle maestranze isolane, visto che “è bene ricordare come soprattutto nel mezzogiorno ed in Sicilia, l’assenza di una seria politica di pianificazione territoriale, il mancato coordinamento delle programmazioni territoriali ed il diffuso fenomeno dell’abusivismo edilizio, hanno prodotto un enorme stock edilizio, peraltro di scadente qualità, non solo per gli aspetti estetici, ma anche per quanto riguarda il comportamento statico ed energetico”.
Dal 1948 ad oggi, secondo un report di Wwf e Fai, in Italia sono stati edificati complessivamente 1,7 milioni di edifici abusivi in cui vivono sei milioni di persone. “Detti abusi, realizzati perlopiù in aree urbane soprattutto del centro-sud, hanno causato gravi problemi urbanistici ed ambientali”. In Sicilia, secondo i dati del dipartimento urbanistica, ci sono stati 770 mila abusi inflitti al suolo isolano nell’arco dei tre condoni che dal 1985 ad 2003 hanno fatto registrare mediamente 30mila istanze all’anno. Inoltre il 10% degli edifici abusivi costruiti in Italia dal dopoguerra ad oggi è presente in Sicilia. Un’abbondanza di abitazioni che permane anche nel settore dell’edilizia regolare.
L’ultimo censimento Istat ha registrato in Sicilia 1,9 milioni di abitazioni occupate da residenti e 653 mila abitate da non residenti o non occupate. Si tratta di 2,5 milioni di abitazioni per 5 milioni di abitanti, cioè una media di due persone per casa abitazione.
“Il primo rapporto – ha scritto Marano – dell’Osservatorio congiunto Oise Innovazione e sostenibilità nel settore edilizio di Fillea Cgil e Legambiente, ha messo in evidenza che oltre 2 milioni di abitazioni sono non abitate, e contestualmente resta alto il disagio abitativo per le fasce più deboli”. La soluzione, spiega Marano, è sotto gli occhi di tutti. “L’attenzione va dunque rivolta alla città esistente”. Diversi i benefici, anche extrambientali. “Escludendo i benefici effetti sull’ambiente e sulla qualità della vita e dell’abitare, – ha sottolineato Marano – dal rapporto Fillea Cgil e Legambiente del 2012 emerge che attraverso l’innovazione tecnologica, la riqualificazione energetica in edilizia, si potrebbero creare in Italia 600 mila nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni, che con l’indotto potrebbero arrivare ad un milione”.

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