Investire nelle startup con il crowdfunding - QdS

Investire nelle startup con il crowdfunding

Antonio Leo

Investire nelle startup con il crowdfunding

venerdì 22 Marzo 2013

Intervista con l’esperto del settore Davide Bennato, professore di Sociologia dei media digitali presso l’Università di Catania. Si tratta di un sistema di finanziamento dal basso che avviene tramite apposite piattaforme sul web

CATANIA – Nel 2008 Barack Obama entrò nella storia non soltanto perché fu il primo presidente nero nella storia degli Stati Uniti d’America, ma perché cambiò per sempre il modo di comunicare agli elettori. A partire dalla raccolta fondi per la campagna elettorale, basata su un sistema di donazioni tramite il web. Il meccanismo, noto come crowdfunding, da allora si diffuse in tutto il mondo. Anche in Italia, dove oggi si contano oltre 20 piattaforme attive e un giro d’affari di circa 13 milioni di euro (solo nel 2012). Un fenomeno talmente vasto da aver indotto la Consob a regolamentare il settore.  Le nuove disposizioni dovrebbero essere disponibili alla fine di marzo.
Ma che cos’è il crowdfunding? Si tratta di un neologismo, composto da due parole inglesi “crowd” (folla) e funding (finanziamento), e consiste in un processo collaborativo di un gruppo di persone che utilizza il proprio denaro in comune per sostenere gli sforzi di persone e organizzazioni. In altri termini è uno strumento di finanziamento dal basso, ma non è detto che sia senza fini di lucro per i “donatori”. Esistono almeno 4 schemi del sistema in questione, di cui due sono utilizzati specialmente da organizzazioni non profit: “Reward-based”, dove le persone effettuano una donazione per un progetto in cambio di un “premio”, e “Donation-based”, che consiste in una sorta di “mecenatismo online”, in quanto i finanziamenti sono a fondo perduto. Gli altri due tipi di crowdfunding, e cioè il Social lending e l’Equity-based, sono delle vere e proprie forme di investimento, utilizzate soprattutto per immettere capitali di rischio nelle startup o progetti innovativi.
Abbiamo chiesto una spiegazione “tecnica” a un grande esperto del settore: Davide Bennato, professore di Sociologia dei media digitali e dei processi culturali e comunicativi presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. I suoi studi sono inerenti all’analisi delle culture tecnologiche, al consumo di contenuti online e alla socializzazione tramite media digitali. Ha scritto due libri: “Le metafore del computer. La costruzione sociale dell’informatica” (Meltemi, RM) e “Sociologia dei media digitali” (Laterza, RM-BA).
Professore Bennato, in che cosa consiste il Crowdfunding?
“Il termine descrive il processo di raccolta di somme di denaro destinate a specifici progetti attraverso una partecipazione collaborativa di molte persone, resa possibile attraverso piattaforme internet dedicate. La caratteristica chiave di queste piattaforme è quello di costruire una community di persone che decidono di diventare sostenitori attivi di una particolare iniziativa. La componente di community rende queste piattaforme molto diverse da altre forme (come i siti a sottoscrizione)”.
Qual è la differenza tra social lending ed equity-based?
“Sono due modelli tipici del crowdfunding. Il social lending (o prestito peer-to-peer) è un modello in cui ci sono privati che chiedono in prestito denaro ad altri privati. Equity-based invece è un modello in cui le persone danno denaro per acquistare azioni di una società. La società non è altro che il progetto (per esempio una startup) che verrà finanziato con il denaro raccolto dalla vendita delle azioni”.
Immettere capitali di rischio in una startup, attraverso una semplice sottoscrizione via internet, può diventare attraente, e redditizio, come investire in borsa?
“Secondo me è un sistema interessante per finanziare una startup. Attualmente solo pochi privati dotati di denaro sufficiente possono entrare nel processo di finanziamento di una startup. Con il crowdfunding invece tante persone possono essere coinvolte nel finanziare una startup, dividendo anche il rischio di investimento. Pertanto l’attrattività del processo è evidente, ma che sia anche redditizio dipende dall’ecosistema startup in cui si investe”.
Ci risulta che in Italia ci siano una ventina di piattaforme attive e 13 milioni di euro di transazioni effettuate nel 2012. Il fenomeno sta attecchendo anche qui in Sicilia?
“La Sicilia, ma più estesamente, il Sud Italia ancora non ha visto nascere startup basate sull’offerta di servizi di crowdfunding. Diversa è la questione ci sono persone che stanno investendo denaro attraverso il crowdfunding oppure se ci sono progetti siciliani che stanno usando questo metodo di raccolta fondi. In questo secondo caso la risposta è si, poiché questa realtà sta diventando sempre più visibile, ed esistono anche casi studio di successo come Yakutia, film documentario sulla cultura dello scacciapensieri di Diego Pascal Panarello”.
Quali sono i principali rischi connessi al crowdfunding?
“I rischi sono gli stessi di un classico meccanismo di finanziamento, con la differenza che le quote spesso contenute, il gran numero di persone coinvolte e l’affidabilità delle piattaforme rende il processo nel complesso piuttosto sicuro”.
In tempi di “grillismo”, in cui si chiede ai partiti di rinunciare al finanziamento pubblico, può essere questa una soluzione per finanziare anche i progetti politici?
“La risposta potrebbe essere tranquillamente si. Già Howard Dean nel 2004 e Barack Obama nel 2009 all’epoca della sua prima campagna presidenziale hanno utilizzato strategie di crowdfunding per raccogliere denaro. Ovviamente il sistema andrebbe regolamentato, controllato ma non soffocato. Anzi auspico la nascita di piattaforme di crowdsourcing specificamente dedicate al sostegno dei partiti: solo in questo modo secondo me potrebbe emergere una nuova etica pubblica che attribuisca maggiore responsabilità alla spesa politica”.
 

 
Arrivano le regole per il settore. La Consob: “Il testo è pronto”
 
ROMA – Diverse sono le piattaforme italiane che permettono a un pubblico indistinto di sostenere economicamente una startup, un progetto o anche una campagna per scopi solidali. Il primo portale ad aprire i battenti è stato “Produzionidalbasso.com”, ma ben presto se ne sono affermati molti altri tra cui “crowdfunding-italia.it”, “siamosoci.com” e “starteed.com” (il quale offre un’interazione continua con il mondo social, attraverso un “tweet” aperto che aggiorna costantemente i finanziatori e chi propone i progetti). Fino ad oggi, tali siti web hanno operato senza regole specifiche, ma adesso la Consob sta intervenendo per colmare il vuoto legislativo. L’Italia potrebbe addirittura arrogarsi il titolo di primo Paese ad aver regolamentato il settore. Il 19 marzo 2013 era segnato col pennarello rosso sul calendario di molti startupper e addetti ai lavori in ambito innovativo. La Consob infatti avrebbe dovuto emanare il regolamento operativo legato al crowdfunding, ma fino a ieri ancora non c’era nulla. Dalle indiscrezioni trapelate sul web, comunque, il testo sarebbe praticamente pronto. Nei mesi scorsi la Consob aveva avviato un’indagine conoscitiva con un questionario destinato a esperti del settore, startup e risparmiatori.
La Consob dovrebbe istituire un registro delle piattaforme autorizzate e definire i requisiti di onorabilità, professionalità e i motivi di incompatibilità di gestori, amministratori e azionisti dei siti. Un altro fronte sul quale si presume che dovrà intervenire la Commissione di controllo sulla borsa è quello delle offerte. A questo proposito, si può ipotizzare che vengano definite le modalità di gestione delle transazioni. Ma, certo, la Consob andranno risolti anche a tanti interrogativi, mossi per lo più dalla rete. Uno su tutti: che destino avrà l’offerta che non raggiunge la cifra richiesta. È valida o da annullare? Qualche altro giorno di pazienza e dovrebbero arrivare le risposte che tutti gli innovatori attendono.

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