Un Bersani pauroso esclude Renzi - QdS

Un Bersani pauroso esclude Renzi

Carlo Alberto Tregua

Un Bersani pauroso esclude Renzi

venerdì 12 Aprile 2013

Ordine di Roma alla Toscana

Dietro il formalismo, secondo il quale Renzi non poteva essere nominato grande elettore del Presidente della Repubblica perché non faceva parte del Consiglio regionale, si nasconde la paura del segretario Bersani di mandare in Parlamento il proprio competitore interno, che diventa ogni giorno più forte e più popolare.
Per l’attuale capo del Pd, Renzi sta diventando un incubo. Infatti, i sondaggi lo mettono al primo posto come il più gradito dagli italiani per diventare primo ministro.
Non è solo Bersani che ha paura di Renzi, una folle paura, ma tutto il vecchio apparato post comunista del Partito democratico, da Fassina alla Fiom dell’alleato Sel, che difendono il conservatorismo.
Altro che le riforme sbandierate da Bersani! I famosi otto punti sono dei titoli. Nel momento in cui dovessero trasformarsi in contenuti, la mannaia della parte sinistra e sinistrorsa del Pd calerebbe senza esitazione, a difesa di posizioni ormai in contrasto con la primaria esigenza di ribaltare la situazione.

Qualche sera fa ero a cena con alcune persone, in occasione dell’assemblea nazionale dell’Unesco, a Firenze. Ho chiesto alla presidente se avesse simpatia per il suo sindaco. Mi ha risposto che non l’aveva votato e non l’avrebbe votato perché era di Destra. Di conseguenza ha votato per Bersani. Così ha fatto il 60 per cento di partecipanti alle primarie, tutti timorosi del cambiamento.
Non è vero che il giovane sindaco sia di Destra. Egli ha capito che solo innovando profondamente i meccanismi di gestione della Cosa pubblica, politica e burocratica, si può tentare di intraprendere la crescita di cui il nostro Paese ha fondamentale bisogno.
Egli ha capito che non è più possibile aumentare la spesa pubblica, ma occorre diminuirla, in modo che la conseguenza sia la riduzione della pressione fiscale che sta soffocando gli italiani e tagliando i consumi.
Egli ha capito che è indispensabile fare funzionare la Pubblica amministrazione responsabilizzando la dirigenza, cui devono essere fissati obiettivi e attuando un controllo ferreo per il loro conseguimento. Per conseguenza vanno raffrontati costantemente gli obiettivi ai risultati conseguiti.

 
In occasione delle primarie, non ho fatto mistero del mio appoggio a Renzi sia nel primo che nel secondo turno, non tanto perché egli mi sia simpatico, anche, quanto perché lo ritengo un ottimo premier, alla Tony Blair, che da uomo di sinistra ha proseguito una politica liberale, rinforzando fortemente la Gran Bretagna.
Di fatto, fra Margaret Thatcher, scomparsa in questi giorni, ed il citato Blair vi è stata una continuità che ha consentito a quel Paese di restare fuori dall’euro e di mantenere, contestualmente, la sterlina in una posizione di forza e l’economia nella strada di crescita, seppur leggera, considerata la crisi spaventosa di questo sestennio.
L’Italia ha bisogno di un Tony Blair, e Renzi lo incarna perfettamente. Egli ha idee nette e chiare, a cominciare dalla proposta più volte messa in campo dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, cui la parte conservatrice del Pd e quella estrema di Vendola sono avvinghiati, consapevoli che avrebbero pochi finanziamenti privati, data la loro posizione statalista.

Non so se avremo occasione di fare il forum con Matteo Renzi, come è accaduto con Mario Monti il 4 gennaio di quest’anno. In ogni caso, lo seguiremo con attenzione e gli daremo il nostro appoggio, se continuerà in una linea riformista per trasformare il sistema Italia in un Paese moderno e competitivo.
In Sicilia, Renzi ha preso il 30 per cento dei voti nelle primarie. Il 70 è andato all’apparato post-comunista. Quindi, nell’Isola è in uno stato di obiettiva debolezza. Il suo deputato di riferimento, a Palermo, Davide Faraone, avrà grossi problemi a rosicchiare terreno ai propri compagni di partito.
Ecco perché ha bisogno delle gambe della comunicazione per spiegare ai siciliani che si può cambiare anche non dando i voti ai Grilletti, che in questi primi cinque mesi non hanno dato prova di alcuna iniziativa all’Assemblea regionale, salvo mettersi al guinzaglio di questo o quel gruppo assembleare.
Un comportamento senza personalità nè capacità di guida come dovrebbe essere un nuovo partito che rappresenta l’ira del popolo.

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