Dare un punto in più di quanto si riceve - QdS

Dare un punto in più di quanto si riceve

Carlo Alberto Tregua

Dare un punto in più di quanto si riceve

giovedì 23 Maggio 2013

Occorrono merito, responsabilità,equità
 

La questione sociale di estrema gravità si basa su una forte iniquità economica, secondo la quale la maggior parte della ricchezza del Paese è concentrata in poche mani, mentre tutti concorrono alla sua produzione.
In altri termini, è violato il principio secondo cui ognuno di noi dovrebbe dare alla collettività e agli altri almeno un punto in più di quanto riceve.
Se questa elementare regola fosse attuata da tutti, verrebbe meno lo squilibrio indicato sopra e sarebbe diffusa nella società un’equità che oggi si sconosce.
Mancano anche, vistosamente, i valori di merito e responsabilità. E manca un processo virtuoso di scoperta e valorizzazione dei talenti. A proposito dei quali bisogna far chiarezza: il talento non è un genio, bensì è chi ha voglia di fare. Una sorta di disposizione d’animo e un’inclinazione per crescere. è anche ingegno, dote intellettuale e capacità.
Il talento non nasce, ma diventa. è stato misurato un tempo di studio, 10.000 ore, per diventare talento. In pratica servono 10 anni per raggiungere l’obiettivo.

Alla base del ragionamento che andiamo facendo, vi è la coscienza di ognuno di noi, consistente nella consapevolezza di dover dare di più di quanto riceva. Non si tratta di altruismo, ma di considerare un normale modo di vivere in una società in cui l’interesse generale sia prioritario.
Che vi debba essere un interesse personale nelle cose che facciamo è del tutto pacifico. L’importante è che esso non prevarichi quello generale, che non vìoli gli interessi degli altri e consenta a ognuno di prendere un po’ meno di quanto dà, in rapporto alle proprie capacità e al proprio merito.
Qualche giorno fa, scrivevamo che è triste lavorare per non produrre nulla. Mi sembra una ovvia e banale considerazione, però poco osservata da molti cittadini e in particolare da quelli che lavorano nelle Pubbliche amministrazioni.
Qualcuno mi rimprovera di essere monotono e di battere sempre sullo stesso tasto. Se si ricordasse la bellissima canzone brasiliana Samba de uma nota só di Antonio Carlos Jobim, si accorgerebbe che battere sullo stesso tasto può essere utile e piacevole.
 

Nella drammatica situazione in cui si trova l’Italia è del tutto evidente che bisogna recuperare le risorse migliori dei cittadini per convogliarli verso un unico obiettivo: quello della crescita, con la conseguente produzione di ricchezza e di opportunità di lavoro.
Non procedendo in questa direzione restano solo inutili parole, pronunciate da chi continua ad utilizzare risorse pubbliche per il proprio tornaconto personale, emarginando così le esigenze di quei cittadini che vogliono solamente lavorare e produrre senza essere, invece, continuamente ostacolati dalle macchine pubbliche. I dirigenti, infatti, ancor prima di aprir bocca, dicono “No”.
è comodo lavorare senza rischi. è comodo ricevere il proprio stipendio o emolumento puntualmente, ogni fine mese, indipendentemente dai risultati che si producono. è comodo progredire nella carriera senza alcun merito, ma in base a beceri automatismi privi di alcuno sbarramento selettivo, in grado di valutare le reali capacità.
Ma tutti questi comodi hanno portato allo sfascio il Paese, di cui tutti piangiamo le gravi conseguenze.

Ora occorre ribaltare la situazione. Nessuno, ma proprio nessuno, deve più percepire compensi, emolumenti o stipendi senza dare più di quanto riceve, in termini di unità di prodotto o di unità di servizio.
Occorre tagliare i privilegi (che sono tantissimi) per consentire a chi non ne ha di godere di una loro redistribuzione. Occorre riorganizzare le risorse umane, professionali, economiche e finanziarie per ottenerne il miglior risultato possibile. Occorre inserire il metodo universale di confronto fra risultati e obiettivi, in modo da premiare capaci e meritevoli, sanzionando fannulloni ed incapaci.
Questa è la riforma delle riforme, cui debbono seguire le altre di merito, più volte elencate nei quotidiani e al centro di dibattiti radiotelevisivi del tutto inutili perché a essi non seguono comportamenti coerenti e adeguati alla perniciosa situazione.

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