Export giù e infrastrutture latitanti - QdS

Export giù e infrastrutture latitanti

Michele Giuliano

Export giù e infrastrutture latitanti

giovedì 03 Settembre 2009

I sindacati preoccupati per i ritardi nella realizzazione degli interporti di Termini Imerese, Catania-Bicocca e Augusta. Nel frattempo si rischia di perdere la strategicità della posizione dell’Isola nel Mediterraneo

PALERMO – Dalla Sicilia si sogna con quei 4,3 miliardi di euro (Fas) che valgono anche molto di più rispetto al loro reale valore. Soldi che infatti dovrebbero servire soprattutto al potenziamento delle infrastrutture ed alla realizzazione di quegli interporti, Termini Imerese in testa, che sarebbero il volano dell’economia siciliana.
Ma oggi la realtà è ben altra e per questo si resta soltanto a sognare. L’unica cosa certa è che comunque il governo nazionale ha sbloccato questa enorme mole di finanziamenti del Fas, ma resta ancora qualche punto interrogativo sul loro utilizzo.
I sindacati sotto questo aspetto non hanno dubbi: “Si deve investire sulle infrastrutture – afferma Claudio Barone, segretario generale della Uil Sicilia – perché si avvii in Sicilia quel processo di riconversione necessario per riattivare i motori di un’economia oramai spenta da troppo tempo. Serve soprattutto una riconversione produttiva dell’Isola che punti ai servizi ad alto valore aggiunto nelle filiere del manifatturiero”.
 
Parole che risuonano in tutta la loro drammaticità proprio perché in Sicilia si stanno scontando condizioni di crisi generali che partono proprio dall’assenza di adeguate infrastrutture a supporto delle imprese. La negativa congiuntura dei mercati internazionali ha fatto tutto il resto. L’Istat ha potuto in questo modo mettere a nudo i limiti dell’export siciliano: da queste parti le esportazioni hanno subito la flessione maggiore fra le regioni italiane pari a oltre due volte quella media dell’Italia (-22,8 per cento).
 
“I soldi del Fas che presto arriveranno in Sicilia – sottolinea Barone- indubbiamente sono una boccata di ossigeno per l’economia dell’Isola e per il sistema delle imprese. Per arrivare a questa assegnazione si sono dovute superare resistenze forti da parti di alcuni sostenitori dell’idea che dalla crisi si esce rafforzando le aree forti del Paese. Il rischio che, oltre a ciò che è stato dirottato, anche questi fondi finissero a finanziare il Nord era evidente. Ma a questo punto occorre un fortissimo segnale. Gli sprechi vanno aggrediti e devono essere fatte delle riforme urgenti”.
Dopo questa introduzione di carattere generale il sindacato scende poi nello specifico dettando tempi e modi per l’utilizzo di queste risorse. Qui entrano in gioco gli interporti che al momento sono in mano del SIS, società interporti. è il soggetto realizzatore degli Interporti di Catania-Bicocca e di Termini Imerese, entrambe opere di interesse nazionale previsti in Legge Obiettivo. Bisogna però assolutamente fare in fretta e non perdere altro tempo: “Se gli interporti di Termini Imerese, Catania Bicocca e Augusta – precisa Barone – saranno disponibili tra 2-3 anni temo che la maggior parte delle opportunità legate al ruolo che può esercitare la Sicilia nei traffici mondiali andranno perdute. Non si può tergiversare. Le risorse che arrivano dai fondi Fas di questo dovranno tenere conto”. La parola d’ordine è quindi quella di fare in fretta. La storia però insegna che in Sicilia non si riesce mai a correre.
 

 
L’approfondimento. Le caratteristiche dell’export siciliano
 
Le esportazioni siciliane, come quelle nazionali, sono caratterizzate da una notevole concentrazione: i prodotti delle attività manifatturiere assorbono, infatti, il 90 e rispettivamente il 95 per cento del valore complessivo. All’interno di questo settore di attività economica, il Coke e i prodotti petroliferi raffinati rappresentano il 58 per cento in Sicilia e solo poco meno del 3 per cento in Italia. Il contributo della Sicilia alla formazione delle esportazioni del Paese nel 2009 sfiora l’1,7 per cento con una punta del 7,4 per cento per i prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca; minore del 2 per cento il contributo dei prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere e dei prodotti delle attività manifatturiere. All’interno di questo settore delle esportazioni siciliane il Coke e i prodotti petroliferi raffinati ammontano a 685 milioni di euro e rappresentano il 38 per cento del valore delle esportazioni italiane. “Senza dubbio – aggiunge il leader siciliano della Uil – la priorità deve essere affidata alla realizzazione di nuove infrastrutture ed al potenziamento delle esistenti. La Sicilia deve diventare il punto di accesso per l’Ue lungo il corridoio Palermo-Berlino. In questo contesto la Sicilia deve diventare una piattaforma di servizi. Il nostro futuro è fatto di sempre meno produzione ma maggiori servizi. In particolare quelle legate alla movimentazione merci e alla logistica”.

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