Inchiesta sui corsi di formazione: 10 arresti domiciliari tra cui le mogli di politici di spicco messinesi - QdS

Inchiesta sui corsi di formazione: 10 arresti domiciliari tra cui le mogli di politici di spicco messinesi

redazione

Inchiesta sui corsi di formazione: 10 arresti domiciliari tra cui le mogli di politici di spicco messinesi

giovedì 18 Luglio 2013

Siragusa, segretario commissione Affari istituzionali rispetto al Ddl parentopoli esitato ieri: “Viene da dire prima scappano i buoi e poi si chiude la stalla”. Venivano gonfiati i prezzi delle prestazioni di servizio e degli acquisti di beni. Revocato l’accreditamento agli enti coinvolti

PALERMO –  Un nuovo terremoto ha travolto l’opulenta Formazione siciliana. Ma la cosa più grave è che ancora una volta è stato svelato un sistema di truffe in cui politici di spicco sono coinvolti fino al collo. Non conta il colore politico. Tra i dieci che sono finiti agli arresti domiciliari, figurano le mogli di Francantonio Genovese, leader maximo del Pd peloritano, e di Peppino Buzzanca, ex sindaco di Messina in quota Pdl. Un sistema logoro a tutti i livelli, dai contorni inquietanti. Come i capi d’accusa: “associazione a delinquere finalizzata al peculato e alla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche destinate al finanziamento di corsi formativi nell’ambito di progetti approvati dalla Regione e finanziati con denaro proprio, dello Stato e dal Fondo sociale europeo”.
L’indagine ruota attorno a tre centri di formazione professionale messinesi: Lumen, Aram e Ancol che avrebbero gestito un sistema grazie al quale venivano gonfiati i prezzi delle prestazioni di servizio o degli acquisti di beni. L’assessore regionale alla Formazione, Nelli Scilabra, ha già provveduto a revocare l’accreditamento a tali Enti.
L’indagine della Procura sembra cadere a fagiolo, proprio mentre all’Ars, da almeno quindici giorni, imperversa il dibattito sul disegno di legge passato da “anticorruzione” a “antiparentopoli”, proprio con l’obiettivo di colpire il settore più inquinato. Un provvedimento che inizialmente doveva colpire – determinandone l’ineleggibilità o decadenza – deputati o assessori con coniugi, ascendenti, discendenti, parenti e affini fino al secondo grado in società operanti nella Formazione professionale, “che abbiano rapporti con l’amministrazione di natura finanziaria o autorizzatoria”. Ma, in realtà, il ddl si è sgonfiato strada facendo, lasciando il veto al mantenimento della carica di parlamentare solo nel caso in cui gli Enti siano “gestiti dal coniuge dell’eletto, dal coniuge separato e dal convivente”, oltre che nel caso in cui sia lo stesso deputato a gestire la società della Formazione, anche in via “occulta”. Per esempio, Peppino Buzzanca, primo dei non eletti con il Pdl nella circoscrizione Messina, non avrebbe avuto scampo.
Ieri, tra il marasma generale, si è riunita ancora una volta la commissione Affari Istituzionali dell’Ars, che ha approvato nuove modifiche. In modo particolare alla seconda parte del Ddl, laddove sancisce il divieto per l’amministrazione regionale “di affidare appalti, concessioni di lavori, forniture di beni e servizi in favore del coniuge, ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini sino al secondo grado, di deputati regionali, di componenti della Giunta regionale o di dirigenti generali dell’amministrazione regionale”.
 
Due le novità: anzitutto, grazie a un emendamento del Movimento cinque stelle, il divieto di affidare gli appalti a parenti e affini resta, nell’ambito della Formazione, anche nel caso in cui siano state espletate le gare a evidenza pubblica; in secondo luogo, per volontà del deputato Santi Formica, il veto viene esteso anche ai parenti di tutti i dirigenti della Regione (e non solo di quelli “generali”).
A proposito della scandalo che ha investito per l’ennesima volta la Formazione, è intervenuto Salvatore Siragusa, segretario della commissione Affari istituzionali.
“Viene da dire – ha dichiarato al QdS Siragusa – che prima scappano i buoi e poi si chiude la stalla. Il disegno di legge esitato oggi mette dei paletti ben precisi: fa in modo che la Regione possa fare le sue scelte nell’affidare appalti entro dei limiti che non cercano di favorire amici e parenti. Si poteva fare di meglio, ma comunque è un primo passo verso la trasparenza e la pulizia delle Istituzioni”.

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