Energia dai rifiuti, gli impianti di ultima generazione non sono inceneritori - QdS

Energia dai rifiuti, gli impianti di ultima generazione non sono inceneritori

Andrea Salomone

Energia dai rifiuti, gli impianti di ultima generazione non sono inceneritori

venerdì 23 Agosto 2013

Non è soltanto una questione linguistica. Dietro la definizione si celano interessi di parte, ecco perché

LONDRA – Il pezzo principale della scorsa pagina della nostra inchiesta settimanale sugli impianti per il trattamento dei rifiuti è stato intitolato "L’inceneritore segreto di Crocetta". Scelta forse poco originale, perché abbiamo copiato il titolo di un articolo pubblicato sul blog di Grillo e su quello del M5S in data 17 Luglio in modo da richiamare i lettori del comico genovese e della sua squadra ad una riflessione critico-analitica.
È da anni che invitiamo a fare le dovute distinzioni a chi affronta il tema della combustione dei rifiuti indifferenziati (Rsu). Distinzioni che abbiamo sempre motivato con dati alla mano, riportando analisi quantitative e qualitative relative ad impianti esistenti all’estero. Distinzioni che, però, Grillo e il M5S non sono interessati a fare, perché ciò porterebbe alla perdita di una delle armi più potenti impiegate contro i partiti delle larghe intese, accusati di essere al governo perché "portavoce di quei potenti interessi lobbistici" – tra i quali quello degli inceneritori – ai quali il Movimento ha dichiarato guerra aperta.
Dal nostro punto di vista, però, l’impiego del termine "inceneritore" sarebbe più appropriato per denotare un impianto di prima generazione, altamente inquinante perché privo di un sistema tecnologicamente avanzato di depurazione dei fumi industriali, e altamente insensato perché incapace di produrre energia elettrica da tale processo industriale.
Nel caso delle centrali di ultima generazione si tratta, invece, di stabilimenti tecnologicamente avanzati, ad impatto ambientale bassissimo e resa energetica altissima, in grado di impiegare i rifiuti come biocarburante non fossile per la produzione di elettricità e teleriscaldamento, con emissioni ben inferiori e ben più controllate di quelle delle normali centrali energetiche a base dei ben più inquinanti e ben più costosi combustibili fossili. Un carburante, tra l’altro, rinnovabile, perché – per quanto si cerchi di evitarlo – i rifiuti si rinnovano continuamente.
Per queste ragioni preferiamo parlare di "centrali energetiche a base di Rsu" e ci rifiutiamo di accettare un impiego strumentale della parola "inceneritore", volutamente finalizzato a richiamare l’attenzione sull’aspetto più preoccupante della produzione di energia dai rifiuti, ossia la loro trasformazione in ceneri potenzialmente dannose per chi le respira o vi entra a contatto. Un’immagine tuttavia solo parziale, perché esclude i molteplici benefici ecologici ed economici apportati dall’attività di queste centrali.
I partiti dell’attuale maggioranza di governo sono unanimemente favorevoli alla costruzione di tali stabilimenti, ed è per questo motivo che il M5S non può far passare per buona la suddetta e più volte fatta distinzione, anche se ciò conduce a grosse contraddizioni e assurdità che col realismo e la ragione hanno poco a che fare. Dal punto di vista del Movimento, infatti, fare una concessione alla coalizione delle larghe intese significherebbe "patteggiare con i lobbisti del complotto" e quindi, da un punto di vista politico, gettarsi la zappa sui piedi.
Molto più sensata, ragionevole e realista appare invece, la posizione della Svizzera, lo Stato europeo più virtuoso in materia di gestione dei rifiuti, dove dal primo mese del nuovo millennio è stato introdotto il divieto di depositare rifiuti combustibili. Come si può leggere nella sezione "discariche" del sito del Dipartimento federale degli affari esteri svizzero (www.swissworld.org), da tredici anni a questa parte le discariche della Confederazione Elvetica ospitano solo i rifiuti non riciclabili, non combustibili e i residui derivati dalla combustione degli Rsu. Mentre, infatti, una centrale Rsu può essere spenta in ogni momento, l’esistenza delle discariche rischia di portare a danni gravi e a lungo termine, primi tra tutti la contaminazione delle falde acquifere, la produzione di ingenti emissioni di gas naturale e l’inquinamento della terra.
In altre parole, in linea coi principi della "morale provvisoria" di René Descartes (1596 – 1650), gli Svizzeri sono ben coscienti di non aver scelto la soluzione migliore in senso assoluto, ma quella preferibile in relazione allo stato attuale delle conoscenze. Si tratta, insomma, di centrali che assicurano l’immediata e temporanea risoluzione del problema della produzione degli Rsu e del loro ecologicamente ed economicamente ben più deleterio interramento in discarica, perpetuato in Sicilia giorno dopo giorno con pesantissimi danni al territorio, alla salute e alle tasche dei siciliani.
Per cambiare strada, insomma, c’è sempre tempo: quando si troverà una soluzione preferibile e alternativa al problema si potrà sempre decidere di disattivare queste centrali, la cui vita generalmente dura circa 40 anni, periodo più che sufficiente all’interno del quale è possibile studiare soluzioni migliori al problema della produzione degli Rsu.
Una soluzione di questo genere permetterebbe alla Sicilia di porre fine al continuo scempio ecologico ed economico perpetuato giornalmente ai suoi danni da una "cultura della discarica" dura a morire, o perché sintomo di una più generale incapacità culturale di valorizzare le risorse o, più verosimilmente, perché fonte di introito per la lobby siciliana delle discariche.

“Nulla si crea e si distrugge tutto si trasforma”

Nel sopracitato articolo del 17 Luglio pubblicato nel blog di Grillo è riportata un’affermazione di Claudia La Rocca, deputata dell’Ars del M5S: «Chi parla di raccolta differenziata (Rd) non può parlare, al contempo, di distruzione termica della materia. Ci chiediamo perché si pensa alla costruzione di “impianti di valorizzazione energetica”, invece di impianti di estrusione a freddo per il recupero di gran parte dell’indifferenziato. E tutto ciò contrariamente a quanto previsto nelle direttive europee, che vedono recupero energetico e discariche agli ultimi due posti nella gerarchia della gestione dei rifiuti. Evidentemente la Sicilia è partita dall’ultimo gradino, ampliando le discariche e paventando la costruzione di inceneritori e simili».
Con le nostre inchieste abbiamo dimostrato più e più volte che, in realtà, ad avere le quote più alte di Rd sono proprio gli Stati che hanno deciso di utilizzare gli Rsu per produrre energia lasciandosi alle spalle le discariche, ossia Svizzera, Norvegia, Germania, Olanda, Belgio, Austria e Danimarca. Perciò, l’affermazione che "chi parla di Rd non può parlare di distruzione termica della materia", oltre a contraddire pienamente la legge della conservazione della massa di Antoine-Laurent de Lavoisier (1743 – 1794) secondo cui "nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma", è smentita dai fatti.


 
Estrusione a freddo una grande incognita

Vorremmo capire, inoltre, che dimensioni, capacità e caratteristiche dovrebbero avere questi "impianti di estrusione a freddo" di cui il M5S ha tanto parlato in toni sibillini. Quando abbiamo posto queste e altre domande all’azienda modello del partito di Grillo, ossia il Centro Riciclo Vedelago (TV), proprietaria di impianti di questo genere, non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Anzi, dopo un paio di giorni, per una coincidenza davvero strana, il sito dell’azienda ha chiuso i battenti e a nulla è servito provare e riprovare ad ottenere una risposta alle nostre domande.
Va sottolineato poi che le direttive europee non sono affatto contrarie al recupero energetico, anzi: esse lo vedono come la soluzione migliore da adottare nei confronti degli Rsu di cui non si è riuscita ad evitare la produzione.
Aggiungiamo che tutti gli Stati del mondo sono partiti dal "gradino delle discariche" e fino a quando non si troverà una soluzione migliore al problema dei rifiuti non resta altra scelta che trattarli meccanicamente e/o termicamente, quantomeno per evitare i ben più gravi problemi ambientali ed economici provocati dal loro interramento in discarica.
Magari i siciliani riuscissero a utilizzare i fondi europei per mettere anche solo un piede su questo penultimo gradino! Si tratterebbe di un gigantesco passo avanti, un passo che finora hanno fatto tutti gli Stati europei più virtuosi e che la Sicilia deve compiere quanto prima.
Affinché questo possa avvenire, però, è necessaria la realizzazione di un’impiantistica in grado di trattare almeno il 40% degli Rsu prodotti nell’isola, come d’altronde previsto dal piano regionale rifiuti pubblicato nel Giugno 2012.

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