Pa, ovvero la sublime arte del cazzeggio - QdS

Pa, ovvero la sublime arte del cazzeggio

Carlo Alberto Tregua

Pa, ovvero la sublime arte del cazzeggio

martedì 10 Settembre 2013

Organizzazione inconcludente senza risultati

Sosteneva Mark Twain non rimandare a domani ciò che puoi fare dopodomani. Sul tavolo di un dipendente regionale era esposto un cartello: lo stipendio è un vitalizio, il lavoro si paga a parte.
Un esercito di ventimila dipendenti, di cui circa duemila dirigenti, non riesce a far camminare quest’imponente macchina che costa ai siciliani 26 miliardi di euro l’anno. Si capisce perfettamente la ragione: manca il Piano aziendale, mancano i collegamenti fra obiettivi e risultati, manca il controllo di gestione vero, non quello formale.
Non vogliamo dileggiare nessuno, ma sembra proprio che la massa di dipendenti regionali abbia letto quel simpatico libro di un filosofo americano, tale John Perry intitolato “La nobile arte del cazzeggio”.
Perry sostiene che non bisogna avere nessun vincolo, tanto le cose vanno come debbono andare. Per cui, secondo Perry, è utile la procrastinazione strutturata, in linea con quel detto di Mark Twain prima richiamato.
Non c’è che dire: il non fare o il fare male è un patrimonio che si estende sempre di più per la deresponsabilizzazione di chi lavora nel settore pubblico.

Eraclito, filosofo presofista, sosteneva che nessuno può bagnarsi due volte nello stesso fiume, perché questo scorre di continuo. Quanto precede può essere di grande aiuto al procrastinatore incallito che non si sente in colpa, se continua a rimandare le cose che deve fare.
Sosteneva Oscar Wilde (1854-1900) l’uomo è un animale razionale che perde continuamente le staffe, se deve agire secondo ragione.
Ci sembra di vedere tanti dipendenti regionali che vanno a lavoro senza entusiasmo perché non sono stati coinvolti in un progetto di funzionamento e quindi non si sentono parte importante di una squadra. Ecco che cosa dovrebbero fare i dirigenti: tenere insieme la propria truppa, spiegare loro quali obiettivi perseguire, motivarli e condurli verso la realizzazione degli stessi obiettivi.
Invece, questo non accade, con la conseguenza che tutto va (o meglio non va), indipendentemente da quanto si dovrebbe fare. è proprio questa la ragione del continuo arretramento della Sicilia nella classifica della Commissione Ue sulla competitività delle regioni europee.

 
Qualcuno afferma che un orologio fermo sia più preciso di un altro che sta sempre indietro di cinque minuti; perché il primo, almeno due volte al giorno segna l’ora giusta.
Tutta la macchina regionale sembra stare indietro di cinque minuti (un eufemismo) rispetto a quello che dovrebbe fare. Ribadiamo per l’ennesima volta che tantissimi bravi dirigenti e dipendenti non sono messi in condizione di bene operare, perché il loro buon intendimento è vanificato da altrettanti dirigenti e dipendenti che hanno a cuore il loro interesse personale, accantonando quello generale.
A questo punto è necessaria una svolta, quella rivoluzione che ha tanto proclamato il presidente della Regione, ma di cui non si vede traccia, salvo alcune azioni spot. Nel suo fare manca il disegno, manca il progetto che dovrebbe rendere competitiva la Sicilia, in modo da innestare un barlume di crescita, aumentare il Pil e con esso le occasioni di lavoro, dipendente o autonomo.

Il progetto che ribalti l’attuale situazione cadaverica economico-sociale è stato da noi scritto così tante volte che ci viene persino la nausea a doverlo ripetere. Deve partire da un principio: i siciliani raccomandati e privilegiati devono entrare nell’ordine di idee che occorre rinunziare in tutto o in parte ai loro privilegi, rendendosi conto che hanno danneggiato la maggioranza dei siciliani cui è venuta a mancare l’opportunità di competere ad armi pari con i raccomandati.
Crocetta dovrebbe dare l’esempio dimezzando il suo emolumento da 311 mila a 150 mila euro lordi l’anno; proporre una legge che dimezzi il compenso dei deputati e quello dei dirigenti generali da 200 mila a 100 mila euro, che tagli gli stipendi dei dipendenti regionali di un terzo, per equipararli a quelli dei dipendenti statali e comunali.
La stessa legge dovrebbe introdurre un prelievo sociale a carico dei sedicimila pensionati regionali che percepiscono almeno un terzo in più dei pensionati statali e comunali. E poi tagliare la spesa regionale improduttiva per 3,6 miliardi da destinare ad opere pubbliche e investimenti. Ma anche stavolta Crocetta farà finta di non sentire.

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