Quella vergogna dei sindaci siciliani - QdS

Quella vergogna dei sindaci siciliani

Carlo Alberto Tregua

Quella vergogna dei sindaci siciliani

martedì 10 Dicembre 2013

I nove capoluoghi ultimi per qualità

Ogni anno, di questi tempi, viene fuori la condanna per le nove province siciliane, stampata su Il Sole 24 Ore. Dopodiché, i sindaci che fanno parte delle nove province esprimono buone intenzioni per risalire la china, ma, come si sa, di buone intenzioni è cosparsa la strada dell’inferno.
Cosicché, dopo la disastrosa classifica da retrocessione del 2012, ecco quella del 2013: Ragusa 84^, Enna 88^, Siracusa 89^, Messina 91^, Agrigento 96^, Trapani 98^, Caltanissetta 100^, Catania 101^, Palermo 106^.
La classifica è attendibile perché basata su 36 indicatori, raggruppati in sei settori: Tenore di vita; Affari e lavoro; Servizi, ambiente e Salute; Popolazione; Ordine pubblico; Tempo libero.
Occorre entrare nei settori e negli indicatori per capire quali siano le forti carenze dei 390 Comuni siciliani, la cui intera responsabilità è sulle spalle dei sindaci. Trapassati, passati e presenti.

Vediamoli un po’: il Pil della Sicilia è precipitato, in venti anni. Se non fosse stato per le raffinerie, la caduta sarebbe stata maggiore. è del tutto ovvia la caduta del Pil: senza aprire i cantieri per le opere pubbliche, senza sostenere le attività produttive e dei servizi, senza iniziative in bioenergia, ciclo del legno, industria energetica con Rsu, turismo, fruizione dei beni culturali, archeologici e paesaggistici, innovazioni, sostegno delle start up e via enumerando, ecco spiegata la caduta del Pil.
Questo effetto ha una causa precisa: la politica clientelare di un ceto ormai screditato che da trent’anni continua a basarsi sul favoritismo e non sull’interesse generale. Codesto ceto, con il proprio esempio e il proprio modo di fare, ha diseducato molti cittadini, i quali quando devono fare qualcosa per la collettività pongono la rituale domanda: cosa c’è per me?
Con il diffondersi di questi pessimi comportamenti nella collettività, i 390 sindaci, salvo alcuni molto bravi, onesti e corretti, hanno fatto degradare le loro città comportandosi da accattoni, con la mano tesa nei confronti di Regione o Stato. Senza, invece, avere un comportamento onesto e limpido del pater familias.

 
I primi cittadini avrebbero dovuto tenere in ordine i conti della propria amministrazione, mantenere un numero limitatissimo di dipendenti, quelli strettamente necessari alla produzione di servizi, e investire tutte le risorse possibili per riparare il proprio territorio, aprire cantieri ovunque, attirare lavoro e turisti.
La carenza dei sindaci, raggruppati in ogni provincia, ha creato conseguenze nella nascita e morte di imprese, ma anche nei servizi ambientali e per la salute. Si potrebbe osservare che la sanità è compito della Regione, ma quando la Regione non funziona i 390 sindaci dovrebbero protestare adeguatamente. Non in modo clientelare, cioé per non far chiudere questo o quell’ospedaletto, bensì per aumentare fortemente la qualità del servizio sanitario e tagliare con l’accetta l’inefficienza, il clientelismo e il favoritismo.

La classifica prende in esame una serie di fatti riguardanti l’ordine pubblico, con l’aumento di truffe e frodi, di furti e di estorsioni.
E poi altri indicatori del tempo libero, soprattutto la scarsa copertura della banda larga e il modesto numero di librerie per ogni centomila abitanti.
Curiosità ve ne sono tante, ma ve le risparmio perché chi vuole può andarle a leggere nella pagina interna che dettaglia più quanto scriviamo.
Alcuni sindaci, fra cui Orlando, Bianco e Accorinti, hanno subito detto che la responsabilità è dei loro predecessori, ma non hanno ancora precisato cosa hanno approntato in questo scorcio di consiliatura per invertire la marcia. Siamo in attesa delle loro comunicazioni.
Va da sé che lo scenario non può ribaltarsi in breve tempo, ma per evitare che fra un anno si ripeta questa disastrosa e veritiera classifica occorre che i 390 sindaci redigano un cronoprogramma, preciso, con l’obiettivo di risalire, fissando quanti gradini risalire. Non solo nella classifica generale, ma anche nei sei settori e nei 36 indicatori, riprodotti nella pagina interna e ripresi da Il Sole 24 Ore.
Ma, perché i sindaci rinsaviscano, occorre che tutta la classe dirigente li aiuti e li controlli.

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