Riciclo, una questione di trasparenza. Gli errori da non ripetere, in Gb e Sicilia - QdS

Riciclo, una questione di trasparenza. Gli errori da non ripetere, in Gb e Sicilia

Andrea Salomone

Riciclo, una questione di trasparenza. Gli errori da non ripetere, in Gb e Sicilia

venerdì 31 Gennaio 2014

Cosa succede alle frazioni differenziate dopo la raccolta? A Londra informazioni certe. Da noi, invece...

LONDRA – In un articolo pubblicato sul Guardian in data 15 Agosto 2013, Tim Smedley spiega che l’esistenza del nuovo impianto per il riciclo degli imballaggi in cartone sito a Stainland (vicino Halifax, nello Yorkshire) potrebbe significare la fine delle spedizioni di questo materiale all’estero.
In realtà la questione non riguarda solo la plastica, ma tutte le tipologie di materiali e rifiuti in generale. Cosa succede alle frazioni differenziate dopo che sono state raccolte? Una questione che resta un mistero anche per chi indaga la questione da anni. Soprattutto in Sicilia, dove il tema rifiuti è coperto da un fitto alone di mistero. Le aziende che si occupano della gestione dei rifiuti adottano la pratica del silenzio e così la Pubblica amministrazione. Nessuno spiega cosa viene raccolto e dove va a finire, forse per nascondere scomode verità che vanno tutte a vantaggio di chi guadagna milioni di euro dal mancato riciclo dei materiali, ossia i proprietari privati delle discariche isolane.
C’è chi dice "chiedete e vi sarà dato". In realtà in Sicilia chiedere non basta: come spiega Carlo Alberto Tregua in un suo articolo del 13 Marzo 2013 è necessario battersi con forza e decisione per bucare il muro di gomma dei burocrati che nascondono la verità "per il proprio tornaconto personale, per proteggere altri, per tutelare privilegi o, talvolta, per evitare che la corruzione venga a galla".
Ma torniamo in Inghilterra. Sono tante e giganti le ecoballe di cartone provenienti dai diversi centri di riciclo inglesi e pronte per essere riciclate nell’impianto dell’ACE UK, l’alleanza per i cartoni di bevande e l’ambiente (Alliance for Beverage Cartons and the Environment). Fay Dashper, direttore operativo delle operazioni di riciclo dell’azienda, spiega che ogni centro produce ecoballe con diversi standard qualitativi. Tra questi materiali, oltre al noto Tetra Pak (il cartone rivestito da plastica di latte e succhi di frutta), si trovano anche l’Elopak e il SIG Combibloc.

La collaborazione con la cartiera della Sonoco Alcore, sita accanto allo stabilimento dell’ACE UK, consente di riutilizzare fino al 40 % del cartone inglese e di porre così fine – se non totalmente, quantomeno parzialmente – alle esportazioni di questo materiale oltremare o, peggio di peggio, al suo interramento in discarica.

Dal punto di vista del marketing, l’ecosostenibilità dell’impianto ha impresso un marchio molto appetibile al prodotto finale, tant’è che diverse autorità locali hanno deciso di conferirvi i loro materiali per farli riciclare.
L’ACE UK ha lamentato il fatto che precedentemente i consigli comunali non hanno ricevuto alcun incentivo per trovare un mercato per il cartone riciclato. Gli obiettivi di riciclo delle autorità locali, infatti, sono basati sul peso, il che ha provocato un grande incremento del riciclo dei più pesanti rifiuti alimentari e da giardino. Per il cartone, invece, finora non è stato così, perché essendo più leggero ovviamente è anche meno lucrativo.
Nell’ultimo periodo la politica del "no all’esportazione" aveva avuto il deleterio effetto di aumentare la presenza di materiale riciclabile in discarica. L’ACE UK ha provato a contrastare questa tendenza aprendo un’isola ecologica (Bringbank) per consumatori eco-consapevoli disposti a consegnare i loro materiali differenziati, successivamente spediti via nave in Europa. Tuttavia il successo era stato limitato per via degli errori di conferimento da parte degli utenti.
Secondo il giornalista del Guardian, tutto questo discorso vale anche per tutti i materiali riciclati prodotti nel Regno Unito e questa tendenza è indice dei positivi cambiamenti che ci sono stati in questi anni. Attualmente, infatti, si producono più materiali di quelli riciclabili nel mercato interno: in dieci anni la quota di riciclo è passata dal 14% al 43%.
 
 

Differenziata, la fiducia si ottiene con cognizione

LONDRA – Un’indagine del 6 Giugno 2012 condotta da Resource Association ha mostrato che il 73% degli adulti inglesi non sanno che succede ai materiali riciclati e il 32 % ha detto che avere più informazioni a riguardo potrebbero portarli a riciclare di più. "Crediamo fermamente che il gioco sta tutto nella trasparenza", ha detto Ray Georgeson, direttore generale dell’associazione e precedente direttore del WRAP, la squadra governativa del programma di intervento per i rifiuti e le risorse (Waste And Resources Action Programme). "Più si è in grado di dimostrare alle persone cosa succede effettivamente alla riciclata e dove va, più è possibile costruire fiducia nell’industria".

Un altro motivo per tenersi la riciclata nel mercato interno è la necessità, derivata dal fatto che al momento la Cina – finora grande importatrice dei nostri materiali di scarto – ultimamente sta rifiutando sempre di più i nostri scarti. Nel febbraio 2013 il presidente cinese XI Jinping ha dato il via all’operazione "recinto verde" (Green Fence), finalizzata ad assicurare che la riciclata importata dalla Cina rispetti requisiti qualitativi minimi molto più stretti. Spiega Georgeson: "Col fatto che i materiali raccolti sono spesso contaminati i cinesi sono diventati molto esigenti, perché si trovano ad avere a che fare anche con i rifiuti e i materiali riciclati prodotti dalla loro crescente attività manifatturiera e dall’aumento dei loro consumi domestici".
Ciò ha avuto delle ripercussioni importanti nel mondo dell’industria, forse a primo acchito molto poco incoraggianti. Se ci si pensa bene, però, non si è trattato affatto di un male che è finito per nuocere, perché ha reso i paesi esportatori di rifiuti e materiali (Inghilterra compresa) molto più coscienti della necessità di rendersi indipendenti dai mercati esteri: ciò ha dischiuso di fatto una nuova grande opportunità, perché li ha costretti a cambiare approccio e a costruire il proprio mercato domestico.

Posti di lavoro e sensibilità così nasce il circolo virtuoso

LONDRA – Questo impianto di riciclo dell’ACE UK non rappresenta un unicum sul suolo inglese, anzi.
Negli ultimi anni sono nati diversi stabilimenti di questo genere, come quello di Closed Loop (Londra Est), Saica (Manchester), Eco Plastics (Lincolnshire) – considerato il più grande impianto manifatturiero al mondo per il riciclo di bottiglie di plastica – e la cartiera UPM (Galles Nord).

Spiega Georgeson: "C’è stato un incremento nella capacità di trattamento dei materiali, ma molte delle compagnie che gestiscono impianti di riciclo sul suolo inglese sono società internazionali che fanno investimenti a livello europeo, se non globale". Gli stabilimenti sopracitati, infatti, sono nati a seguito di investimenti da parte di australiani, americani, spagnoli e finlandesi, e "come sono arrivati potrebbero andarsene".
Dall’attività congiunta di ACE UK e Sonoco viene prodotto anche un 25% di resti plastici e alluminio che, però – sottolineano le due aziende – lungi dal finire in discarica, viene impiegato per produrre pellet in plastica poi ritrasformato altrove in parti di macchine e forniture da giardino (anche se si sta pianificando di utilizzare la plastica come carburante sostitutivo per fornire energia agli impianti stessi).
Secondo Dashper questa trasparenza combinata con prezzi garantiti e stabili per le ecoballe attrarrà sempre più autorità locali. L’introduzione di condizioni generali per la qualità dei materiali in uscita dagli impianti semimeccanici per il recupero dei materiali (MRF) di cui si è tanto discusso lo scorso anno in Inghilterra implica, certo, maggiori obblighi per i residenti. Verosimilmente, però, i cittadini parteciperebbero maggiormente al processo di riciclo se sapessero che tutti i materiali raccolti finirebbero per diventare materia prima per la propria nazione e creatrice di nuovi posti di lavoro verde. Un circolo virtuoso, insomma, un’opportunità che potrebbe invertire la poco lungimirante tendenza di esportare i rifiuti all’estero.
ACE UK ha calcolato che deviando 25.000 T/a di cartone dalle discariche è possibile risparmiare 3,6 mln di £ (ca. 4,3 mln di €), corrispondenti alla quantità di denaro che altrimenti finirebbe nelle tasche delle aziende che gestiscono le discariche (tasse comprese) per lasciar marcire queste materie prime che potrebbero essere ragionevolmente riutilizzate.

 
(40. Continua. Le precedenti puntate sono state pubblicate – nel 2013 – il 22 febbraio, l’1, 12, 15, 22, 29 marzo, il 5, 12, 19 aprile, 3, 10, 17, 24 maggio, il 7 giugno, il 5, 12, 19, 26 luglio, 2, 9, 23, 30 agosto e 6, 13, 20, 27 settembre, 4, 18, 25 ottobre, 1, 8, 15, 22, 29 novembre, 6, 13 dicembre, – nel 2014 – 10, 17 e 24 gennaio. La prossima pubblicazione è prevista venerdì 7 febbraio).

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