Detenzione Contrada, Corte europea diritti umani condanna l'Italia - QdS

Detenzione Contrada, Corte europea diritti umani condanna l’Italia

Patrizia Penna

Detenzione Contrada, Corte europea diritti umani condanna l’Italia

martedì 11 Febbraio 2014

Trattamenti inumani  e degradanti a danno dell'ex funzionario Sisde, le cui condizioni di salute erano "incompatibili" col carcere

STRASBURGO – E’ la prima parziale vittoria, ma noi continueremo a lavorare, giorno e notte, fino ad ottenere giustizia con la revisione del processo. Io prego affinché questo avvenga".
 
Lo afferma l’avvocato Giuseppe Lipera che assiste Bruno Contrada commentando la sentenza della Corte europea dei diritti umani (Cedu) che ha condannato l’Italia per avere tenuto l’ex funzionario del Sisde in prigione, tra il 24 ottobre 2007 e il 24 luglio 2008, nonostante il suo stato di salute fosse ‘incompatibile’ con il regime carcerario come stabilito sulla base dei referti medici che l’ex funzionario del Sisde, in ben sette occasioni, aveva presentato ai tribunali italiani per ottenere i domiciliari.
 
Nella sentenza, che diventerà definitiva tra tre mesi se le parti non chiederanno e otterranno una revisione, i giudici hanno stabilito che lo Stato deve a Contrada diecimila euro per danni morali e cinquemila per le spese processuali.
 
L’Italia continua dunque a scherzare col fuoco: siamo infatti di fronte all’ennesima condanna per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani.
 
Una condanna che va ad aggiungersi a tante altre, tra cui la famosa sentenza “Torreggiani ed altri” all’interno della quale la Cedu ha specificato che se l’Italia non provvederà entro il 28 maggio di quest’anno ad una riforma del sistema penitenziario che cancelli una volta per tutte trattamenti inumani e degradanti a danno dei detenuti, si concretizzerà il rischio che quella di Torreggiani si trasformi in “sentenza-pilota” e che vengano di conseguenza accolti migliaia di ricorsi che al momento pendono sul nostro Paese.
 
Di riforme strutturali volte a migliorare radicalmente le condizioni delle carceri italiane, ancora non v’è traccia alcuna e non sarà certo l’amnistia, più volte invocata anche dallo stesso Presidente della Repubblica, Napolitano, a garantire la tutela dei diritti dei detenuti e men che meno a salvarci da una funesta pioggia di ricorsi che appare ormai inevitabile.

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