Province, cosa potrebbe cambiare - QdS

Province, cosa potrebbe cambiare

Antonio Leo

Province, cosa potrebbe cambiare

martedì 11 Febbraio 2014

La maggioranza che sostiene il governo Crocetta ha trovato un'intesa sul testo che trasforma gli Enti intermedi in liberi consorzi dei Comuni. LIVE: Slitta a domani la discussione all'Ars, cui spetta l'ultima parola. Ecco alcuni punti principali (e le criticità)

Ci sarebbe molto da dire sul fatto che la maggioranza siciliana abbia bisogno di recarsi fino a Roma per trovare un accordo sulle Province. E non si tratta di semplici rigurgiti autonomisti, quanto di una constatazione logica: c’era bisogno di percorrere centinaia e centinaia di chilometri per trovare una soluzione che riguarda l’Isola e soltanto l’Isola? Misteri, e neanche tanto, che resteranno tra le stanze del Nazareno, sede nazionale del Partito democratico.
 
Fatto sta che un accordo tra i principali alleati del governo (e di lotta un tanto al chilo) è stato trovato. Pd. Udc, Drs, Articolo 4 e Megafono hanno raggiunto un’intesa che ritocca qua e la il testo già approvato nei giorni scorsi dalla commissione Affari istituzionali.
 
L’ultima parola però spetta all’Ars: la discussione generale sui disegni di legge prevista per questo pomeriggio è slittata a domani. La decisione è stata presa dai capigruppo, riuniti dal presidente dell’Assemblea, Giovanni Ardizzone, dopo che Toto Cordaro (Pid) e Santi Formica (Lm) hanno riferito in aula “di non conoscere nulla delle modifiche al testo già incardinato stabilite dalla maggioranza”, chiedendo un rinvio di 24 ore dell’esame. Alle 13 di domani scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti ai tre ddl sulle Province incardinati. 
 
Sintesi dell’accordo della maggioranza e principali criticità.
 
SI RICOMINCIA DAL PASSATO. Funziona così: si riparte dalle mappa politica delle nove Province regionali (escluse le città promosse a Metropoli: cioè Palermo, Catania e Messina) e, si legge in una nota congiunta delle forze politiche di cui sopra, “si introduce la possibilità per i Comuni di istituire, entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge di riforma, nuovi Liberi Consorzi purché con un numero di abitanti non inferiore a 150.000 e con aree territoriali tra loro contigue”.
 
Ancora, onde evitare scelte non condivise, “è stato previsto che la delibera di adesione del Consiglio comunale ad altro o nuovo Consorzio venga adottata con maggioranza qualificata dei due terzi dei consiglieri comunali aventi diritto”.
 
FUNZIONI E PREMI. I Consorzi potranno – in forma associata – esercitare funzioni ed erogare servizi in luogo dei Comuni che vi appartengono: una scelta che, sostiene la maggioranza, avrà come conseguenza dei sistemi premiali che al momento appaiano un po’ fumosi (si parla di generici “maggiori trasferimenti da parte della Regione sulle spese per investimenti”). Il Consorzio neonato, inoltre, dovrà stilare una sorta di “piano industriale” per dimostrare una riduzione di spesa pubblica accorpando uffici e funzioni (non c’è un tetto stabilito ma l’indicazione è che l’abbattimento sia intorno al 30%): sarà poi la Regione, entro sei mesi, a valutare il piano e ad autorizzare o meno la costituzione del Libero Consorzio.
E se i lavoratori in forza agli Enti intermedi restano intoccabili, il vertice romano ha aggiunto anche la possibilità che la Regione possa trasferire proprie funzioni ai Liberi Consorzi.
 
CITTA’ METROPOLITANE, RISCHIO SCATOLE VUOTE. Per le città metropolitane di Palermo, Messina e Catania rimane la possibilità per i Comuni di aderirvi o meno. Il che non è proprio una scelta felicissima, seppur di massima democraticità. Come rileva giustamente il capogruppo dei Drs all’Ars, Giuseppe Picciolo, sarebbe stato meglio “dare ai comuni la possibilità di non aderire, e non viceversa”. Perché così il rischio è che le Metropoli restino dei contenitori vuoti, addirittura più piccoli di qualche Consorzio in grado di ingolosire gli Enti limitrofi.
 
LE ELEZIONI. Per quanto riguarda l’aspetto elettivo, la maggioranza conferma l’elezione di secondo livello, ma introduce, come richiesto dall’Udc, il voto ponderato per la composizione delle assemblee: in sostanza in base alla popolazione sarà stabilito quanti consiglieri potrà esprimere il singolo Comune nell’assemblea del Libero consorzio e successivamente si procederà all’indicazione dei componenti dell’organismo, tutelando le minoranze. Presidente e giunta del Libero consorzio saranno poi eletti, tra i sindaci, dall’assemblea.
 
I CAMPANILISMI. La riforma arrivata in extremis in Parlamento potrebbe rinfocolare vecchi asti tra comunità attigue. Una nutrita rappresentanza del Comune di Gela – la città dove Rosario Crocetta fu primo cittadino – si è riunita dinnanzi a Palazzo dei Normanni per protestare contro la scelta di ripartire dai territori delle vecchie Province. Che il popoloso Centro nisseno ambisca a essere capofila di un Consorzio – staccandosi così definitivamente dalla meno numerosa Caltanissetta – non è mistero.
 
“Il disegno di legge sui liberi consorzi dei Comuni è viziato da palese incostituzionalità perché costringe i centri più popolosi a rimanere ingabbiati nei confini di quei vecchi territori provinciali”. Il Consiglio comunale gelese, insieme a una cinquantina di associazioni di volontariato e con in testa il sindaco democratico, Angelo Fasulo, è pronto a dare battaglia. Due deputati regionali della zona, Giuseppe Arancio (Pd) e Giuseppe Federico (Mpa) hanno già annunciato degli emendamenti per sopprimere l’automatica coincidenza tra nuovi Consorzi e vecchie Province.
 
In particolare i parlamentari regionali chiedono di cancellare dall’art.1 del ddl governativo le parole “le province assumono la denominazione di liberi consorzi di comuni” e sostituirle con le seguenti: “le province sono soppresse, la Regione istituisce i Liberi Consorzi tra comuni”. Un emendamento che di fatto spianerebbe la strada a molti altri Comuni con ambizioni di diventare una piccola “Capitale”. Tra questi Marsala, Sant’Agata di Militello, Caltagirone, l’area dei Nebrodi, quella del Belice e, siamo certi, chissà quanti altri ci stanno facendo almeno un pensierino.

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