Agrizootecnia e energia i poli dello sviluppo - QdS

Agrizootecnia e energia i poli dello sviluppo

Carlo Alberto Tregua

Agrizootecnia e energia i poli dello sviluppo

sabato 22 Febbraio 2014

Regione, strada per la crescita

Confindustria ha lanciato lo slogan senza impresa non c’è ripresa. L’Istat ha comunicato che il quarto trimestre 2013 ha realizzato un flebile aumento di Pil di appena lo 0,1 per cento. Ma esso è la somma algebrica fra l’incremento del Nord e il decremento del Sud.
Lo slogan di Confindustria è efficace perché afferma una banale verità. La ricchezza viene prodotta dalle imprese. Il lavoro, autonomo e dipendente, viene prodotto dalle imprese. La ricchezza tassabile viene prodotta dalle imprese. Stolti sono quei governanti che continuano a vessarle con un’imposizione insopportabile e con una burocrazia che dice sempre di no per non assumersi le responsabilità o per nascondere la corruzione.
L’imposizione altissima e la burocrazia sono i nemici della crescita e i fattori principali della pesante recessione che, statisticamente, sembra terminata per il Nord, ma non per il Sud.

La Regione siciliana è tecnicamente fallita. Il bilancio 2014, che abbiamo commentato sabato 15 febbraio, presenta due buchi che, se vi fossero nel bilancio di un’impresa, costituirebbero motivi per trasmettere urgentemente i libri in tribunale.
I due buchi sono: l’avanzo finanziario di circa 7,4 miliardi, cioè crediti inesigibili e per questo stesso inesistenti, di cui la Ragioneria generale non ha voluto trasmetterci l’elenco per nascondere le malefatte; l’altro è un’omissione gravissima, cioè la mancata riserva matematica necessaria per corrispondere le pensioni attive fino al decesso dei titolari e le pensioni che dovranno essere liquidate, man mano che gli attuali dirigenti e dipendenti completino il loro percorso lavorativo.
Questo buco sarà oggetto di una prossima inchiesta del QdS. Ne vedremo delle belle, ma possiamo anticipare che esso sarà valutato in circa dieci miliardi, che sommato ai circa 7,4 mld dell’avanzo inesistente raggiunge i 17,4 miliardi.
Se questo non vuol dire dichiarare la Regione fallita e, quindi commissariarla, non ci sarà mai più un elemento di tal fatta, altro che pagare sessantamila stipendi a privilegiati perché raccomandati.

 
In questo bailamme istituzionale, cosa fa la burocrazia regionale? Resta immobile, imballata e non fa funzionare l’ordinaria amministrazione, cioè l’evasione di tutte le istanze che provengono da cittadini e imprese, nonché quelle che arrivano dagli enti locali e da altri enti.
La burocrazia regionale, e per essa i dirigenti che ne sono responsabili, sta diventando sempre di più un gravissimo danno per i siciliani. La sua inazione, mentre consuma ingenti risorse per gli stipendi, è diventata insopportabile. Il ceto politico, che dovrebbe chiedere conto e ragione ai dirigenti della loro inutilità, tace, non prende provvedimenti e continua nell’assenza di iniziative necessarie a far imboccare la crescita della Sicilia.
Quali? Ne elenchiamo tre, a titolo di esempio: il Piano per l’agricoltura innovativa e biologica; quello per lo sviluppo della zootecnia e un vero Piano energetico regionale. Ve li descriviamo solo per titoli.

Il Piano per lo sviluppo dell’agricoltura dovrebbe sostenere gli investimenti per la linea del legno, per la produzione di energia utilizzando gli Rsu, per i prodotti biologici e per quelli tipici, assumendo a carico della Regione gli interessi sugli investimenti mediante  credito d’imposta.
Identica iniziativa per la zootecnia isolana, in atto di gran lunga inferiore al fabbisogno dei nostri consumi. Il terzo polo di sviluppo, che si integra con i due precedenti in una forte sinergia, riguarda l’energia. Cioè: produzione di biocarburanti, di biomasse, sostentamento degli impianti di fotovoltaico e solare, con lo stesso meccanismo prima indicato, cioè assunzione degli interessi da parte della Regione sugli investimenti.
Lo sviluppo di questi tre poli porterebbe alla creazione di decine di migliaia di posti di lavoro e alla nascita di migliaia di imprese, con la diffusione di un benessere che oggi in Sicilia non c’è.
Ovviamente, tutti i prodotti isolani devono riportare il brand Made in Sicily. Difficile a farsi? Almeno proviamoci.

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