Cuffaro, Lombardo, Crocetta tre fallimenti - QdS

Cuffaro, Lombardo, Crocetta tre fallimenti

Carlo Alberto Tregua

Cuffaro, Lombardo, Crocetta tre fallimenti

sabato 08 Marzo 2014

Basta con la Sicilia sottosviluppata

I disastri che gravano sulla Sicilia sono numerosi e ve li elenchiamo nella pagina interna. Chi sono i responsabili di questi pessimi risultati? I due precedenti presidenti della Regione e l’attuale, che ha avviato malissimo il proprio quinquennio.
Cuffaro, attualmente detenuto nelle carceri di Rebibbia, ove sconta una pena di sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato eletto il 17 luglio 2001 e si è dimesso il 26 gennaio 2008. Lombardo, che è stato condannato in primo grado a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, è stato eletto il 28 aprile 2008 e si è dimesso il 31 luglio 2012. L’attuale presidente è stato eletto il 28 ottobre 2012, ma non si è ancora dimesso.
Cos’hanno in comune i presidenti? I primi due hanno clamorosamente fallito la loro missione, il terzo è sulla buona strada per raggiungere il fallimento. Fra tutti i disastri elencati nella pagina, a titolo semplificativo e non esaustivo, i più gravi sul piano economico e sociale sono: 368mila disoccupati e migliaia di imprese cancellate dalle Camere di commercio.

Altro grave fallimento: non essere stati capaci di far crescere il tasso infrastrutturale come porti, aeroporti, strade, autostrade, linee ferrate, interporti, autoporti, nonché avere cominciato la grande infrastruttura virtuale che è la banda larga, motrice di sviluppo, soprattutto delle start up e spin off.
Sull’ambiente i disastri sono plurimi e clamorosi: settanta per cento dei depuratori che non funziona; reti idriche, territoriali e cittadine, perdenti per oltre il cinquanta per cento; quattrocento aree di territorio ad alto rischio idrogeologico (R4+1); quasi tutti i palazzi pubblici non a norma di impianti e tenuta antisismica; 1,3 milioni di immobili fuori dalle regole di protezione antisismica. Non continuiamo per non deprimervi, ma la realtà è questa e le fotografie riprodotte in pagina sono reali.
Nei quasi 13 anni dei tre presidenti della Regione la situazione è sempre peggiorata, ma intanto i privilegiati hanno continuato a succhiare il sangue dei siciliani, infischiandosene altamente di tutto quanto precede.
Chi sono tali privilegiati? Tutto il ceto politico, regionale e comunale, salvo importanti e positive eccezioni, che ha speculato sulla propria rendita di posizione. Proviamo a farvi un rapido elenco, non nuovo.

 
Consiglieri-deputati regionali che hanno percepito oltre ventimila euro al mese lordi, ma che costano con vitalizi, contributi ed altro 350mila euro cadauno l’anno; dirigenti regionali che percepiscono compensi fuori mercato e che costano alla Regione, con tfr, ferie, previdenza ed altro, tra duecento e trecentomila euro l’anno; dipendenti regionali che percepiscono un terzo in più dei dipendenti statali; pensionati regionali che percepiscono l’assegno calcolato col metodo retributivo e con un periodo lavorativo (si fa per dire) ridotto, con un peso per la Regione di seicento milioni l’anno.
Altri disastri riguardano la disorganizzazione e l’inefficienza delle pubbliche amministrazioni regionale e comunali. Se gli Enti locali comprassero beni e servizi a prezzi Consip, come fa il Comune di Bari, modello del Mezzogiorno, risparmierebbero oltre il venti per cento della spesa corrente. Se poi avessero il numero dei dipendenti proporzionato a quelli dei propri cittadini, otterrebbero un ulteriore venti per cento di risparmio. Anche in questo caso il modello è Bari, che con una popolazione superiore a quella di Catania, ha 1.800 dipendenti, mentre nell’amministrazione etnea ve ne sono ben mille in più.

Il guaio maggiore che hanno combinato questi tre presidenti è non aver chiesto e ottenuto dallo Stato l’appropriata distribuzione delle risorse per le opere, in modo da attenuare il deficit strutturale, per cui le infrastrutture sono ancora all’incirca come quelle degli anni Settanta.
I tre presidenti, come le sorelle Bandiera, hanno cantato all’unisono i disastri della Sicilia, ma l’ultimo, avendo ancora tre anni e mezzo davanti a sé, si può redimere, se inverte il modo di contare.
Ne pensa cento e non ne fa neanche una, anche se vogliamo dargli volentieri atto della prima vera riforma approvata, cioè la sostituzione delle vergognose Province elettive, in violazione dell’art. 15 dello Statuto autonomo, con i Consorzi di Comuni. E vogliamo anche dargli atto di avere messo le mani in quel verminaio che era (ed è) la Formazione professionale.

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