Valorizzazione dei boschi: parole al vento. Si pensa soltanto a mantenere i forestali - QdS

Valorizzazione dei boschi: parole al vento. Si pensa soltanto a mantenere i forestali

Calogero Conigliaro

Valorizzazione dei boschi: parole al vento. Si pensa soltanto a mantenere i forestali

venerdì 11 Luglio 2014

Risorse al lumicino per il diradamento e la semina di nuovi alberi, inseriti in un’ottica turistica

AGRIGENTO – In provincia i numeri dell’Azienda foreste demaniali sono eloquenti, sia come ettari di piante presenti sia come dipendenti impegnati in lavori di manutenzione e attività antincendio. Ma il ritorno economico auspicato da una certa parte del mondo politico tarda ad arrivare: basti pensare che il sogno delle cartiere in Sicilia non è mai decollato, così come sono fermi al palo tanti progetti legati alle centrali di biomassa.
Nell’agrigentino, i dati sulla presenza di boschi gestiti dall’Azienda foreste parlano chiaro: gli ettari sono complessivamente 14.449 e di questo ingente patrimonio boschivo il 59% è rappresentato da alberi appartenenti alla famiglia delle conifere, come i pini e i cipressi, i quali arricchiscono notevolmente le qualità biologiche del terreno su cui vengono impiantati, ma necessitano di un certo periodo di tempo per crescere.
Il 28% del patrimonio boschivo è invece rappresentato da alberi latifoglie e tra questi troviamo le querce, il leccio e il corvello. La Sicilia, prima del selvaggio disboscamento, era ricoperta soprattutto da alberi di queste specie, ma a partire dai romani fino agli spagnoli, tali foreste furono abbattute sia per fornire legno per le navi che per avere spazi dove coltivare il grano.
Infine, il 13% dei boschi agrigentini è rappresentato da alberi di eucalipto. Questi non sono specie originarie dell’area Mediterranea, ma provengono dall’Australia e furono impiantati in Sicilia negli anni Settanta, quando qualcuno pensò che si potesse riuscire a far decollare l’industria delle cartiere grazie a questo albero che cresceva molto velocemente. Al di la di questo, si è dimostrato un vegetale capace, grazie a radici profonde, di limitare il rischio idrogeologico laddove veniva impiantato, ma a causa delle enormi quantità d’acqua consumate ha fatto tutt’altro che bene all’ecosistema.
“Quello che l’Azienda foreste demaniali sta provando a fare – ha spiegato Giuseppe Di Miceli, direttore della sede agrigentina – è ripristinare boschi di latifoglie, in modo da poter avere alberi capaci di fare bene all’ecosistema siciliano. Per poter piantare questa tipologia di piante, che nell’antichità ricoprivano gran parte del territorio della Sicilia, bisogna prima arricchire il terreno e quindi è necessario piantare per diversi anni boschi di conifere che, una volta adulte, dovranno essere gradualmente diradati a favore dei nuovi alberi. Purtroppo negli anni passati ci si è anche adoperati per la creazione di boschi di eucalipto, i quali sono adesso difficili da estirpare e che consumano grandi quantità d’acqua”.
Il piano di diradamento e di semina degli alberi di latifoglie è però bloccato per il 2014, perché la priorità data dall’assessorato regionale all’Agricoltura è quella che risorse e uomini vengano impiegati per la pulizia degli alvei dei fiumi, per evitare esondazioni dei corsi d’acqua. A spiegare la quantità e le risorse umane impiegate dall’Azienda foreste demaniali in provincia è il dirigente Bartolo Scibetta.
“Il compito degli operai che lavorano a tempo determinato – ha spiegato – è quello di gestire il patrimonio boschivo con la difesa passiva degli incendi, che avviene con la realizzazione dei viali parafuoco e il taglio dei rami bassi, capaci di facilitare il propagarsi delle fiamme”.
“In provincia – ha aggiunto Scibetta – abbiamo tre fasce di foreste: quella costiera, che ha anche il compito di fermare le erosioni degli arenili, quella collinare e quella della montagna. In montagna abbiamo generalmente i boschi naturali, ossia quelli che non sono stati impiantati di recente, ma che al contrario sono sorti naturalmente e quindi sono presenti da molto tempo. I boschi hanno un valore inestimabile, sia per l’ecosistema che creano, sia perché sono valorizzabili con iniziative turistiche. In provincia abbiamo attualmente ben 14 aree attrezzate per fini turistici”.
Ma non sembra questa la priorità e la solfa è sempre la stessa: si pensa a mantenere gli apparati senza pensare allo sviluppo. Come spiegato dall’Azienda foreste demaniali, il costo per ogni ettaro di ripristino con alberi latifoglie è di 16 mila euro, ma le risorse non ci sono in quanto esse vengono spese soprattutto per il personale. Il bilancio annuale per tutta la provincia è di 14 milioni di euro, che in gran parte servono per pagare i dipendenti: 1.554 operai. Di questi, appena 116 sono a tempo determinato, mentre gli altri sono stagionali: 453 unità a 151 giornate lavorative, 403 sono a 101 giornate e infine 582 per 78 giornate. A tutto ciò bisogna poi aggiungere gli 831 addetti all’antincendio durante l’estate, che dipendono operativamente dall’Ispettorato ripartimentale delle foreste che gestiscono le autobotti e presidiano cinquanta torrette per l’avvistamento degli incendi.
 

 
Turismo archeologico e bellezze paesaggistiche
 
AGRIGENTO – Tra i boschi curati dall’Azienda foreste demaniali c’è ne uno che si trova all’interno di uno dei luoghi più suggestivi della Sicilia, quello sottostante la Rupe Atenea, a pochi passi dai resti del Tempio di Demetra, in pieno Parco archeologico. Un luogo che potrebbe diventare meta privilegiata dei turisti che visitano la Valle de Templi, così come sanno i responsabili istituzionali della zona. “Abbiamo già elaborato – ha spiegato Calogero Liotta, a capo dell’Unità operativa Beni paesaggistici del Parco archeologico – un itinerario turistico-ambientale in collaborazione con alcuni Comuni, il cui capofila è quello di Comitini. Il percorso, che attraverserà anche il bosco di Demetra, sarà realizzato in bici, a piedi, ma anche a cavallo. Il Parco archeologico ha numerose specie vegetali che forniscono un arricchimento paesaggistico notevole, anche se il bosco è composto da alberi di eucalipto, mentre nell’antica Akragas generalmente vi erano alberi di latifoglie, come provato da ricerche che hanno effettuato dei carotaggi sul terreno”.
La perla paesaggistica del parco è però il Giardino della Kolymbetra, curato dal Fai, che quest’anno ha già registrato presenze record. “La Sicilia – ha affermato il direttore del giardino, Giuseppe Lo Pilato – si è arricchita nei secoli di varie specie vegetali che oggi caratterizzano l’ambiente. Molte di queste specie non creano danni, mentre gli alberi di eucalipto impoveriscono di risorse idriche il terreno. La nostra speranza è quella che nel parco possano presto essere impiantati alberi di conifere o latifoglie che, oltre a essere specie autoctone, arricchiscono notevolmente il terreno”.

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