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Messina – Fughe di notizie dal Tribunale e talpe tra le Forze dell’ordine

Francesco Torre

Messina – Fughe di notizie dal Tribunale e talpe tra le Forze dell’ordine

venerdì 18 Luglio 2014

I reati contestati: peculato, corruzione, utilizzo di segreto d’ufficio, accesso abusivo ai sistemi informatici. Prevista la custodia cautelare per tre dei dodici soggetti coinvolti nell’inchiesta

Messina – Peculato, falso, corruzione, utilizzazione di segreti d’ufficio e accesso abusivo ai sistemi informatici. Sono questi i reati contestati dalla Procura di Messina alle dodici persone coinvolte nell’inchiesta per la fuga di notizie al Tribunale e ai vertici delle locali forze dell’ordine. Un’inchiesta sviluppatasi sottotraccia per anni, con un monitoraggio costante da parte dei carabinieri dal 2012 al 2014, e culminata qualche giorno fa con le ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip Maria Luisa Materia su richiesta del sostituto Alessia Giorgianni. Ai domiciliari l’ex comandante del Nucleo mobile della Guardia di Finanza, oggi in pensione, Francesco Giusti, e due noti investigatori privati, Matteo Molonia e Antonino Brigandì.
Tanti i fatti contestati dalla Procura nelle 82 pagine dell’ordinanza. L’accusa, infatti, ritiene che le tre persone colpite dalla misura cautelare fossero in un rapporto di stretta collaborazione. Una sorta di associazione in cui Giusti aveva il ruolo di “soggetto che agisce, nelle vesti di pubblico ufficiale, in costante violazione delle regole”, e gli investigatori ritenuti “artefici di un sistema corruttivo che desta particolare allarme”. Quel sistema corruttivo viene addirittura classificato dagli inquirenti come un “vero e proprio metodo di lavoro”.
Quanto alle specifiche, la Procura contesta agli investigatori di essersi serviti di alcuni contatti nelle forze dell’ordine per ottenere informazioni riservate, al prezzo di piccole regalie, cortesie di vario tipo, denaro. Secondo le ricostruzioni, per esempio, avrebbero coinvolto il maresciallo dell’Arma, Antonio Scaletti, nell’installazione di un Gps sull’auto di una persona che doveva essere intercettata. Dallo stesso carabiniere, poi, avrebbero anche avuto il “favore” di introdursi nel sistema informatico Ced Interforze. Coinvolto nelle indagini anche il vice commissario di Pg della Polizia, Augusto Sturiale. E l’inchiesta sembra addirittura destinata ad allargarsi ancora, coinvolgendo anche dipendenti degli uffici giudiziari.
Inquietante, il rapporto della Procura ha messo in luce non solo un sistema criminale a danno di alcuni privati cittadini, ma anche e soprattutto l’estrema facilità con cui la corruzione riesca a penetrare ormai anche in uffici che si reputano immuni dal fascino di prebende e dalla prospettiva di guadagni facili. Purché, naturalmente, tutti i fatti contestati siano acclarati nell’ambito di un regolare processo.

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