"Siamo l’ultimo baluardo per le piccole imprese" - QdS

“Siamo l’ultimo baluardo per le piccole imprese”

Melania Tanteri

“Siamo l’ultimo baluardo per le piccole imprese”

martedì 19 Agosto 2014

Forum con Salvatore Politino direttore Confesercenti Catania

Qual è la situazione in Confesercenti Catania? Il numero degli iscritti è diminuito dal 2012 a oggi?
“Noi, stranamente, siamo in contro tendenza per quanto riguarda la mortalità e la natalità delle imprese. Siamo cresciuti poco ma, sicuramente, abbiamo mantenuto il numero degli iscritti. Questo rappresenta senza dubbio un segno positivo e un dato importante. Abbiamo puntato molto sulla professionalizzazione delle risorse umane, attraverso attività di formazione lavoro. Abbiamo incrementato la presenza territoriale nella provincia. Riteniamo che, al di là di Catania, dove siamo presenti sia in città che nei quartieri, la provincia abbia un ruolo importante e di traino dello sviluppo dell’economia catanese. Su questo abbiamo insistito e stiamo insistendo. Stiamo puntando molto sul marketing associativo, ad esempio attraverso il servizio sms con il quale raggiungiamo e comunichiamo immediatamente con i nostri iscritti. Ripartendo dal concetto che si deve comunicare bene, stiamo cercando di migliorare e rafforzare ancora di più la comunicazione associativa, anche in termini di servizi offerti”.
Per quanto riguarda il sostegno economico e finanziario alle imprese? Date supporto tecnico per i rapporti con le banche?
“Noi, stando al dato siciliano, siamo cresciuti molto. La funzione dei Confidi è utile ma spesso insufficiente. I Confidi, nei limiti che il sistema bancario comunque pone, sono sicuramente un sistema che cerca di sostenere le imprese, e le nostre organizzazioni sono diventate, in molti casi, l’ultimo baluardo per le micro e piccole imprese. Anche nei rapporti con le banche, spesso, dobbiamo intervenire. Bisogna fare una differenza tra la semplice garanzia a favore dell’impresa e un servizio di assistenza e consulenza. Noi ci occupiamo anche di trovare il partner bancario che sia compatibile con il progetto imprenditoriale da finanziare. Abbiamo inoltre portato avanti progetti per favorire il microcredito e per le start up di impresa. Sposiamo la causa start up soprattutto perché, facendo formazione alle nuove imprese, con un occhio ai giovani e ai disoccupati che cercano di trovare nelle imprese uno sfogo occupazionale. Tre idee sono state finanziate”.
Il sistema in città, dunque, regge nonostante la crisi?
“Se guardiamo il numero degli iscritti sì. Ma è sotto gli occhi di tutti quello che sta succedendo a Catania, nel centro storico. Oggi, fare impresa è diventato molto difficile, anche a causa della pressione fiscale. Inoltre, ci sono prospettive legittime da parte dei proprietari di immobili per quanto riguarda i canoni delle locazioni che rimangono elevate e questo porta al turnover delle imprese. In ogni caso, c’è dinamicità nel tessuto imprenditoriale catanese, ma c’è l’incapacità di reggere sul mercato. Tempo fa avevamo fatto proposte all’amministrazione comunale, chiedendo di detassare per i primi tre anni le nuove attività del centro città, relativamente ai tributi locali. Ma dal sindaco non abbiamo avuto risposta”.
Cos’altro chiedete all’amministrazione comunale?
“Di occuparsi degli esercizi in città che stanno chiudendo. Un centro storico non può essere vivo solo fino alle 18: c’è un problema legato alle infrastrutture, mancano i parcheggi e questo ha spinto gli utenti verso il centro commerciale. Ma anche questi iniziano a patire la crisi. Il potere di acquisto viene meno e l’incertezza politica porta a incertezza generale che contrae la spesa. Abbiamo una politica di tagli senza crescita. I tagli vanno bene, ma serve produrre ricchezza. Solo così si può ripartire”.
 

 
Stimolare i consumi interni, favorire l’accesso al credito e semplificare i rapporti di lavoro
 
Cosa intravede per il futuro?
“Al di là delle enunciazioni, siamo consapevoli che la situazione è grave, ma ci sarà un motivo per cui Confesercenti tiene in Sicilia. Il modello catanese è un modello organizzativo che rispecchia il nazionale. In questo momento siamo in una fase di riordino dell’assetto territoriale, dobbiamo capire cosa succederà con le nuove aree metropolitane”. 
Quali sono gli interventi principali da mettere in campo per risollevare le piccole imprese?
“Nell’immediato, tre sono le principali direttrici. La prima consiste nello stimolare i consumi interni. La seconda favorire l’accesso al credito. Certamente nel Mezzogiorno, ancor di più e prima che nel resto del Paese, è fondamentale accrescere le condizioni di legalità e, quindi, efficientare l’erogazione di servizi reali della Pa e ridurre gli oneri che pesano sul lavoro. La terza è creare da subito sistemi di semplificazione dei rapporti di lavoro, intervenendo sul sistema dei costi del lavoro. Infine, occorre programmare il commercio anche in chiave turistica e aprire il porto alla città”.
Quali altri settori hanno bisogno di supporto?
“L’agricoltura. Occorre rivitalizzare il settore. Il tessuto si sta disgregando notevolmente. Non c’è capacità organizzativa e i produttori sono abbandonati a se stessi. Non ci sono modelli organizzativi. Li diventa importante l’organizzazione dei produttori”.

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