Passione e morte di James Foley, ultime dei giornalisti in prima linea - QdS

Passione e morte di James Foley, ultime dei giornalisti in prima linea

Antonio Leo

Passione e morte di James Foley, ultime dei giornalisti in prima linea

giovedì 21 Agosto 2014

Siria e Iraq i fronti più caldi per chi racconta le follie umane

DAMASCO – Quando Papa Francesco, ai cronisti che lo hanno accompagnato nella sua visita in Corea del Sud, ha parlato di “Terza guerra mondiale”, lo ha fatto – probabilmente volendo esagerare – a ragione. Perché i focolai aperti nel mondo sono molteplici e non abbracciano solo il Medio Oriente. La Siria, l’Ucraina, l’Iraq e quella infinita striscia di sangue tra Israele e Gaza sono i principali teatri della follia integralista. Che si può manifestare come nazionalista o religiosa, o come entrambe al tempo stesso. Una guerra, certo, liquida e a geometrie variabili, conosciuta spesso in frammenti di 140 caratteri che fanno meno impressione di certi giornaliradio del secolo scorso, ma pur sempre di portata sovranazionale.
A preoccupare, tra le altre cose, è la nuova escalation di violenze verso i giornalisti. Si è ritornati a respirare le stesse zaffate di morte del lungo periodo post 11 settembre 2001, quando le frange islamiste più estreme pubblicavano su youtube i video dell’orrore. A gloriarsi della decapitazione di James Foley non c’è Al Qaida o gruppi vicini a essa, ma l’Isis: un’organizzazione che si definisce uno Stato e che in effetti controlla un territorio grande quanto il Belgio tra la Siria e l’Iraq, arrivato ormai a un tiro di schioppo da Baghdad. Foley era un reporter esperto del mondo arabo, già rapito nel 2011 in Libia da un gruppo di sostenitori di Muammar Gheddafi e rilasciato dopo ben 44 giorni di prigionia. Nel novembre 2012, mentre si trovava in Siria a documentare gli scontri tra i ribelli e il regime di Damasco, è finito nuovamente nelle mani dei terroristi e, da ultimo, in quelle dei miliziani dell’Isis. Nel filmato in cui un uomo incappucciato – che secondo le ultime indiscrezioni potrebbe essere un cittadino britannico (centinaia sono i residenti del Regno Unito andati in Siria per combattere nella guerra civile) –  taglia la gola a Foley, si vede poi anche un altro giornalista, Steven Joel Sotloff. “La vita di questo cittadino americano, Obama, dipende dalle tue prossime decisioni”, minaccia il terrorista. Si tratta di un filmato, di meno di 5 minuti, dal titolo “Messaggio all’America” e in cui compare la scritta: “Obama ha autorizzato operazioni militari contro lo Stato islamico ponendo effettivamente l’America su un piano scivoloso verso un nuovo fronte di guerra contro i musulmani”.
Secondo Reporters sans frontieres sono 43 i giornalisti uccisi dall’inizio del 2014, 8 i loro assistenti, 12 i bloggers e gli attivisti che lavoravano come giornalisti. Si contano, poi, 178 giornalisti imprigionati nelle zone di conflitto, 11 assistenti e 190 bloggers e attivisti ancora trattenuti. La Siria è considerato il posto più pericoloso del mondo per gli operatori dell’informazione: secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti – organizzazione indipendente no profit con base a New York – negli ultimi tre anni almeno sessanta giornalisti sono stati uccisi mentre raccontavano la guerra siriana.

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