Nel Sud le pensioni più basse - QdS

Nel Sud le pensioni più basse

Serena Giovanna Grasso

Nel Sud le pensioni più basse

giovedì 06 Novembre 2014

Rapporto Cer Cupla: nel Mezzogiorno neppure il costo inferiore del paniere dei consumi salva dall’indigenza. Secondo l’Istat la Sicilia è la quinta regione per importo previdenziale più contenuto

PALERMO – La povertà è un male che affligge parimenti bambini, adulti e anziani, senza guardare in faccia nessuno. Secondo i dati Caritas, rispetto al 2007 la quota di poveri è praticamente raddoppiata in tutta Italia, passando dal 4,1% all’8% del 2013. Nel Mezzogiorno addirittura più di una persona su dieci versa in questo stato (11,3%).
Se da una parte aumenta notevolmente la quota di poveri tra la popolazione giovane-adulta determinata dalla disoccupazione incalzante, mentre rimane pressoché invariata la composizione percentuale dei pensionati; d’altra parte dobbiamo purtroppo riscontrare come la condizione vissuta da questi ultimi peggiori in modo più che vistoso a causa della notevole riduzione del potere d’acquisto.
In sintesi questo è il quadro che emerge dal rapporto Cer – Cupla 2014 curato dal Centro Europa ricerche e pubblicato lo scorso settembre. Alla base del nodo problematico è opportuno porre due questioni: il meccanismo di indicizzazione e il variare del paniere dei consumi minimi.
Quanto alla prima variabile, le origini sono da ricercare nel lontano 1992 e consiste nell’adeguare al primo gennaio di ogni anno l’importo della pensione rispetto all’indice dei prezzi medi relativo all’anno appena concluso. Naturalmente la più scontata conseguenza vuole sì che tale adeguamento intervenga con un ritardo di sei mesi, riducendo così notevolmente il potere d’acquisto del pensionato. Oltretutto, un limite ancora maggiore attiene al fatto che l’indicizzazione non è egualitariamente garantita a tutte le fasce previdenziali: infatti, come evidenzia il rapporto Cer-Cupla, le pensioni più “ricche” godrebbero di un’indicizzazione compresa tra il 70% e il 90%; mentre quelle più povere sono a copertura totale.
Venendo a questo punto al secondo indicatore, viene considerata povera una famiglia composta da due persone che abbia un consumo mensile inferiore al consumo medio pro-capite, pari nel 2013 a 973 euro. Per una famiglia di un solo componente la soglia di povertà relativa nel 2013 è stata fissata a 584 euro. Dunque, possiamo per certo annoverare tra i poveri i pensionati a cui è riservato dall’Inps il trattamento pensionistico minimo pari a 495 euro e coloro i quali percepiscono l’assegno sociale pari a 442 euro. Al Sud la soglia di povertà è significativamente inferiore, mentre Nord e Centro quasi si equivalgono, ma con dei picchi maggiori per quest’ultimo. Dunque, da tale affermazione deduciamo che nel Mezzogiorno il paniere dei consumi considerato minimamente accettabile è diventato meno caro; mentre aumenta di oltre quattro punti percentuali sia al Nord che al Centro.
Se per un verso questa considerazione potrebbe far pensare che buona parte della popolazione anziana meridionale sia estromessa dallo stato di povertà grazie all’abbassamento del costo del paniere dei consumi, dobbiamo purtroppo ricrederci. Infatti, come scriveva l’Istat lo scorso 26 settembre, proprio nel Mezzogiorno si rilevano gli importi pensionistici più bassi: il 50,9% degli anziani percepisce meno di mille euro al mese, valore superiore di circa dieci punti percentuali rispetto a quello medio nazionale (41,1%).
Nella fattispecie, la Sicilia è la quinta regione in Italia per i più bassi importi medi pensionistici. In definitiva, possiamo concludere affermando che il tenore di vita sia più basso rispetto al Centro-Nord. Proporzionalmente più basso appare persino l’importo medio pensionistico, rendendo ugualmente inaccessibili beni e servizi ai pensionati.

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