Corte Costituzionale svincola l’Ars - QdS

Corte Costituzionale svincola l’Ars

Carlo Alberto Tregua

Corte Costituzionale svincola l’Ars

martedì 18 Novembre 2014

Regione, libertà di suicidarsi

La Corte Costituzionale, con sentenza 255/14 del 3 novembre, relatore il siciliano Sergio Mattarella, ha cancellato gli articoli 27, 28, 29 e 30 dello Statuto siciliano. Con essa ha privato il commissario dello Stato della facoltà di promuovere presso l’Alta Corte (ora Corte Costituzionale, a seguito della propria sentenza 38/57) il controllo preventivo delle leggi. Ma l’Alta Corte non c’è più. A riguardo c’è da osservare come un organo costituzionale (la Corte) possa annullare un altro organo costituzionale (l’Alta Corte).
Cosicché, da ora in avanti, l’Assemblea regionale non ha più il cane da guardia, cioè il commissario dello Stato, che fino ad oggi l’ha salvata dal tracollo e dal fallimento. Perché affermiamo questo? Perché sotto l’impulso della piazza, nella quale rumoreggiavano i soliti privilegiati, i bravi deputati-consiglieri regionali hanno approvato leggi clientelari contrarie all’interesse generale, ma atte a favorire piccoli gruppi e corporazioni. 

La sentenza (9 pagine) ci sembra ineccepibile, per quello che vale il nostro giudizio di chi non è un giurista. Il senso è di rendere il sistema di controllo delle leggi regionali uguale a quello in vigore per le altre regioni a statuto speciale (Friuli, Sardegna Valle d’Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano) nonché il sistema di controllo per le regioni a statuto ordinario.
Tale sistema di controllo prevede che sia il Governo a impugnare le leggi regionali, per violazione della Costituzione. Di guisa che anche la Sicilia non ha più quello che riteniamo il suo santo protettore, cioè il commissario dello Stato, che ha impedito sino ad oggi spese folli e quindi il fallimento della Regione.
La sentenza responsabilizza Governo e Assemblea regionali perché d’ora in avanti viene tolto loro l’alibi che era il commissario dello Stato a tagliare le spese folli e clientelari.
Dal 4 novembre Governo e Assemblea regionali possono approvare qualunque tipo di spesa: a questo punto dovranno scegliere se accontentare i clientes ovvero spendere nell’interesse di tutti i cittadini. Per esempio se accontentare forestali, formatori, dipendenti Resais e di Ast, se alimentare partecipate inutili, ovvero investire in attività per assorbire i 379 mila disoccupati.

 
Diciamolo con franchezza, l’alibi del commissario dello Stato è servito ai deputati-consiglieri regionali perché operando come hanno operato ed approvando leggi di spesa fuori di senno, accontentavano i loro rumoreggianti clienti e, contemporaneamente, davano la colpa al bravo commissario dello Stato che impediva tali spese folli.
Ora l’alibi non c’è più. Staremo a vedere come si comportano i 90 inquilini dell’Ars e come si comporterà la giunta di Governo. Se oseranno ancora approvare leggi di spese non mirate alla crescita, allo sviluppo e all’occupazione, oppure a favore dei parassiti.
In questo quadro, ci conforta la fallimentare situazione finanziaria che obbligherà tutti costoro a un bilancio 2015 fatto di tagli e di investimenti. Di tagli perché non vi sono più risorse da destinare agli sperperi; di investimenti perché indispensabili a cofinanziare i fondi Ue, sia quelli del PO 2007/13 per circa 3,8 mld, nonché gli altri del Po 2014/20 per altri 5,3 mld circa. Complessivamente oltre 9 mld di euro.  

A questo punto Giunta e Assemblea hanno la facoltà di suicidarsi oppure la possibilità di ribaltare l’infausto modo di comportarsi e cominciare a legiferare positivamente, emarginando o escludendo i parassiti e supportando, invece, tutti coloro che vogliono fare impresa e nuove attività produttive.
Vi è poi tutto il versante delle infrastrutture logistiche e di trasporto, del riassetto del dissesto idrogeologico del territorio, della messa in sicurezza antisismica con bioedilizia di 1,3 mln di immobili, nonché fare attivare ai Comuni migliaia di cantieri indispensabili per rendere le città vivibili.
In definitiva, la Corte Costituzionale ha fatto un favore alla Sicilia perché, eliminando il controllo preventivo del commissario dello Stato e lasciando fermo il controllo successivo mediante impugnazione delle leggi da parte del Governo, ha denudato la responsabilità di governanti e legislatori siciliani.
Ora il re è nudo, nessuno può più celiare. La drammatica situazione economico-finanziaria-sociale della Sicilia è sotto gli occhi di tutti. Occorre porvi immediato rimedio, operando  con professionalità e correttezza.

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