Giappone in recessione, Abe scioglie la Camera - QdS

Giappone in recessione, Abe scioglie la Camera

Rosario Battiato

Giappone in recessione, Abe scioglie la Camera

mercoledì 19 Novembre 2014

Pil ancora negativo, le elezioni saranno un referendum sull’Abenomics

PALERMO – Shinzo Abe, premier nipponico e ideatore dell’Abenomics, la politica ultraespansiva varata in accordo con la Bank of Japan, ha momentaneamente deposto le armi. Ieri ha sciolto la Camera e ha indetto le elezioni anticipate per un Paese che, dopo gli ultimi due trimestri di pil in crescita negativa, è tecnicamente entrato in recessione.
 
L’azione ha sospeso il previsto aumento di una tassa sui consumi (una parente stretta della nostra Iva) che era già stata portata dal 5 all’8% lo scorso aprile e che, al momento, risulta posticipata al dicembre del 2017 a differenza dell’originaria programmazione prevista per l’ottobre dell’anno prossimo.
La crisi del Giappone, il paese col più alto debito pubblico (220% del pil) tra i paesi cosiddetti sviluppati sebbene sia quasi del tutto detenuto dai giapponesi, è anche la bocciatura, almeno momentanea, di un sistema che avrebbe dovuto riportare il paese sul cammino della crescita.
 
Nell’analisi dell’International Business Times l’Abenomics, avviata nella primavera scorsa, è soltanto rimandata. Il premier attenderà il voto del prossimo 14 dicembre per capire se potrà proseguire con un programma di riforme economiche che si muove lungo tre direttive principali: aumento dello stimolo monetario e dello stimolo fiscale e riforme strutturali. Azioni che si sono già concretizzate in miliardi di spesa pubblica e nella stampa selvaggia di carta moneta da parte della banca centrale per far crollare lo yen e stimolare gli acquisiti e le esportazioni.
 
Questa politica aggressiva ha inizialmente prodotto buoni risultati: quattro trimestri consecutivi di crescita del Pil, prima del recente stop. Un blocco prevedibile spiegato Fabrizio Patti su Linkiesta.it, che riporta un’analisi della Bbc in cui si legge che a crescere sono stati soltanto i profitti delle aziende esportatrici.
 
I lavoratori, invece, hanno continuato a soffrire per il mantenimento dei medesimi salari con redditi stagnanti o al ribasso. In questo quadro si è inserito l’aumento delle tasse che ha fatto crollare la fiducia dei consumatori e quindi i consumi. L’aumento delle tasse non è stato negoziabile perché il Giappone, data la montagna di debito inestinguibile che si ritrova sul groppone dei propri conti, e una spesa in welfare sempre in crescita, avrebbe dovuto comunque dare delle garanzie in questo senso. Per gli analisti, infatti, l’alternativa sarebbe stata la dichiarazione del fallimento.
Sul sistema Giappone ci sono comunque opinioni differenti. Per Michael Spence, premio Nobel per l’economia nel 2001 intervistato da Repubblica.it, non è stata l’iva a determinare il collasso nipponico, ma probabilmente l’assenza di altre riforme necessarie per dare corpo alla ripresa. Resta valida una lezione per l’Europa che, ha detto Spence a Eugenio Occorsio, potendo contare su bilanci robusti avrebbe la possibilità di lanciarsi in “misure coraggiose di stimolo fiscale e monetario”.

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