Acque minerali, la battaglia dei canoni - QdS

Acque minerali, la battaglia dei canoni

Rosario Battiato

Acque minerali, la battaglia dei canoni

venerdì 21 Novembre 2014

Confindustria Sicilia chiede una revisione della nuova tassazione introdotta soltanto lo scorso anno: “Altrimenti le aziende chiudono”. Per il M5S “proposta shock e offensiva per i siciliani che pagano l’acqua, anche quando non potabile”

PALERMO – La necessità di coniugare le sacrosante esigenze del tessuto imprenditoriale isolano e la giusta quota da corrispondere per il prelievo del patrimonio naturale tramite una tassazione adeguata è un dibattito di vecchia data. Negli anni passati questo giornale ha sottolineato più volte, corroborato in questo passaggio dagli oggettivi confronti con altre realtà nazionali, il disequilibrio evidente. Tuttavia i tentativi di adeguamento compiuti dal parlamento regionale, anche su stimolo del governo Crocetta, hanno avuto una vita particolarmente complessa e difficile – ci riferiamo, in particolare, ai casi ben noti degli idrocarburi, delle cave e delle spiagge –  e nei giorni scorsi si è tornato a discutere dell’aumento dei canoni per l’estrazione di acque minerali.
L’appello è stato di Confindustria, la risposta, durissima, del Movimento 5 Stelle. Se ne è discusso nella caldissima audizione di martedì in commissione Attività produttive, che ha raccolto la critica situazione imprenditoriale che investe l’Isola in diversi settori, tra cui Termini Imerese. Secondo l’associazione degli industriali siciliani anche le otto aziende isolane che vendono acqua minerale sarebbero a rischio chiusura, e per questo si richiede “la necessità di modificare l’aumento dei canoni previsto dall’art. 14 della legge di stabilità 2013, che rischia di mettere fuori mercato le imprese dell’Isola, a tutto vantaggio dei competitor di altre regioni”. Confindustria chiede un allineamento “dei canoni concessori a quelli di regioni limitrofe”, che per gli industriali garantirebbe “la giusta esigenza di garantire maggiori introiti finanziari alla Regione con la sostenibilità economica dei canoni dovuti dalle imprese”.
Per i deputati stellati all’Ars la proposta è bollata come “shock” e si può riassumere, si legge in una nota del gruppo, in “acqua minerale gratis per le aziende che la esportano fuori dalla Sicilia, e a canoni quasi inesistenti per chi la estrae (‘emunge’) e la distribuisce nell’isola”. In questo caso, precisa la nota, i canoni precipiterebbero dagli attuali 2 euro al metro cubo, previsti dalla legge regionale 9/2013, fino a 30 centesimi al mc. “Trovo assurda la proposta di Confindustria – ha spiegato il deputato M5S Matteo Mangiacavallo – e oltremodo offensiva per i cittadini siciliani, che pagano l’acqua, quasi sempre non potabile, in media a oltre 1,50 euro al mc, mentre quella migliore, quella minerale, dovremmo cederla a 30 centesimi o addirittura regalarla se i concessionari riescono a venderla fuori dalla Sicilia”.
Proprio l’equiparazione ad altre regioni, richiesta da Confindustria, non convince, dati alla mano, il M5S: “facciamo un appello di  buonsenso a Confindustria – ha spiegato Claudia La Rocca, deputata del Movimento – ricordando che anche la norma antecedente al 2013 prevedeva un canone di 1,03 €/mc e la proposta portata in terza commissione infatti è ben al di sotto della media italiana”. Del resto, nel 2006, c’era stato un accordo tra le Regioni, poi mai applicato, che prevedeva uniformità nazionale nei canoni: da 1 a 2,50 €/mc per l’acqua imbottigliata e da 0,50 a 2,00 €/mc per l’acqua emunta non imbottigliata.
A livello nazionale la situazione resta abbastanza variegata. Legambiente, nell’ultimo rapporto “Regioni Imbottigliate” dello scorso luglio, ha promosso con riserva le Regioni che applicano un doppio canone con importi uguali o superiori ad 1€/m3: Abruzzo, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Marche, Umbria, Valle d’Aosta, Provincia autonoma di Trento, Lombardia e Veneto.
La Sicilia, assieme al Lazio, rientra nel novero delle regioni che si distinguono positivamente. La Regione della capitale ha il primato per i canoni più alti visto che applica una quota per gli ettari, una per i volumi emunti e una per quelli imbottigliati, rispettivamente di 65 e 130€/ha, 1€/m3 e 2€/m3. La Sicilia, invece, “applica un canone più alto alle concessioni, chiedendo alle ditte imbottigliatrici, da 60 a 120 €/ha a fronte dei precedenti 10 € e adotta il triplo canone (in funzione dei volumi emunti e imbottigliati, rispettivamente 1 e 2 €/m3).

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