Il primato di Ravenna, i ritardi del Meridione - QdS

Il primato di Ravenna, i ritardi del Meridione

Serena Giovanna Grasso

Il primato di Ravenna, i ritardi del Meridione

mercoledì 03 Dicembre 2014

L’Italia marcia a due velocità e non è un problema congiunturale

PALERMO – Ravenna ed Agrigento, due dei centosette capoluoghi italiani, ma non due a caso, esattamente l’uno il “contrario” dell’altro. Mentre il primo apre la consueta indagine annuale del Sole 24 Ore sulla qualità della vita, il capoluogo siciliano si pone esattamente in posizione opposta, chiudendo la suddetta classifica e rappresentando la città italiana in cui si vive peggio. Non parliamo esclusivamente di una negativa congiuntura economica, infatti la testata milanese affianca a questa prospettiva l’analisi dei servizi, della questione ambientale e climatica, fa il punto della situazione sulla rapidità delle cause civili, sulla sicurezza e nondimeno affronta l’aspetto culturale.
Come ogni classifica che si rispetti, anche in questa appare netta la contrapposizione che divide irreparabilmente il Settentrione dal Meridione dello Stivale. Il Mezzogiorno riesce a spingersi nella prima parte della classifica solo con le province sarde (Olbia, Sassari e Nuoro). Dunque, va da sé considerare che in questo viaggio all’Inferno Agrigento è accompagnata dalle sue sorelle siciliane: infatti, tutte le altre province isolane si collocano in posizione compresa fra la novantaduesima di Trapani e la centoduesima di Caltanissetta, eccezion fatta per Ragusa e Siracusa che risiedono in una sorta di limbo (rispettivamente al settantacinquesimo e ottantatreesimo posto).
 
Per quel che riguarda la città di Agrigento, anche quest’anno ha riconquistato questa sorta di primato al rovescio, per la terza volta nel giro di pochi anni: ultima nel 2007, ultima nel 2009 ed ultima ancora oggi. Tre sembra quasi essere il numero magico: infatti, negli scorsi anni tre volte ultima anche Palermo, Messina e Caltanissetta, mentre ammonta a due il numero che contraddistingue il capoluogo etneo. Dunque, in totale la Sicilia vanta il funesto primato di quattordici volte ultima in venticinque anni, cioè gli anni d’età della classifica del Sole 24 ore.
Ritornando alla pagella di Agrigento, le bocciature più scottanti si incassano tanto sul piano economico, quanto su quello ambientale ma anche tecnologico e culturale: infatti, lo scorso anno la città dei templi ha prodotto il valore aggiunto pro capite più basso a livello nazionale (11.402 euro), ha fatto peggio solo Medio Campidano; naturalmente una simile sconfitta non ha fatto altro che ripercuotersi sui consumi delle famiglie facendoli inesorabilmente sprofondare (anche in questo caso guadagna la penultima posizione).
 
Non va meglio sotto il profilo ecologico: secondo Legambiente è la città più inquinata d’Italia in assoluto, anche in questo caso appare indissolubilmente legata alle compagne isolane (Messina centoquattresima, Siracusa, Catania e Palermo dal novantasettesimo al novantanovesimo posto; mentre si staccano leggermente dal coro Ragusa e Trapani rispettivamente al settantatreesimo e settantasettesimo posto).
E come se tutto questo non fosse già abbastanza, il medesimo ritornello si ripropone in correlazione al capitale prodotto grazie all’adeguato sfruttamento della bellezza: quest’aspetto lascia parecchio a desiderare, tanto che nel 2013 sono stati certificati solo 367.992 arrivi e 1.264.206 presenze. Quanta bellezza sprecata, proprio nella città  che ospita la Valle dei Templi dichiarata patrimonio culturale dell’Unesco. Ancora, correlato a quest’ultimo parametro rileviamo l’assai esigua presenza di bar e ristoranti, che anziché incentivare le presenze turistiche le scoraggia: la città si colloca in centounesima posizione, anche se a dire il vero in quest’ambito fanno decisamente peggio le città di Caltanissetta, Enna, Catania e Palermo che rivestono rispettivamente dal centoquattresimo al centosettesimo posto.
Proprio a testimonianza del fatto che non ci stiamo semplicemente limitando alla mera considerazione della situazione economica riscontriamo come a Ravenna il valore aggiunto pro capite prodotto nel 2013 ammonta a 27.760 euro (collocando la provincia al tredicesimo posto), oltre 15 mila euro in meno rispetto a Milano (43.160 euro).
 
Ma ciò non è sufficiente a spodestare la città dei mosaici bizantini dal primo posto, o ancora a portare in vetta il capoluogo lombardo che al contrario si colloca all’ottava posizione. In realtà parliamo di ben altro. Ravenna riesce a raccogliere attorno a sé una più generale congiuntura favorevole: è prima in materia di servizi, ambiente e salute (copertura di asili nido, emigrazione ospedaliera e smaltimento cause civili), ben piazzata anche per quel che riguarda il rapporto tra impieghi e depositi.
 
Purtroppo però, un neo quasi indelebile che macchia la nostra prima d’Italia attiene alla questione sicurezza, materia che addirittura la fa scivolare al centotreesimo posto: altissima è la denuncia di furti in casa, scippi, borseggi e rapine.
 
Al contrario, proprio in quest’ultima materia Agrigento e la Sicilia più in generale ottengono la possibilità di riscatto: ben all’undicesimo posto ritroviamo Enna, mentre al ventinovesimo e trentesimo posto le città di Agrigento e Messina. Abbastanza contenuto è il numero di borseggi, rapine, furti e frodi, o quanto meno il numero di denunce, purtroppo non escludiamo che il dato possa in qualche modo essere falsato da qualche forma di reticenza. Mentre decisamente più alto appare il numero di denunce per estorsione.
Dunque, questa semplicissima classifica si pone da specchio riflettendo la situazione che troviamo quotidianamente a vivere, quella di un Mezzogiorno e di una Sicilia, ci stanchiamo quasi a ripeterlo ancora una volta, contrapposti rispetto al resto del Paese.

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