Recessione, dal Sud risucchiata l’intera penisola - QdS

Recessione, dal Sud risucchiata l’intera penisola

Serena Giovanna Grasso

Recessione, dal Sud risucchiata l’intera penisola

mercoledì 03 Dicembre 2014

“Rapporto economie del Mediterraneo” del Consiglio nazionale ricerche e dell’Istituto studi società Mediterraneo. Italia tutta declassata al Mezzogiorno dell’Europa, nonostante la situazione settentrionale

PALERMO – Smettiamo di dare la colpa alla crisi per lo stato di arretratezza che oppone il Mezzogiorno al resto del Paese, fattore che ad ogni modo dal 2008 fino ad oggi ha continuato ad allargare le differenze in materia economica. Limitandoci giusto al riferimento del periodo immediatamente precedente rispetto al 2007 ricordiamo i due disastrosi eventi che hanno investito in pieno l’economia meridionale: iniziamo dalla delusione generata dagli inconcludenti risultati delle politiche di coesione e dei progetti integrati esclusivamente rivolti alle esigenze delle politiche meridionali; aggiungiamo i deleteri effetti prodotti dall’introduzione della moneta unica, deleteri perché hanno dimenticato di considerare il dualismo tra Nord e Sud del Paese.
Queste sono le iniziali considerazioni che muovono la riflessione di Massimo Lo Cicero, elaborate all’interno del Rapporto sulle economie del Mediterraneo, pubblicato lo scorso mese di novembre dall’Issm (Istituto di studi sulle società del Mediterraneo) e Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche). Nonostante tutto si afferma che il Mezzogiorno ha sempre cercato di risorgere, ma a passi lentissimi. Le prime trasformazioni possono essere datate intorno alla seconda metà dello scorso secolo, già a partire dagli anni ‘50 grazie agli incentivi concessi dalla Cassa del Mezzogiorno, dietro la spinta organizzativa, culturale e politica della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno).
A distanza di oltre sessant’anni, questa circoscrizione territoriale non è riuscita a rendersi pienamente autosufficiente, tanto che continua a beneficiare dei fondi di sostegno delle politiche di coesione finanziate dall’Unione europea. Infatti, l’Europa riserva al nostro territorio benefici di intensità maggiore di quelli destinati al resto del Paese. Occorre precisare che le risorse in questione costituiscono una parte del gettito fiscale che ogni Stato nazionale incassa dai propri cittadini e successivamente conferisce al cospetto dell’Unione. Dunque, non solo il Mezzogiorno non è ancora stato capace di emanciparsi, ma in più è incapace di crescere nonostante tutti gli incentivi presentati fino a questo momento.
Scrive Fabio Panetta (vicedirettore generale della Banca d’Italia): “Tra i paesi europei avanzati, il Mezzogiorno rappresenta, per dimensioni demografiche, la più grande area in ritardo di sviluppo. Dal suo recupero, dalla ripresa della sua economia possono derivare benefici significativi anche per il Centro-Nord. Le economie delle regioni italiane sono legate da strette interazioni: la crescita del Pil meridionale si propaga verso le altre parti del paese. Quando l’Italia ha sperimentato i maggiori tassi di crescita della sua storia, il Mezzogiorno cresceva più del Centro-Nord. Da circa quarant’anni il processo di convergenza tra le due grandi aree del paese ha però smesso di mostrare significativi avanzamenti”.
Purtroppo questo profondo arretramento del Mezzogiorno tende quasi a risucchiare anche il resto del Paese. Infatti, analizzando sinteticamente la situazione economica italiana, volendo quasi fare una media tra il Settentrione ed il Meridione dello Stivale, i risultati che ne conseguono “degradano” l’intero Paese al Mezzogiorno dell’Europa. Mentre così non è. Le economie del Nord non hanno niente da invidiare a quelle dell’Europa settentrionale come quelle della Baviera o dell’area metropolitana di Francoforte: prendiamo ad esempio la Lombardia, regione in cui la quota di industrie manifatturiere supera del 30% quella italiana. Al contrario evidenziamo come nel Mezzogiorno, area in cui risiede un terzo della popolazione nazionale, l’industria manifatturiera arriva a meno del 10% rispetto a quella italiana.
È così dunque che la frattura Nord-Sud impedisce al nostro Paese per intero di presentarsi come corsia preferenziale d’accesso dei Paesi mediterranei, annodando l’intero Paese attorno a questo circolo vizioso che prende il nome di recessione economica.

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