Fare impresa, l’alternativa che in Sicilia sconfigge la disoccupazione femminile - QdS

Fare impresa, l’alternativa che in Sicilia sconfigge la disoccupazione femminile

Serena Giovanna Grasso

Fare impresa, l’alternativa che in Sicilia sconfigge la disoccupazione femminile

giovedì 11 Dicembre 2014

Unioncamere: crescono a ritmi incalzanti le attività imprenditoriali condotte dal gentilsesso, +5,8% in sei mesi. L’Isola dietro solo a Lazio, Campania e Lombardia per numero di aziende dirette da donne (109.154)

PALERMO – A quasi sessantasette anni dall’entrata in vigore della Costituzione, continua ad essere quotidianamente violato il suo terzo articolo, proprio nel cuore di quel principio, esattamente nella parte in cui sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini, e così di uomini e donne. Oggi più che mai è evidente la contrarietà al principio costituzionale. Ce lo dimostrano tutti i campi, primo fra tutti quello lavorativo. Strettissimi sono i varchi che consentono alle donne di popolare il tessuto occupazionale.
 
Secondo l’Osservatorio dell’imprenditoria femminile di Unioncamere – Infocamere, nel corso del 2014 sono state rivolte esplicitamente all’universo femminile solo 64 mila assunzioni programmate dalle aziende, appena il 16,7% della quota totale.
 
Una quota che rappresenta poco più della metà dei posti riservati ai candidati maschi (30,5%). Mentre dal 2011 al 2014 è cresciuta di nove punti percentuali la ricerca di personale indirizzata ad ambo i sessi (52,8%). È dunque palpabile la maggiore difficoltà, ai confini quasi con il vero e proprio disagio, che riscontrano le donne nel momento in cui si confrontano con il mercato del lavoro, evidenza che si constata dalla valutazione delle più ristrette possibilità riservate esclusivamente all’universo femminile.
Chi conosce almeno un pò la tradizionale dicotomia che ormai da anni ed anni oppone il Mezzogiorno al Settentrione, naturalmente immagina che la situazione nella prima area menzionata sia nettamente peggiore: infatti, proprio al Sud e nelle Isole solo il 44,8% delle professionalità disponibili lascia spazio alla competizione tanto maschile quanto femminile.
Dunque che fare? Sperare di trovare un impiego fisso e nell’attesa rimanere fermi lasciandosi sopraffare dall’incalzante disoccupazione? Secondo l’Istat, nel 2012 al di qua dello Stretto mentre il tasso di attività maschile si attestava al 69,9%, quello femminile si abbassa al 27,8%, permettendo a poco meno di una donna su tre di svolgere quell’attività che nobilita l’uomo.
Ci sono donne che non ci stanno, cercano in ogni modo di mettersi in gioco e di scommettersi. Se il lavoro non c’è lo creano, si mettono in proprio e fanno impresa. Questo è senza dubbio quel che accomuna le 1.297.544 imprese capitanate da donne, il 21,45% dell’universo totale. Addirittura, in Sicilia il tasso di femminilizzazione delle imprese al 30 settembre oltrepassa abbondantemente il valore medio nazionale, attestandosi a quota 23,83% (con 109.154 imprese femminili, rispetto al totale di 458.003). Dunque, le siciliane rispondono bene, reagiscono, non rimangono immobili per effetto di quest’imperturbabile stasi. In termini assoluti sono anche tra le più numerose: infatti, l’Isola conquista il podio con una ben meritata medaglia di legno, segue solo a Campania (129.224), Lazio (135.519) e Lombardia (171.711). Per quel che invece attiene al rapporto tra imprese totali e quelle femminili, l’incidenza più elevata è rilevata in Molise con il 28,22%.
La spinta maggiore è impressa in particolar modo dalle imprese femminili under 35, in sei mesi sono aumentate del 5,8%, quasi l’1% al mese. In terra di Trinacria lo stacco tra il 31 marzo e i dati aggiornati al 30 settembre è stato pari a circa 900 unità (16.841 nove mesi fa, 17.673 tre mesi fa). In generale, possiamo affermare che la percentuale di imprese femminili giovanili sia percentualmente più rilevante rispetto a quella di aziende gestite da donne over 35. Anche in questo parametro l’Isola rileva valori tendenzialmente più elevati rispetto a quelli medi nazionali (tasso di femminilizzazione pari al 28,48%, rispetto all’italiano di 27,69%).
Dunque, affinché il sistema economico riparta è necessario puntare ed investire sulle imprese femminili. A tal proposito, concludiamo citando l’affermazione di Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere: “Le donne mostrano di avere coraggio, determinazione e competenze professionali per farsi strada nel sistema produttivo.
Tanto che anche in questa difficile fase economica stanno dando prova di saper conquistare spazi via via maggiori sia nel nostro tessuto imprenditoriale stando al comando di un’azienda sia nel mercato del lavoro, dove oggi sembrano cresciute le chance di competere ad armi pari con i candidati uomini per ricoprire una posizione vacante. Ma, va detto, il cammino è ancora lungo. E per questo è necessario mettere in campo al più presto politiche mirate che ne accelerino il percorso”.

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