Le cifre maledette 1757 - 116 - 1510 - QdS

Le cifre maledette 1757 – 116 – 1510

Carlo Alberto Tregua

Le cifre maledette 1757 – 116 – 1510

martedì 20 Ottobre 2009

Bilancio dello Stato, salta il banco

Le cifre maledette: 1757 miliardi di debito pubblico, 116 per cento del debito sul Pil e conseguente Pil 2009 stimato in 1510 miliardi. Con queste cifre, salta il banco del bilancio dello Stato. L’Unione europea, estremamente preoccupata, ha acceso i fari sulla situazione finanziaria dello Stato italiano, insieme ad altri quattro partner (Francia, Ungheria, Polonia e Portogallo). Però questi ultimi non hanno la montagna del debito italiano. Il debito comporta un onere per il bilancio dello Stato di circa 80 mld, mentre gli altri quattro partner hanno oneri dimezzati.
La conseguenza è che i 40 mld di oneri finanziari che non pagano vengono destinati a infrastrutture, le quali a loro volta aumentano la competitività del Paese. L’Italia corre con le pietre nelle tasche e la zavorra ai piedi. Evidentemente, non può che perdere.

La questione va affrontata di petto e spiegata bene ai cittadini dal Governo in carica, ma anche dall’opposizione. Il 25 ottobre non è lontano. Finalmente il 26 sapremo chi sarà il nuovo capo del Pd, il quale dovrà inserire nella scena italiana un suo programma per: a) ripristinare in tutto il settore pubblico l’ordinaria amministrazione, poggiata su fattori di efficienza ed efficacia, in base ai valori di merito e responsabilità; b) proporre un piano di stabilizzazione dei conti pubblici per ridurre anno dopo anno, l’enorme macigno del debito pubblico e quindi la sua incidenza sul Pil annuo; c) definire il piano delle infrastrutture, fra cui la sistemazione idrogeologica del territorio, per la quale la Protezione civile ha stimato un fabbisogno di 40 mld €.
Tale piano deve prevedere un forte potenziamento del trasporto su ferro, abbattendo drasticamente quello su gomma, sia nella dorsale nazionale che nelle aree esterne delle città. E anche al loro interno mediante sistemi di mobilità metropolitane.

 
Intanto, chi ha attuali responsabilità di governo ha il primario compito di indicare ai cittadini il piano di rientro del debito pubblico da qui a dieci anni, per riportarlo al coefficiente massimo previsto dal Trattato di Maastricht del 1992 e cioè al 60% del Pil. Nell’enormità di questo debito, l’attuale crisi c’entra poco, perché non sono certo dieci miliardi in più o in meno che ne cambiano la dimensione. C’entra, invece, il malgoverno di democristiani e socialisti, con la connivenza dei comunisti, di dodici anni (dal 1980 al 1992) e l’incapacità dei Governi di centrosinistra e di centrodestra a rimettere in linea i conti, dal 1994 ad oggi.
Sentiamo subito gli incompetenti a gridare che l’abbattimento del debito pubblico non è primario, perché sarebbe conseguente della diminuzione di servizi che si rendono ai cittadini. Costoro sono in malafede perché la diminuzione del debito e il mantenimento dei servizi sociali non sono in contrasto. Basterebbe infatti che si tagliassero sprechi e privilegi a livello statale, regionale e locale per abbattere di 20 mld € l’anno il debito.

Secondo il principio di sussidiarietà previsto dall’art. 118 della Costituzione, anche senza federalismo, i Comuni costituiscono le cellule principali dell’ossatura dello Stato. Quindi, la buona amministrazione degli Enti locali è alla base della riduzione del debito. I Comuni virtuosi avrebbero meno bisogno di trasferimenti dallo Stato, alleggerendone il peso.
Anche le Regioni possono operare facendo dimagrire e prosciugando le spese inutili e avrebbero quindi meno bisogno di trasferimenti da parte dello Stato. E infine quest’ultimo, dai minori trasferimenti a Regioni ed EE.LL. e da un dimagrimento forte della propria burocrazia, potrebbe diminuire le spese e creare un forte avanzo, comprensivo degli interessi sul debito pubblico, indispensabile per abbatterlo.
Insomma, si tratta di riportare la pubblica amministrazione, guidata da un ceto politico lungimirante, in un alveo di ordinaria e sana gestione della Cosa pubblica, evitando doppiopesismo, tagliando privilegi e utilizzando risorse umane e finanziarie strettamente necessarie alla produzione dei servizi e nulla di più. Un particolare premio dovrebbe essere dato a sindaci e presidenti di Regioni capaci di amministrare con la diligenza del pater familias.

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