Col Piano si determina il fabbisogno comunale - QdS

Col Piano si determina il fabbisogno comunale

Carlo Alberto Tregua

Col Piano si determina il fabbisogno comunale

sabato 07 Marzo 2015

I sindaci si lamentano ma non agiscono

A Mirabella Imbaccari, un paesino di oltre 5 mila abitanti, nove consiglieri comunali si sono dimessi e il sindaco minaccia di fare lo stesso. La motivazione è che non arrivano i cosiddetti trasferimenti dallo Stato e dalla Regione.
Ma i trasferimenti per fare che cosa? Gli interessati continuano a blaterare che i soldi servono per i servizi generali e per quelli sociali.
Sindaci e Consigli comunali continuano con questa ignobile tiritera che manca di un punto essenziale: da quale strumento organizzativo, economico e finanziario si evince quale sia la misura del fabbisogno dell’Ente locale?
In altre parole, da dove risulta che occorrano tot dipendenti, tot figure professionali, tot dirigenti, tot vigili urbani e via enumerando? Dalla Pianta organica? Via, siamo seri! Da dove risulta quali siano le spese necessarie per produrre i servizi da rendere ai cittadini? Ecco perché riteniamo immotivate e ingiustificate le lamentazioni dei sindaci, che non hanno alcun supporto oggettivo, ma seguono il comportamento non professionale di chi usa le parole non suffragate da fatti.

Il Piano aziendale, ecco lo strumento che indica tutti i fabbisogni economici e finanziari di un Comune. Che non è la stessa cosa del Bilancio preventivo. Mentre il primo connette i servizi da erogare con le spese necessarie, il secondo è una mera elencazione di entrate e di uscite che dovrebbero pareggiare.
Peggio, vi è una legge fuori dai tempi che consente ai Comuni di approvare tale bilancio preventivo ben oltre la soglia del 31 dicembre dell’anno precedente. Questo perché il termine dell’ultimo giorno dell’anno precedente, fissato dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali, viene regolarmente prorogato, come accaduto nel 2014 (fino al 30 novembre).
Anche un normale cittadino capisce che un bilancio preventivo approvato alla fine dell’esercizio è totalmente inutile a programmare lo stesso in tutti i suoi aspetti.
Vero è che questo pernicioso stato di cose deriva anche dall’inefficienza dello Stato e delle Regioni, che procedono con lentezza esasperante ai trasferimenti; ma due colpe non fanno una ragione. Il sindaco virtuoso dovrebbe per suo conto realizzare il Piano aziendale e fare approvare dal suo Consiglio il Bilancio preventivo entro dicembre.
 

Nelle aziende, i Piani industriali sono approvati in giugno per l’anno successivo. Senza pensare di raggiungere queste vette virtuose, resta comunque indispensabile che i Comuni approvino i loro strumenti di organizzazione e finanza entro l’anno, sempre per l’anno successivo.
La verità è che la gran parte dei sindaci non ha alcuna competenza di organizzazione, amministrazione e legislazione. Sono dei replicanti, eletti spesso in base a clientele, che ritengono di poter usare le parole al posto della capacità di ben gestire un Ente locale, che esiste come espressione della Comunità cui deve rendere i servizi necessari.
Fino a quando i sindaci non si doteranno di Piano aziendale (diverso dal Piano industriale perché non ha fini di lucro) e del Bilancio preventivo approvato entro dicembre, non saranno autorizzati a chiedere alcunché, se non facendo la parte dei mendicanti con la mano tesa e degli irresponsabili, ribaltando su altri le proprie colpe oggettive.

Beninteso, fra i 390 sindaci siciliani ve n’é una gran parte di competenti e onesti. Girando per i Comuni isolani, come facciamo noi da cinquant’anni, si vede subito quelli in cui si amministra bene e gli altri disastrati.
Fra l’altro, i bravi sindaci si dovrebbero dotare di tre strumenti che indicano le loro capacità: il rating stellato di legalità, i certificati Iso di qualità rilasciati dalla Ue, la revisione dei bilanci da parte di società iscritte alla Consob e non di professionisti che spesso chiudono uno o due occhi.
Non vi è un solo Comune in Sicilia dotato dei tre strumenti prima indicati. Questo la dice lunga sullo stato disastrato di tanti Enti locali isolani.
La nostra esortazione nei confronti dei sindaci è di mettersi dalla parte della ragione, dimostrata con il possesso degli strumenti illustrati. Solo dopo si potrà chiedere ad altre istituzioni di fare il loro dovere. E quando sono in regola, fare massiccia pressione attraverso quotidiani e televisioni regionali, perché gli altri Enti adempiano alle proprie obbligazioni.
Il quadro è chiaro e mette a nudo i sindaci che tergiversano.

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