Nel Ddl stabilità semplificazione da non fermare a partire dalla responsabilità dirigenziale - QdS

Nel Ddl stabilità semplificazione da non fermare a partire dalla responsabilità dirigenziale

Raffaella Pessina

Nel Ddl stabilità semplificazione da non fermare a partire dalla responsabilità dirigenziale

giovedì 09 Aprile 2015

Nell’articolo 26 il principio del silenzio-assenso e anche l’esercizio del potere sostitutivo che può essere richiesto. Il dirigente risponde per mancata o ritardata espressione dell’amministrazione rappresentata

PALERMO – Il titolo sesto del maxiemendamento che costituisce la finanziaria regionale approvata dalla Giunta di governo con la delibera n. 78 dello scorso 20 marzo prevede disposizioni in materia di semplificazione ed accelerazione dei procedimenti amministrativi al fine di agevolare lo sviluppo socio-economico.
In particolare all’articolo 25 viene regolamentata la norma del silenzio assenso. Si prevede innanzitutto la responsabilità, sia disciplinare che amministrativo contabile, a carico del dirigente che procura la "mancata o ritardata espressione dell’amministrazione rappresentata?. In poche parole, il dirigente che non ottempera ai propri doveri, pagherà le conseguenze anche in termini monetari.

All’articolo 26 il silenzio-assenso e il cosiddetto potere sostitutivo
Al successivo articolo 26 viene stabilito il cosiddetto potere sostitutivo. Si tratta di poche righe che vengono inserite dopo l’articolo 2 della legge regionale n. 10 del 30 aprile del 1991 (Disposizioni per i provvedimenti amministrativi, il diritto di accesso ai documenti amministrativi e la migliore funzionalità dell’attività amministrativa) e pubblicata sulla Gurs n. 22 del 4 maggio dello stesso anno. Riportiamo l’articolo 2 nella sua interezza: "Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad una istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Le pubbliche amministrazioni determinano per ciascun tipo di procedimento, in quanto non sia già direttamente disposto per legge o per regolamento, il termine entro cui esso deve concludersi. Tale termine decorre dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda se il procedimento è ad iniziativa di parte. Qualora le pubbliche amministrazioni non provvedano ai sensi del comma 2, il termine è di trenta giorni. Le determinazioni adottate ai sensi del comma 2 sono rese pubbliche secondo quanto previsto dai singoli ordinamenti".

A seguito di ciò viene aggiunto il 2 bis: "Nell’ipotesi di inutile decorso del termine previsto per la conclusione del procedimento, il soggetto che ha presentato l’istanza può, fatte salve le ipotesi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della domanda, rivolgersi al dirigente generale del dipartimento regionale competente o al dirigente apicale della struttura competente, chiedendogli la chiusura del procedimento tramite l’esercizio del potere sostitutivo". Questo dovrà avvenire entro la metà del termine stabilito e il nome del dirigente inadempiente andrà comunicato all’ufficio competente per la valutazione di una azione disciplinare. Infine il dirigente generale entro la fine del mese di gennaio di ogni anno dovrà comunicare al vertice politico del ramo competente l’elenco dei procedimenti peri quali non sono stati rispettati i termini di conclusione. Nessun problema invece nel caso del silenzio – assenso se non per il fatto che la legge stabilisce un termine abbastanza lungo da attendere per poter procedere in assenza di una risposta da parte dell’amministrazione.
 
L’art. 20 della l.n. 241/1990 (modificato dall’art. 3 d.l. n. 35/2005) stabilisce che nei procedimenti a istanza di parte, esclusi quelli disciplinati dall’art. 19 (Segnalazione certificata di inizio attività), per il rilascio di provvedimenti amministrativi, «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine indicato dall’art. 2, co. 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indice una conferenza di servizi.

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