Niente Atlante, alla Sicilia bastava un pilone - QdS

Niente Atlante, alla Sicilia bastava un pilone

Rosario Battiato

Niente Atlante, alla Sicilia bastava un pilone

martedì 14 Aprile 2015

L’accusa della struttura antidissesto di Palazzo Chigi: “C’è da vergognarsi”. Lo confermano i dati del QdS. Si allungano i tempi dei collegamenti tra Catania e Palermo, anni di lavoro e danni per miliardi di euro

PALERMO – Gli eventi sono ormai noti, le conseguenze e le premesse non del tutto approfondite. Il cedimento del pilone del viadotto Himera, che ha bloccato la A19 tra Palermo e Catania nel tratto tra Scillato e Tremonzelli, costerà almeno un’ora in più di tragitto agli automobilisti e ai mezzi pesanti in viaggio tra i due centri più importanti dell’Isola che dovranno limitare i loro spostamenti ai percorsi alternativi.
Il delitto, almeno quello, ha un colpevole preciso, anche se bisognerà ancora indagare sulle responsabilità dei mandanti. Lo scorso venerdì pomeriggio un movimento franoso con un fronte di un chilometro ha interessato la carreggiata della A19, uno smottamento che ha coinvolto almeno tre piloni del viadotto. Uno di questi si è inclinato e ha prodotto uno spostamento della carreggiata. La rimozione del pilone, stando alle ultime notizie, è necessaria perché la rottura è avvenuta alla base, una situazione che potrebbe richiedere anni di lavori per il pieno ripristino. Per avere notizie più precise sui tempi di riapertura bisognerà attendere i lavori di demolizione, secondo quanto riportato dall’Anas in una nota dei giorni scorsi.
Se i danni sono ancora da calcolare in dettaglio, le responsabilità sono assolutamente evidenti. “Lo scivolamento a valle della montagna – hanno scritto sul giornale della Protezione civile – però è un fenomeno noto da decenni e secondo le prime relazioni tecniche sembrerebbe che a smuovere nuovamente il terreno sia stata un’antichissima falda acquifera rimpinguata dalle piogge degli ultimi mesi”.
Un particolare che non è sfuggito agli specialisti antidissesto di stanza a Palazzo Chigi. Erasmo D’Angelis, coordinatore della Struttura di missione #italiasicura, ha dichiarato che “quel versante franato che ha distrutto il viadotto dell’autostrada Palermo-Catania poteva essere messo in sicurezza, e Anas e Regione potevano e dovevano intervenire già dieci anni fa e nessuno lo ha fatto”. Una prova “non solo della mancanza di monitoraggi, cure e manutenzioni ordinarie del nostro territorio più fragile nelle Regioni più a rischio, ma anche di sciatteria, disorganizzazione, disattenzioni, abusi, scarsissimo interesse anche nel dibattito pubblico al gravissimo problema del dissesto idrogeologico”. C’è da “vergognarsi”, ha detto D’Angelis in un passaggio durissimo del suo intervento, “per il mancato utilizzo di fondi per mettere in sicurezza frane e città”.
Tutto vero. Lo confermano i calcoli del QdS sulla base dei dati dell’ultima deliberazione di inizio marzo della Corte dei Conti: considerando gli accordi di programma quadro del 2010-2011 e la programmazione 1998-2008 sono stati conclusi appena 218 interventi a fronte di 439 totali. Numeri che hanno attivato 262 milioni di euro, mentre restano ancora sospesi, tra esecuzione, progettazione o in fase di avvio, 382 milioni di euro.
Per Crocetta, invece, i problemi sono ben altri. “Si ignora persino che l’Ue vieta di intervenire sulle autostrade con i fondi strutturali, scelta avallata dal governo nazionale, lasciando anche l’Anas all’asciutto, per cui non si capisce con quali fondi fare gli interventi”.
Intanto le stime relative ai fondi e ai tempi necessari per il ripristino restano preoccupanti. Secondo Giovanni Pizzo, assessore regionale alle Infrastrutture, “per mettere apposto questa strada, ci vogliono anni di lavoro e miliardi di euro”. Sulle strade secondarie, per far fronte agli interventi urgenti, servono “2 miliardi di euro”. Serve riprogrammare “la programmazione europea per quanto riguarda la viabilità, su cui c’è poco o nulla nella nuova programmazione, e intervenire immediatamente sul rischio idrogeologico dell’Isola che è di dimensioni eccezionali”.
 


Le conseguenze economiche e politiche di un crollo: Ciucci via
 
PALERMO – I danni infrastrutturali sono costi per l’economia. Vincenzo Gibiino ha annunciato una interrogazione per denunciare i danni economici derivati dal crollo del pilone. Conftrasporto-Confcommmercio ha chiesto l’esonero di ogni forma di pagamento per gli operatori costretti a percorrere tratti che prevedono qualsiasi forma di pedaggio; l’intervento della Regione e del Ministero per l’abbattimento dei costi per l’utilizzo delle tratte marittime; l’esonero dai divieti di circolazione vigenti per le operazioni di trasporto necessarie a far giungere i prodotti nel resto del paese; l’eliminazione dei divieti su strade regionali e comunali.
A proposito di conseguenze politiche, invece, proprio ieri Pietro Ciucci ha rimesso il proprio mandato nelle mani del ministro Delrio, anche se soltanto qualche giorno prima, in una nota diffusa, l’Anas precisava di non avere “alcuna competenza sul versante franato, che peraltro era assai distante dalla sede autostradale” e “non risultano pervenute segnalazioni del pericolo da parte degli enti territoriali competenti”, mentre “il viadotto Himera non aveva necessità di alcun monitoraggio in quanto la struttura, prima dei noti fatti, risultava perfettamente efficiente a seguito dei controlli periodici dei tecnici di Anas”.
 

 
Cronaca di una deviazione annunciata. Tra Palermo e Catania soltanto un ingorgo
 
PALERMO – Un pilone crolla e la Sicilia si scopre nel mirino del rischio idrogeologico. Forse sarebbe stato sufficiente riprendere gli ultimi dati del ministero dell’Ambiente o della protezione civile regionale per valutare effettivamente lo stato di compromissione del territorio con il dissesto e il suo diretto coinvolgimento con alcune delle principali arterie stradali isolane. Prevenire è sempre meglio che curare, soprattutto se c’erano già da tempo tutti i segnali necessari.
La Regione ha chiesto al governo nazionale lo Stato d’emergenza. In attesa di scoprire come si evolverà la situazione – ieri ci sono stati incontri romani e anche un passaggio alla commissione trasporti alla Camera – l’assessore Giovanni Pizzo ha spiegato che “la situazione è veramente grave” perché “non sono le strade a cedere, sono le nostre montagne che stanno crollando a poco a poco”. Un’emergenza da affrontare con la massima serietà, ma che non giunge propriamente nuova.
Ad ampliare l’ampio dossier della drammatica situazione delle strade siciliane, c’è una testimonianza particolarmente rilevante che arriva direttamente da Calogero Giuseppe Lanza, il sindaco di Caltavuturo, il comune in cui è avvenuta la frana che ha interessato il pilone. Venerdì scorso il primo cittadino aveva scritto, tra gli altri, al ministero delle Infrastrutture, alla prefettura, all’assessorato regionale, per denunciare una serie di criticità legate alle arterie stradali della zona e in particolare la sp Caltavuturo/Scillato, la sp Caltavuturo/Valledolmo e la SS Pa/Ct.
Inoltre proprio il 13 marzo era stato segnalato il pericolo frane sulla sp 24 Caltavuturo/Scillato al Prefetto di Palermo e a diversi dirigenti della polizia stradale, evidenziano che una eventuale “quanto possibile interruzione avrebbe dato origine a una situazione di forte disagio ai cittadini/utenti, rendendo difficoltoso raggiungere ospedali, servizi sanitari, sedi scolastiche e luoghi di lavoro”. Ma c’è di più, perché si informava che “l’eventuale chiusura del tratto autostradale della A19, tratto Scillato/Tremonzelli, avrebbe determinato la deviazione del traffico autostradale in direzione Caltavuturo per poi proseguire sulla sp per Scillato”, una situazione che si era già creata lo scorso 28 marzo creando diversi disagi per gli utenti costretti “a rimanere in colonna per diverse ore”.
 


Enzo Bianco chiede l’aereo. Le alternative reali e sognate lungo i 190 km
 
PALERMO – Per compiere il collegamento tra Catania e Palermo sono già stati diffusi percorsi alternativi: autostrada A20, in prossimità dello svincolo di Buonfornello, fino a Messina, e quindi la A18 Messina-Catania fino a Catania (e viceversa); l’uscita a Scillato per proseguire sulla SS643 e quindi sulla SS120 per rientrare in autostrada allo svincolo di Tremonzelli; uscita sull’autostrada A19 a Resuttano percorrendo la SP10 fino ad Alimena, la SS290 fino al bivio Madonnuzza, la SS120 fino al bivio Geraci, la SS286 fino allo svincolo Castelbuono-Pollina, la A20 Palermo-Messina e il rientro sulla A19 allo svincolo di Buonfornello.
Potenziati anche i collegamenti via treno. Da oggi circolano due treni in più tra Palermo e Catania, un provvedimento che “anticipa di qualche settimana – si legge nella nota dell’accordo tra Regione, Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana – un consistente potenziamento dei collegamenti tra i due capoluoghi che, previsto per dicembre, sarà invece avviato entro la fine di aprile”. Una perdita di tempo notevole visto che attualmente i collegamenti via treno impiegano da tre a sei ore.
Antonio Venturino, vicepresidente vicario dell’Assemblea regionale siciliana, ha chiesto “la realizzazione del trenino turistico col ripristino della linea ferrata ‘Dittaino-Piazza Armerina-Caltagirone’”. Enzo Bianco, che evidentemente ama osare più di tutti, ha chiesto addirittura collegamenti via aereo.

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