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Palermo – Gasolio e mezzi rubati alla Rap dai dipendenti

redazione

Palermo – Gasolio e mezzi rubati alla Rap dai dipendenti

martedì 14 Aprile 2015

Sottratti fino a 300 litri di carburante al giorno poi rivenduti. I furti avvenivano quotidianamente, determinando la spoliazione della ditta, letteralmente razziata

PALERMO – Furti di carburante e beni aziendali. Con questa accusa la Polizia di Stato ha eseguito diverse misure cautelari nei confronti di dipendenti della Rap, ditta a partecipazione municipale che gestisce la raccolta dei rifiuti a Palermo. Le indagini hanno accertato una serie di furti che “avvenivano quotidianamente, determinando la spoliazione della ditta, letteralmente razziata”. Approssimativamente è stato calcolato che, durante il periodo al centro delle indagini (da luglio 2013 a marzo 2014), siano stati trafugati circa 300 litri di gasolio al giorno appartenenti all’azienda.
L’indagine è stata condotta dal Commissariato di Polizia di Brancaccio e coordinata dal pubblico ministero Piero Padova e dal procuratore aggiunto Dino Petralia. Gli arresti domiciliari sono stati imposti a cinque dipendenti, mentre per altri quattro il gip ha disposto la misura dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria. Nel corso dell’indagine, oltre a una grande quantità di gasolio, sono stati trovati tute da lavoro, sacchi, mazze, scope ma anche carta igienica e detersivi di proprietà dell’azienda e sottratti dagli indagati.
Nelle scorse settimane l’azienda è tornata al centro delle cronache per l’ennesima emergenza rifiuti in città. Proprio lamentando l’assenza di mezzi di lavoro i sindacati hanno organizzato assemblee di lavoratori durante le quali la raccolta è stata sospesa, con grossi disagi per i cittadini. Ciò ha portato la Procura ad aprire un’inchiesta, ancora a carico di ignoti, per interruzione di pubblico servizio.
In tutto quasi centomila litri di carburante sarebbero stati sottratti, secondo gli inquirenti, alla disponibilità dell’azienda. Secondo le indagini della Polizia, quando la benzina sottratta non era destinata al consumo dei mezzi privati di dipendenti e congiunti, serviva per alimentare un parallelo “mercato nero” in cui il carburante sarebbe stato venduto al prezzo concorrenziale di un euro al litro. Per prelevare il combustibile, i dipendenti infedeli avevano fatto ricorso a un espediente che avrebbe tutelato anche gli addetti alla colonnina: riempivano bidoni e taniche durante il rifornimento di carburante, nel deposito di via Ingham, degli automezzi aziendali. Negli autocompattatori finivano quindi meno litri di gasolio di quelli erogati. Le taniche venivano poi fatte uscire all’interno degli stessi automezzi.
In altri casi, il furto sarebbe avvenuto versando il carburante eccedente all’interno di una cisterna interrata, vicino l’impianto di rifornimento, che fungeva dunque da “deposito abusivo” di carburante da cui poi attingere nei momenti di maggiore tranquillità. Per verificare la “disponibilità” di carburante nella cisterna interrata ed evitare di compiere furti troppo avventati, gli indagati misuravano con un’asta la quantità di combustibile.
I dipendenti non si sono fermati nemmeno dopo i blitz della Polizia del 17 dicembre 2013 e del 5 febbraio 2014, che portarono all’arresto di tre dipendenti e altre due persone che avevano rubato carburante. Gli agenti hanno anche scoperto che la rivendita dei beni della Rap (tra i quali anche carta igienica, detersivi e strumenti per la pulizia) era gestita da congiunti dei dipendenti. Il figlio di uno degli indagati aveva infatti allestito nel mercato di Ballarò una bancarella “imbandita” di prodotti riconducibili ad Amia e Rap.
Intanto, l’azienda ha annunciato che saranno sospesi dal servizio i nove dipendenti sorpresi con le mani nel sacco: si avvierà un procedimento disciplinare e non si esclude il licenziamento. “Il provvedimento di sospensione immediata dal lavoro – ha detto il presidente Rap Sergio Marino – sarà ratificato oggi nella riunione del Cda. Valuteremo i documenti e gli atti che ci saranno trasmessi dalla Procura per decidere le sanzioni da applicare, incluso il licenziamento. Lo avevamo già deciso nel 2013 in casi analoghi”.

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