L’onestà è un reato, la corruzione è legale - QdS

L’onestà è un reato, la corruzione è legale

Carlo Alberto Tregua

L’onestà è un reato, la corruzione è legale

mercoledì 13 Maggio 2015
Un tizio fa a un altro: Lei è onesto? L’interlocutore gli risponde: Come si permette! Onesto sarà lei!
Potrebbe essere il dialogo conforme alla estesa corruzione contro la quale gli attuali strumenti legislativi e investigativi hanno poco effetto, portando a galla solo la punta dell’iceberg.
C’è una confessione fra amici istituzionali. Uno dice all’altro: Furto dopo furto mi sono guadagnato il vitalizio. Si potrebbe continuare a ironizzare sulla corruzione, che è un modo per portarla in modo leggero innanzi all’opinione pubblica. Per cui sarebbe proprio affermare che l’onestà è un reato e la corruzione è legale.  In tal modo, avremmo risolto il problema e gli scandali sarebbero diventati  carta straccia.
Passando dal faceto al serio, dobbiamo rilevare come i cittadini non facciano il loro mestiere di componenti di una Comunità. Se si comportassero come tali, dovrebbero denunziare immediatamente ogni caso di corruzione che saltasse ai loro occhi.

La situazione è grave ma non seria, sosteneva Ennio Flaiano (1910-1972). Se fosse seria, le Camere darebbero sempre l’autorizzazione a procedere o alla reclusione a tanti propri componenti, i quali continuano a restare sui loro scranni nonostante condanne, anche non definitive. Peggio, anche parlamentari in carcere continuano a prendere vitalizi?!
Se fosse seria, nell’Assemblea regionale siciliana, non vi sarebbero decine di indagati e di inquisiti. Fino a quando il corpo non attiva gli anticorpi, che provvedano ad ammazzare le cellule cancerogene, l’estensione della malattia aumenta ed  il corpo stesso viene devastato.
Abbiamo principiato dai responsabili delle Istituzioni perché, come è noto, la politica deve occupare il livello più alto di responsabilità (e non di potere), nella scala gerarchica dei valori sociali.
Certo, tutta la Classe burocratica non è immune dal virus della corruzione che alimenta con una inefficienza spontanea, ma spesso anche voluta. L’inefficienza viene anche alimentata dalla opacità e dai tendoni che nascondono atti e comportamenti.
 

L’onestà è un reato, la corruzione è legale. Questa situazione vorrebbero che si verificasse tutti i maneggioni che, per fortuna, sono una minoranza della Comunità nazionale. Ma una minoranza che detiene potere, risorse finanziarie, amicizie ed altri strumenti per continuare in questa  opera perversa.
Fino ad oggi, le Istituzioni nazionali e locali non sono state in condizione di frenare l’espansione della corruzione. Fino ad oggi, solo Pubblici ministeri e Guardia di Finanza hanno eretto un argine che, però, non può essere esteso dato il perdente rapporto fra numero di magistrati e finanzieri da un canto e numero di corrotti e corruttori dall’altro.
Il versante degli appalti pubblici, è stato dimostrato dagli ultimi casi, è una fucina di corruzione. Ciò è dovuto alla mancanza di una legge che vieti tassativamente la riapertura dei contratti per cause diverse, fra cui l’aggiudicazione al prezzo più basso.
Gli appalti debbono essere aggiudicati a cancello chiuso, qualunque possa essere l’imprevisto, pena l’annullamento. 

I cittadini hanno sempre visto le Istituzioni come nemiche. I nostri compatrioti non si sentono uniti da un vincolo nazionale. Gli ottomila Comuni rappresentano realtà territoriali molto forti, non legate da un sentimento di interesse generale. Cosicché ognuno tira il lenzuolo dal proprio lato, infischiandosene se così ne scopre un altro.
Il processo di integrazione del nostro Paese, a distanza di centocinquantaquattro anni, non è andato molto avanti. La dimostrazione è che ancora oggi esiste un Nord Italia che corre e un Meridione che retrocede.
La forbice, anziché restringersi, si allarga sempre di più. Colpa dei nordici? Non diremmo. Invece, vi sono precise responsabilità della Classe dirigente meridionale che ha avuto centinaia di ministri e consimili, in questi settant’anni, ma non ha mai fatto alcunché per promuovere Sviluppo e Occupazione.
Grave responsabilità anche della Classe dirigente che si è sottratta al suo primario dovere: quello di controllare le Istituzioni e di concorrere al loro buon funzionamento.

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