Quando l’adolescenza è negata. 260.000 minori costretti a lavorare - QdS

Quando l’adolescenza è negata. 260.000 minori costretti a lavorare

Antonia Cosentino

Quando l’adolescenza è negata. 260.000 minori costretti a lavorare

martedì 16 Giugno 2015

Secondo il Telefono Azzurro, inoltre, circa il 41% dello sfruttamento minorile si concentra al Sud. Save the children: il fenomeno riguarda il 5,2% degli under 16 italiani

PALERMO – Il 41,3% dei casi di lavoro minorile in Italia si localizza nel Sud del Paese. A denunciarlo sono i dati della linea Emergenza Infanzia 114 diffusi da Telefono Azzurro in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, lo scorso 12 giugno. Dati che dimostrano come la piaga dello sfruttamento lavorativo dei minori non risparmi affatto l’Italia, dove il fenomeno è strettamente legato all’abbandono scolastico e spesso assume le forme della schiavitù e dell’accattonaggio.
Le vittime principali sono i minori stranieri non accompagnati, che costituiscono ben l’85% dei casi. Per lo più si tratta di maschi (55%) di età compresa tra 0 e 10 anni (71,4%). Vivono per il 41,3% al Sud, seguito dal Centro con il 30,4% e dal Nord con il 28,2%.
Il dato più inquietante è che le richieste di aiuto al Servizio 114 per situazioni di emergenza riguardanti sfruttamento minorile di ogni sorta sono in continuo aumento negli anni. Dallo 0,5% delle chiamate registrato nel 2006 su un totale di 1.751 chiamate di emergenza si è passati all’1,4% su un totale di 2.216 chiamate nel 2013, e addirittura al 3,1% nell’ultimo anno e mezzo (1 gennaio 2014 – 31 maggio 2015).
Una situazione allarmante, denunciata anche da Save The Children, secondo la cui ricerca “Game Over”, gli italiani lavoratori minori di 16 anni sarebbero oggi 260.000, cioè il 5,2% della popolazione in età. Oltre alle mansioni domestiche (33%) e di aiuto all’attività lavorativa della famiglia (41%), prevalgono gli impieghi nel settore della ristorazione (18,7%), della vendita (14,7%), della coltivazione e dell’allevamento (13,6%). L’11% degli adolescenti che lavorano – pari a circa 28.000 – sono coinvolti nelle forme peggiori di lavoro minorile, con orari notturni o con un impegno continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, di non avere neanche un spazio minimo per il gioco e  il divertimento o per il necessario riposo.
 
Si tratta, com’è chiaro, di un fenomeno complesso che taglia trasversalmente non poche dimensioni: l’istruzione, la salute, il mercato del lavoro, la sicurezza sociale, la crescita economica, la distribuzione del reddito e quindi la povertà economica e culturale dei territori e delle famiglie di appartenenza. Una questione sociale che richiede un’attenzione particolare da parte delle istituzioni, oggi pressocché inesistente, sia in termini di monitoraggio del fenomeno, che di azioni specifiche per la prevenzione e il contrasto.
Il lavoro precoce diviene spesso, infatti, un’esperienza difficilmente reversibile.
I minori non finiscono la scuola oppure la continuano fino a quando sono legalmente obbligati, ma con discontinuità e scarsi risultati, che li spingono a mantenere la propria scelta. Una scelta che spesso costruisce dei nessi con la criminalità organizzata: la gran parte dei minori che si trovano nel circuito della giustizia minorile è stata, infatti, in passato vittima di sfruttamento.
“Bisogna intervenire per spezzare il circuito perverso fra dissafezione scolastica e lavoro minorile – è il grido d’allarme di Save The Children, attraverso Raffaela Milano, direttora dei programmi Italia-Europa dell’associazione – rafforzando i progetti contro la dispersione scolastica, gli interventi di sostegno formativo per i ragazzi che hanno prematuramente abbandonato gli studi e favorendo una maggiore continuità fra scuola e lavoro attraverso percorsi protetti di inserimento lavorativo. Un lavoro dignitoso, a differenza di quello illegale e sfruttato, può essere uno strumento virtuoso per favorire lo sviluppo della personalità del minore, la sua responsabilizzazione e le capacità relazionali ed è quindi cruciale finanziare e potenziare questi percorsi”.

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