Imu e Tasi, in Sicilia stangata per imprese - QdS

Imu e Tasi, in Sicilia stangata per imprese

Michele Giuliano

Imu e Tasi, in Sicilia stangata per imprese

martedì 14 Luglio 2015

Confartigianato: l’Isola, dopo Umbria e Campania, è quella con la maggior tassazione sugli immobili produttivi. Il fisco colpisce capannoni, laboratori, strumenti di lavoro con un range di aliquote diverse

PALERMO – Imu e Tasi, una stangata per le piccole e medie imprese siciliane. La nostra è la Regione, dopo Umbria e Campania, terza per la tassazione sugli immobili produttivi. A segnalarlo è stata la Confartigianato che ha parlato di una vera e propria “giungla di aliquote”, che dividono l’Italia delle imprese.
Peggio di tutti in Umbria (10,34 per mille), Campania (10,19) e Sicilia (10,16); le aliquote più basse sono invece in Val d’Aosta (8,16), Friuli Venezia Giulia (8,97) e Sardegna (9,05). Più tartassate le province di Trieste (10,99), Lucca (10,57) e Terni (10,54); Più clementi Aosta (8,16), Ogliastra (8,19) e Oristano (8,25). Il fisco colpisce capannoni, laboratori, strumenti di lavoro con un range di aliquote diverse, da regione e regione.
Secondo la Confartigianato, sugli immobili produttivi, si concentrerebbe un prelievo fiscale sempre più forte, aggravato dalle complicazioni derivanti dalla giungla di aliquote diverse.
“È assurdo tassare gli immobili produttivi delle imprese come se fossero seconde case o beni di lusso – ha rilevato il segretario generale Cesare Fumagalli -. Come si può essere competitivi con una zavorra tanto pesante sulle spalle? Che fine ha fatto l’annunciata riforma della tassazione immobiliare all’insegna della semplificazione e della riduzione delle aliquote?”.
Le elaborazioni dell’Ufficio studi della Confartigianato mostrano che l’aliquota media di Imu e Tasi in Italia è del 9,97 per mille, ma con scostamenti molto significativi nelle diverse zone del Paese. E, tra il 2012 e il 2014, la tassazione sugli strumenti di lavoro delle imprese è aumentata del 18,4 per cento, mentre nello stesso biennio le tasse sulle abitazioni principali sono diminuite del 10 per cento.
In media, secondo i dati di Confartigianato, ciascun imprenditore subirebbe un aumento di 138 euro della pressione fiscale sugli immobili produttivi.
La “mappa” dei dati fa emergere che “nonostante le differenti aliquote – sottolinea il segretario generale Fumagalli -, un po’ in tutta Italia il fisco colpisce pesantemente gli immobili d’impresa. Il 40,9 per cento dei Comuni, infatti, applica una tassazione medio-alta con aliquote che oscillano tra il 9,10 e il 10,50 per mille”.
Insomma, la crisi è ancora lontana dall’essere scongiurata e per le piccole e medie imprese il ritorno alla crescita appare un miraggio.
Lo evidenzia oltretutto un sondaggio di Confesercenti e Swg, secondo cui oltre 8 imprenditori su 10 (82 per cento) a giugno dichiarano di non aver intercettato l’inversione di tendenza; più di uno su due (51 per cento) non rileva miglioramenti rispetto al 2014, mentre il 31 per cento sostiene di avere subito un nuovo calo. Solo il 17 per cento delle imprese vede segnali di miglioramento. La sofferenza delle imprese appare legata soprattutto, anche per questo studio, all’eccessivo prelievo fiscale: per questo tre imprenditori su quattro (75 per cento) ritengono prioritario che il Governo vari una riforma del fisco che alleggerisca il peso delle tasse.
 


Non solo tasse, anche l’ingombro della burocrazia
 
Ma sempre secondo lo studio di Confesercenti e Swg è forte anche la richiesta di un intervento urgente per la semplificazione: il 42 per cento vorrebbe snellire la burocrazia, mentre un 18 per cento di imprese chiede interventi per una giustizia più celere. Il perdurare dello stato di difficoltà si ripercuote sulla capacità di investimento delle imprese: solo il 18 per cento ha dichiarato di aver assunto a tempo indeterminato nuovo personale, e la metà ha potuto farlo solo grazie ai nuovi sgravi contributivi. Ma l’80 per cento segnala di non avere ancora l’esigenza o la forza per prendere nuovo personale. Secondo gli imprenditori servirebbe quindi un rafforzamento degli sgravi: 3 imprese su 10 chiedono di ridurre subito il costo del lavoro. “In questo momento, la stragrande maggioranza delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi è in ginocchio. Eppure possiamo e dobbiamo farle rialzare, così come vogliamo contribuire a cambiare in meglio il nostro Paese – afferma il presidente di Confesercenti, Massimo Vivoli -. Non lo possiamo fare da soli, ma possiamo farlo per primi e proponiamo a governo un patto per la ripresa fatto di cose concrete e tangibili”.

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