Irpef, Iva e Irap contribuiscono per metà al totale entrate correnti della Regione - QdS

Irpef, Iva e Irap contribuiscono per metà al totale entrate correnti della Regione

Serena Giovanna Grasso

Irpef, Iva e Irap contribuiscono per metà al totale entrate correnti della Regione

mercoledì 15 Luglio 2015

I dati pubblicati nel rapporto della Banca d’Italia a giugno 2015 relativi all’economia della nostra Isola nell’anno 2014. Versati in media da ogni siciliano 2.100 €, valore leggermente inferiore alla media nazionale di 2.148 €

PALERMO – Un particolare aspetto capace di delineare al meglio l’andamento dell’economia siciliana attiene alle entrate tributarie, specificamente il profilo relativo al non indifferente peso esercitato da queste sulle tasche dei contribuenti. Secondo quanto emerge dal rapporto della Banca d’Italia “Le economie regionali”, le entrate tributarie della Regione Siciliana nel triennio 2011/2013 a carico di ogni cittadino sono state mediamente pari a 2.100 euro, valore leggermente inferiore rispetto alla media nazionale (2.148 euro).
Certamente questo lieve scostamento non costituisce né un motivo di orgoglio, né un privilegio per tutti quei contribuenti siciliani costretti all’esborso di importi assai simili a quelli nazionali, ma con redditi e ulteriori parametri economici assai distanti.

Irpef, Iva e Irap
Secondo le informazioni provenienti dal Siope (Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici), le principali entrate tributarie regionali (Irpef, Iva e Irap) contribuiscono per circa la metà al totale delle entrate correnti della Regione. Proprio per quel che attiene all’Irpef e all’Irap, ossia le due imposte su cui vige un’autonomia impositiva fissata entro determinati limiti dalla legge, i siciliani versano importi abbastanza consistenti a causa dell’elevata aliquota. Infatti, a causa degli elevati disavanzi sanitari, la Regione Siciliana ha applicato per entrambi i tributi aliquote più alte (rispettivamente 4,82% per l’Irap e 1,73% per l’Irpef).

Il peso tributario delle ex Province
Ai 2.100 euro sopra enunciati, è necessario aggiungere in media 64 euro procapite, ossia il peso tributario imposto dalle Province siciliane nel triennio in esame. Si tratta di un valore in aumento dell’1,7% l’anno, contro il +0,1% rilevato a livello nazionale. In quest’ambito, i principali tributi sono l’imposta sull’assicurazione Rc auto e quella di trascrizione, che rappresentano rispettivamente il 57,8% e il 25% delle entrate totali, aumentate rispettivamente dell’11% e del 2,9% nella media del triennio.
Anche per quel che inerisce le imposte provinciali è ammessa l’autonomia impositiva. Infatti, le Province possono maggiorare del 30% l’importo dell’imposta di trascrizione rispetto alla tariffa base prevista dal decreto ministeriale 435/1998. Inoltre , grazie al Dlgs. 68/2011 tale possibilità è estesa anche all’aliquota base dell’imposta sull’assicurazione Rc auto, pari al 12,5% a cui applicare in aumento o in diminuzione fino a 3,5 punti percentuali.
Per quel che riguarda la specifica situazione siciliana, le ex Province hanno maggiorato l’imposta di trascrizione del 30% rispetto alla tariffa base, tranne Siracusa e Ragusa che hanno aumentato l’imposta rispettivamente del 20% e 15%. Mentre l’aliquota sull’assicurazione Rc auto in tutte le Province è giunta al 16%.
Ma non è ancora tutto. Dobbiamo infine aggiungere gli importi riscossi dai Comuni, pari in media a 389 euro pro capite con un aumento del 13,3% l’anno.

Tributi comunali
Fra i principali tributi di competenza dei Comuni rientrano l’imposta sulla proprietà immobiliare e l’addizionale comunale all’Irpef: tali entrate rappresentano rispettivamente il 34,9% e l’11,5% del totale; la prima è aumentata del 9,1% nella media del triennio, mentre la seconda del 15%. Nel caso dei Comuni, l’autonomia impositiva si manifesta principalmente nella facoltà di variare le aliquote delle imposte immobiliari e quelle dell’addizionale all’Irpef. Le imposte immobiliari soggette a variazione sono la Tasi (tributo sui servizi indivisibili), l’Imu (imposta municipale propria) e la Tari (tassa sui rifiuti).
Addentrandoci nello specifico, la base imponibile della Tasi è la rendita catastale rivalutata, l’aliquota base è pari all’1 per mille; non è previsto un sistema di detrazioni uniforme per tutti gli enti. I Comuni possono modificare l’entità del prelievo purché la somma fra l’aliquota della Tasi e quella dell’Imu non ecceda il 6 per mille per le abitazioni principali, il 10,6 per gli altri immobili.

L’Imu è applicata sulle sole abitazioni principali di lusso e su tutte le altre tipologie di immobili. La base imponibile è la rendita catastale rivalutata; l’aliquota base è pari a 7,6 millesimi, con facoltà per i Comuni di apportare variazioni in aumento (o in diminuzione) fino a 3 millesimi. Infine, la Tari è un tributo commisurato alla superficie dell’immobile ed è determinato dai Comuni in modo da assicurare la copertura integrale dei costi del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti urbani. In prospettiva gli enti dovranno dotarsi di sistemi di misurazione idonei all’applicazione di una tariffa puntuale, che rifletta l’effettiva quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico.

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