L’economia cresce se ci sono investimenti - QdS

L’economia cresce se ci sono investimenti

Carlo Alberto Tregua

L’economia cresce se ci sono investimenti

venerdì 31 Luglio 2015

L’Europa con burocrazia impaludata

I Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) hanno fondato la Banca dello Sviluppo, dotandola di cento miliardi di dollari, in modo da svincolarsi dalle grinfie del Fondo monetario internazionale e della Banca Centrale Europea.
La nuova banca avrà sede a Shanghai, con un presidente che dura in carica cinque anni, proveniente da ciascuno dei cinque fondatori. La prima presidenza è stata assegnata all’India.
La nuova Banca dello Sviluppo avrà un ufficio regionale a Johannesburg, e consente a qualunque Paese aderente all’Onu di fare domanda per parteciparvi. Si tratta di un’iniziativa coraggiosa, a maggioranza cinese, che deterrà inizialmente il 41 per cento del capitale sociale.
I Paesi emergenti hanno sentito l’esigenza di affrancarsi dal cappio del Fmi, anzi mettersi in concorrenza con lo stesso.
La Russia ha avuto un’iniziativa furba: proporre alla Grecia di entrare nella banca. Ma con quali soldi, visto che i greci sono in uno stato fallimentare?

Altra iniziativa del nuovo centro dell’economia d’Oriente è la costituzione della Banca Asiatica degli Investimenti, guidata da una cordata capitanata dalla Cina. Di essa fanno parte 57 Paesi, fra cui alcuni europei, Italia compresa, che hanno firmato l’atto costitutivo. AIIB (Asian Infrastructure Investment Bank), parte anch’essa con cento miliardi di dollari.
Sono assenti Giappone e Stati Uniti. Anche in questo caso, la Cina capofila ha una quota del 30,34 per cento, mentre l’India con l’8,52 per cento è un attore importante. La stragrande maggioranza dei partecipanti è asiatica, ma vi sono anche Russia, Germania, Francia e Brasile.
La AIIB è stata fortemente voluta dal presidente cinese Xi Jinping, che ha partorito l’idea nel 2013. Ha lo scopo di sviluppare il Continente asiatico. Ne fanno parte anche sette Stati arabi (Egitto, Emirati, Arabia Saudita, Qatar, Giordania, Oman e Kuwait).
Anche questa banca dà fastidio al Fmi, perché diventa un competitore alternativo, operando soprattutto in quella parte del mondo a forte crescita del Pil.

 
Il governo italiano ha ufficializzato la sua partecipazione nell’AIIB, in occasione dell’incontro fra i primi ministri di Cina e Italia. Il nostro Paese è fortemente interessato ad insediarsi nel continente asiatico, ove vi è una crescita impetuosa dei consumi e delle esportazioni, anche se il fabbisogno di energia non ha scrupoli di fronte al conseguente inquinamento che sta affossando il Pianeta.
Si dice che in occasione della visita di Obama, a Pechino hanno chiuso tutte le centrali che producono energia per ben cinque giorni. Ai cinesi, in quell’occasione, non parve vero di vedere il colore del cielo.
I rapporti tra Cina e Italia sono molto forti, un fatto dimostrato da tutte le partecipazioni che le banche cinesi hanno acquistato in società e istituti di credito italiani, anche quotati in Borsa.
Quanto precede indica la strada dello sviluppo sulla quale sono indispensabili sempre più investimenti.
 
A fronte di questa dinamica dei Brics, e in particolare di Cina e India, l’Europa resta impaludata in una stagnazione dalla quale fa fatica ad uscire.
Nell’Unione europea è aumentato a dismisura il peso della burocrazia. L’Ue ha emesso, attraverso gli organi politici (Commissioni e Consiglio d’Europa), una serie di direttive (che vanno poi recepite dai singoli Stati) e regolamenti (che hanno valore di legge), cavillosi ed inestricabili, che prevedono tempi infiniti nei rapporti con gli Stati membri.
In Europa c’è la Bei (Banca Europea degli Investimenti), che non funziona con la necessaria propulsione per spingere costantemente gli Stati ad investire.
Non si tratta di dare finanziamenti a chi non li merita, ma di sostenere progetti meritevoli, con i quali attivare nuove iniziative e costruire infrastrutture.
Solo quei Paesi che tagliano la spesa corrente e destinano le proprie risorse e quelle ottenibili dalle diverse banche mondiali agli investimenti possono disegnare un futuro roseo. Quelli che si crogiolano sulle beghe  da comari sono destinati a retrocedere.

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