Cave, arriva l’atteso decreto sui canoni - QdS

Cave, arriva l’atteso decreto sui canoni

Rosario Battiato

Cave, arriva l’atteso decreto sui canoni

sabato 29 Agosto 2015

La firma dell’assessore all’Energia Vania Contrafatto sulle modalità applicative e di controllo per le attività di estrazione. All’interno del provvedimento le quote da distribuire tra comuni e Regione e i tempi di pagamento

PALERMO – È arrivato sulla Gurs del 21 agosto il decreto dell’assessorato dell’Energia e dei servizi di pubblica utilità, firmato da Vania Contrafatto, che annuncia le “Modalità applicative e di controllo del pagamento dei canoni dovuti per le attività di estrazione dei giacimenti minerari di cava (ex art. 83 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9)”.
Il provvedimento era stato previsto al terzo comma dell’articolo 83 “Attività di estrazione e di giacimenti minerari di cava” della Legge di stabilità regionale, pubblicata nel supplemento ordinario n. 1 alla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana n. 20, parte I, del 15 maggio 2015. Nello stesso testo, al primo comma, erano previsti anche i due canoni per le attività di estrazione di giacimenti minerari di cava che variano in relazione alla superficie complessiva autorizzata alla coltivazione (da un minimo di 2mila euro fino a 5 ettari a un massimo di 13mila euro oltre i 50 ettari) e in relazione ai volumi complessivamente autorizzati (da 1.500 euro fino a 100 metri cubi a 13mila euro oltre i 5mila metri cubi). 
“I versamenti dei canoni – si legge sul decreto assessoriale – devono essere effettuati per singola cava e separatamente per la quota dovuta alla Regione siciliana (50%) e per quella dovuta ai comuni interessati (50%); il pagamento alla Regione deve essere effettuato in unica rata, entro il 31 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento”. Nel caso in cui siano interessati più comuni, la quota destinata all’ente locale è ripartita in proporzione alla superficie dell’area ricadente in ciascun comune.
A coordinare i flussi dei pagamenti saranno i distretti minerari competenti per il territorio che, entro il 15 febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento, dovranno comunicare e richiedere “agli esercenti le attività estrattive, l’ammontare del canone annuo da corrispondere alla Regione siciliana, e quello da corrispondere ai Comuni interessati”.
Per i calcoli relativi al 2014 ci saranno tre mesi di tempo a partire dalla pubblicazione del decreto, in questo periodo i distretti dovranno richiedere i dati agli esercenti, e poi sarà disponibile un ulteriore mese dalla data di ricevimento della comunicazione. I canoni saranno aggiornati biennalmente dallo stesso assessorato sulla base dell’indice Istat. A effettuare i controlli saranno i distretti minerari e i comuni territorialmente competenti, mentre l’archivio di tutti i dati sarà tenuto dal servizio “Attività tecniche e risorse minerarie” del Dipartimento regionale dell’energia.
Resta vincolata la spesa delle somme dei canoni da parte dei comuni. Per scoprire di cosa si tratta bisogna leggere il quinto comma dell’articolo 83 della lr 7 maggio 2015, n. 9: i comuni destinatari delle quote di canone “impiegano le somme esclusivamente per interventi infrastrutturali di recupero, riqualificazione e valorizzazione del territorio, del tessuto urbano e degli edifici scolastici e ad uso istituzionale. Una quota non inferiore al 50% delle suddette risorse è riservata agli interventi di manutenzione e valorizzazione ambientale ed infrastrutturale connessi all’attività estrattiva o su beni immobili confiscati alla mafia ed alle organizzazioni criminali”.
 


La priorità al recupero dei luoghi
 
PALERMO – Non è certamente casuale che le regole di ripristino ambientale vincolino fortemente i canoni concessori destinati ai comuni siciliani. La priorità consiste nell’evitare i disastri ambientali degli anni passati che in molti casi non hanno visto bonifiche adeguate. Il caso esemplare, in questo senso, è dato dalla storia della miniera abbandonata di Bosco Palo in provincia di Caltanissetta, chiusa nel 1988. Ma i casi sono comunque tanti. Gli ultimi aggiornamenti di Legambiente (rapporto cave 2014) riportano nell’Isola la presenza di 504 cave attive e ben 862 dismesse e/o abbandonate. Dopo il Veneto si tratta del dato più elevato che si prende una fetta considerevole delle oltre cinquemila presenti sul territorio nazionale. La Sicilia si piazza “soltanto” al quinto posto, invece, per le cave dismesse e/o abbandonate che sono poco più di 16mila in tutta Italia. Normare e regolarizzare, del resto, è anche quello che chiede un settore che resta tra i più floridi in Sicilia. Il volume d’affari annuo da attività estrattive, considerando soltanto sabbia e ghiaia, vale circa 10 milioni di euro.

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