Volkswagen ha mentito ma non ha inquinato - QdS

Volkswagen ha mentito ma non ha inquinato

Carlo Alberto Tregua

Volkswagen ha mentito ma non ha inquinato

venerdì 02 Ottobre 2015

Scandali e mercati

Lo scandalo che colpì l’ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, in cui era coinvolta la stagista Monica Lewinsky, non fu giudicato grave dall’opinione pubblica per il fatto in sé, bensì perché egli aveva mentito.
L’opinione pubblica americana, la cui maggioranza è protestante, non tollera i bugiardi, indipendentemente dalla gravità della bugia. Quando quel presidente decise di dire la verità, si espresse anche con una battuta: per ragioni di Stato le ho dovuto chiudere la bocca. Poi fu perdonato anche dalla moglie, Hillary Rodham, secondo il disegno strategico di una sua candidatura alla presidenza degli Usa nel 2016.
Mutatis mutandis, lo scandalo Volkswagen verte sul fatto che i dirigenti della casa tedesca hanno mentito e per questo debbono pagarne le conseguenze. Hanno mentito sui dati di inquinamento particolarmente rigorosi nel Paese nordamericano, adottando un marchingegno odioso qual è l’algoritmo che ha modificato solo per i test gli indici di inquinamento dei motori a gasolio.

Ma la questione sostanziale, al di là delle menzogne, è se i moderni diesel fabbricati benissimo dai tedeschi inquinino più o meno dei motori a benzina.
Quando Rudolf Diesel, ingegnere tedesco, costruì il motore a combustione interna (1897), non avrebbe mai immaginato l’evoluzione del suo prodotto a cent’anni di distanza. Diversamente dai motori a benzina, quelli diesel sono caratterizzati da un’elevata compressione la quale produce un innalzamento della temperatura sufficiente a provocare l’autoaccensione del combustibile iniettato direttamente nella testata del cilindro.
La loro elevata rumorosità ne ha impedito la diffusione fino a questi ultimi vent’anni, quando sono diventati più silenziosi dei motori a benzina, con un rendimento in termini di chilometri per litro superiore al 30 per cento.
Gli americani e i giapponesi si sono sempre rifiutati di produrre motori diesel, cosicché in Usa hanno imposto limiti di inquinamento estremamente bassi, anche a fronte di limiti di inquinamento dei motori a benzina più alti. Motori che, tra l’altro, consumano di più.
 

Male hanno fatto i produttori tedeschi e quelli italiani ad accettare la vessazione nordamericana. I primi hanno pensato di aggirare l’ostacolo con l’algoritmo. Non sappiamo se l’hanno fatto anche i secondi, ma ci auguriamo vivamente di no.
Intendiamoci, la sostanza è che il motore diesel inquina meno di uno a benzina, a parità di cavalli erogati. E, dunque, tutto lo scandalo Volkswagen verte più sulla menzogna della comunicazione che sulla sostanza dell’inquinamento. Una circostanza che molti non hanno capito.
La differenza fra comunicazione e sostanza ci ricorda un’altra vicenda, però siciliana, completamente diversa. La famosa frase la Borsellino va fatta fuori come il padre è stata detta o no dal medico personale di Crocetta, Mario Tutino, indipendentemente dalle intercettazioni? Forse l’incidente probatorio rivelerà la verità.
Ma torniamo allo scandalo Volkswagen, il cui danno peserà sul gruppo tedesco per molti anni a venire.

La casa madre automobilistica ha predisposto il ritiro di undici milioni di vetture per la regolazione della centralina sotto inchiesta. Il governo tedesco ha dato il termine ultimo del prossimo 8 ottobre per regolarizzare le auto in circolazione, che sono quelle contrassegnate con Euro 5.
Con la regolazione della centralina, le auto potranno continuare a circolare liberamente perché non è in gioco la funzionalità del motore, bensì la sua produzione di inquinamento.
Ma vi sono milioni di auto, da Euro 1 in avanti, che circolano tranquillamente e perfettamente in regola perché sono revisionate, e molte più auto con motore a benzina che circolano in modo altrettanto regolare.
Volkswagen dev’essere punita severamente. Il suo comportamento ingannevole della buona fede dei consumatori forse le costerà alcuni miliardi di euro.
Ma per favore, non confondiamo fischi con fiaschi, perché anche in altri settori vi sono guerre di test e di indici.

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