Femminicidio piaga tutt'altro che risolta - QdS

Femminicidio piaga tutt’altro che risolta

Antonio Leo

Femminicidio piaga tutt’altro che risolta

venerdì 09 Ottobre 2015

Numeri positivi per il ministero dell’Interno, ma le vittime sono ancora tante. La tragedia di Giordana Di Stefano è solo l’ultima del 2015

NICOLOSI (CT) – Giordana Di Stefano aveva vent’anni, solo sedici in più della figlia di quattro. Il corpo senza più calore è stato trovato nella sua Audi A2 in via Monlupo, una strada di campagna nella periferia di Nicolosi. Una vita spezzata da un amore ingannevole, avvelenato, quello del compagno Luca Priolo, il giovanissimo padre di 24 anni che l’ha massacrata con diverse coltellate. Fa rabbia rivedere il profilo di facebook, dove poco più di un mese fa la madre veniva ritratta con la figlia davanti a un torta: era il compleanno della piccola. Fa rabbia pensare che questo delitto forse si poteva evitare. La donna aveva infatti denunciato l’ex compagno per stalking. Una mossa che ha pagato a caro prezzo, perché il ragazzo – dopo una lite furibonda il giorno prima dell’udienza davanti al Gip di Catania – è uscito di senno, scagliandole addosso tutta la sua violenza. “Sì, sono stato io… ho perso la testa, non volevo ucciderla”, ha poi confessato l’assassino, fermato su un treno per Milano da dove intendeva fuggire in Svizzera.
Quella di Giordana è soltanto l’ultima, immensa tragedia di un fenomeno che dalle colonne di queste pagine raccontiamo costantemente. Mentre il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, giusto ieri l’altro, gonfiava il petto per la diminuzione di femminicidi e violenze, l’emergenza degli uomini che odiano le donne è tutt’altro che conclusa. Secondo i dati del Viminale, presentanti nel corso del convegno “Stalking: ossessione criminale”, organizzato presso la Scuola superiore di Polizia, gli omicidi di donne nel primo semestre del 2015 sono scesi di sole quattro unità, passando da 79 a 74. Tra questi, sono 56 le donne uccise in ambito affettivo o familiare.
 
Nulla di che stare allegri, insomma. Il fenomeno è radicato e duro a morire, come dimostrano anche i dati Istat relativi al 2014. In Italia ben 6 milioni e 788 mila donne hanno dichiarato di aver subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. E quasi 3 milioni e mezzo hanno svelato di essere state vittime di stalking anche solo una tantum. Circa una siciliana su quattro (il 24%), guardando alla nostra Isola, è stata oggetto di violenze fisiche o sessuali (l’11,9 per cento l’ha subita dal partner o ex partner, oltre il 5 per cento dal partner abituale, più del 17 per cento di donne – dai 16 ai 70 anni – da un uomo che non è suo partner). Nel 2015, questa situazione a sentire il ministro sarebbe migliorata grazie al decreto sulla violenza di genere che ha aggiornato il codice penale con nuove aggravanti.
“Abbiamo avuto ottimi risultati dalla legge sul femminicidio – ha dichiarato Alfano – sono calati sia gli omicidi che le lesioni. Ha funzionato la prevenzione, con l’ammonimento e l’allontanamento del coniuge violento”. Nel primo semestre sono stati inflitti 207 ammonimenti per violenze domestiche, nell’intero 2013 erano stati solo 111; i partner allontanati da casa sono stati 144, il doppio che in tutto il 2013. Il decreto –  sempre secondo i numeri snocciolati dal Viminale – avrebbe già ottenuto dei risultati positivi: nei primi sei mesi del 2015, rispetto al primo semestre del 2014, i maltrattamenti in famiglia sarebbero diminuiti del 16,4%, le percosse del 6,75%, le violenze sessuali del 18,44%. Soprattutto sarebbero calati gli atti persecutori (lo stalking), del 21,3%.
Cionondimeno, 74 omicidi in soli sei mesi dovrebbero tenere altissima la guardia. Ricordiamo che solo poco tempo fa, nel 2013, l’anno dei record, si raggiunsero le 179 vittime (una ogni due giorni). La storia si ripete, perché in quell’anno a una donna su sei – tra quelle uccise – toccava la stesa sorte di Giordana: morte per mano dell’ex partner. Nella maggior parte dei casi avevano subìto maltrattamenti dal proprio uomo, spesso l’avevano anche denunciato, inascoltate. Catania, tra l’altro, nel 2013 entrava nella top ten delle province con più femminicidi consumati.
Da allora poco o nulla è cambiato e, al netto di ammonimenti e allontanamenti, serve ancora una vera azione educativa, che parta dalle scuole, dai giovani.  “Per combattere la violenza – si legge in una nota del Centro antiviolenza catanese Thamaia Onlus – non bastano le misure repressive, ma occorre che se ne individui la matrice di genere, vale a dire si riconducano i gesti violenti ad una concezione delle relazioni tra i generi basata sulla sostanziale negazione all’individuo donna del diritto all’autodeterminazione di cui godono gli individui di sesso maschile, si incida sui processi identitari di uomini per i quali un rifiuto femminile è un’intollerabile ferita alla propria integrità”. In questa direzione, l’associazione Thamaia ha tessuto “una rete di cooperazione con i servizi, le FFOO, le scuole, i giudici non solo per costruire una rete di protezione per le vittime, ma anche per un’azione coordinata di diffusione di culture e pratiche della parità e della valorizzazione delle differenze di genere”. Una rete che, conclude l’associazione senza nascondere l’amarezza, “va sostenuta consapevolmente e attivamente dai responsabili delle istituzioni pubbliche nella quotidianità del lavoro di ciascuno e non negli stucchevoli e vuoti rituali delle celebrazioni del 25 novembre o dell’8 marzo”.

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