Call center in Sicilia appesi a un filo - QdS

Call center in Sicilia appesi a un filo

Michele Giuliano

Call center in Sicilia appesi a un filo

sabato 21 Novembre 2015

Passa dal Governo nazionale la vertenza tutta siciliana: serve varo su “clausola sociale” o collassa tutto. A rischio ben 20 mila posti di lavoro: senza protezione lavoratori tutti a casa

PALERMO – Serve una “clausola sociale” altrimenti per la Sicilia sarà ancora un disastro in ambito occupazionale. Tornano a tremare i lavoratori dei call center: nell’isola sono in 20 mila, di cui 10 mila solo a Palermo. In queste settimane si sta lavorando al governo nazionale per introdurre per l’appunto la clausola sociale che impone il mantenimento dei lavoratori dei call center alle aziende che eventualmenmte subentrano in caso di assegnazione di nuovo appalto.
Un primo passo è strato fatto con l’approvazione di un emendamento, varato in VIII commissione alla Camera, nel decreto legislativo sul nuovo codice degli appalti. è arrivata anche l’approvazione alla camera del ddl, ora però l’ultima parola spetta al Senato. “Così – dicono Michele Pagliaro, segretario generale della Cgil Sicilia, e Davide Foti, coordinatore generale della Slc Cgil regionale – si salvaguardano le professionalità acquisite, si tutela la qualità del lavoro e si evita la precarizzazione del rapporto di lavoro in un settore nel quale sono stati occupati, soprattutto nella nostra regione, nell’ultimo decennio, migliaia di giovani in possesso di titoli di studio medio-alti”.
I due esponenti sindacali ricordano le manifestazioni degli addetti dei call center che hanno preceduto il varo della misura giudicata “un importante risultato che consente ai lavoratori dei call center di poter godere degli stessi diritti di cui gode la maggior parte dei loro colleghi degli altri paesi europei”.
Per Pagliaro e Foti “adesso la Regione Siciliana dovrà prendere atto del fatto che in tale settore di attività si opera stabilmente e che ne vanno sostenute adeguatamente le attività”. Intanto la pressione politica continua e ad avere preso posizione è stato il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il quale ha firmato a nome di tutta la giunta la petizione lanciata dal sindacato ‘Lavoratori delle Comunicazioni’ della Cgil a favore dell’introduzione della “clausola sociale” per i call center. La norma prevede la prosecuzione dei rapporti di lavoro già esistenti in caso di successione di imprese negli appalti con il medesimo committente e la protezione dei trattamenti economici e normativi contenuti nei contratti collettivi.
“Supportare questa iniziativa – ha detto Orlando – è quasi un obbligo per il sindaco di una città che ha oltre 10 mila lavoratrici e lavoratori coinvolti nel settore. Ma l’approvazione di questa norma è anche necessaria perché metterà fine alla precarietà, sarà stimolo per la qualità dei servizi agli utenti e ai consumatori e attraverso le salvaguardie occupazionali diverrà strumento di sviluppo locale”.
Già sono prossime le scadenze dei primi appalti: ad esempio Almaviva, a dicembre, ha le commesse in scadenza di Enel e Tim e gli esuberi possibili sono mille. Un altro caso aperto è quello del call center 4U servizi, che conta 333 dipendenti. La commessa Wind è stata venduta ad Abramo, con una clausola per il mantenimento dei lavoratori. Ma i sindacati non sanno quanti lavoratori saranno realmente “protetti”. Si parla di poco più di un centinaio.
 


Cosa prevede l’emendamento approvato
 
Il disegno di legge delega sugli appalti pubblici licenziato dalla commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici e dalla Camera introduce la clausola sociale anche per i call center in outsourcing: se cambia l’azienda erogatrice del servizio, i lavoratori mantengono il posto di lavoro. Nel testo che aspetta solo l’ultimo “sì” del Senato per la prima volta dichiarato il principio che “in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro continua con l’appaltatore subentrante, salvaguardando i trattamenti economici e normativi previsti”; inoltre viene dato mandato al ministero del Lavoro di definire i criteri generali di attuazione, in assenza di disciplina collettiva, mentre ci sarà l’obbligo delle stazioni appaltanti sia pubbliche che private di dare comunicazione della stipula di nuovi contratti ai sindacati. Le nuove norme sono ora all’esame dell’Aula di Montecitorio. “Con il ritiro dell’emendamento Piso che mirava a far saltare la clausola, avendo inserito il limite del 70 per cento dei lavoratori a tempo indeterminato per ogni azienda – auspica Fabio Gozzo della Uilcom – si spera in un via libera in tempi rapidi da parte della Camera”.
 

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