Al centro c'è l'impresa non il posto fisso - QdS

Al centro c’è l’impresa non il posto fisso

Carlo Alberto Tregua

Al centro c’è l’impresa non il posto fisso

sabato 05 Dicembre 2015

Chi ha idee e voglia vincerà

L’Italia comincia a ripartire, seppur lentamente, perché Matteo Renzi ha capito che al centro di un sistema economico c’è l’impresa e l’imprenditore, cioè chi produce ricchezza e occupazione.
Poi vi sono le professioni che aiutano l’impresa e le Università che fanno ricerca, la quale è anche sviluppata dal settore privato per produrre innovazione e brevetti.
È tutto l’insieme descritto che muove la ruota economica in un sistema ordinato, che consente a ognuno di fare la propria parte in sinergia con le altre componenti e non da soli. Da soli, recita un vecchio detto, non si sta bene neanche in Paradiso.
Purtroppo, dal 1968 in avanti, in una sorta di rivoluzione scellerata, si brandì il vessillo dell’uguaglianza, principio corretto ove si riferisca all’uguaglianza delle opportunità, che devono essere date a tutti nella stessa maniera. Principio nefasto quando si intende dare tutto a tutti, prescindendo dalle proprie capacità, dalla propria voglia di fare e dal proprio rendimento.

Così nacquero il 6 e il 18 politico, così nacque lo Statuto dei lavoratori (Legge Brodolini, n. 300/70), così si estese in tutto il Paese un appiattimento verso il basso, tagliando le eccellenze, mettendo in naftalina i talenti. Da tutto ciò iniziò un clientelismo sfrenato, secondo cui venivano messi nei posti chiave personaggi fedeli ai riferimenti politici e non i più bravi. Il declino dell’Italia cominciò e ancora oggi ne paghiamo le conseguenze.
Né l’avvento di Berlusconi (nel 1994), che sembrò una grande speranza per rompere la palude, né l’alternanza con D’Alema e Prodi, né l’avvento di Monti e Letta hanno cambiato alle radici lo scenario.
Matteo Renzi, invece, ha avuto l’intuito di rimettere al centro del sistema economico-sociale l’impresa: ha eliminato il famigerato articolo 18, cosicché ha consentito a quasi un milione di lavoratori di avere il contratto a tempo indeterminato, a tutele crescenti, rimettendo in moto i mutui bancari che quest’anno si sono raddoppiati.
I consumi continuano però a restare piatti, anche se la Confcommercio prevede che le spese di Natale aumenteranno, seppur di poco.
 

In un mercato globalizzato, i giovani e i meno giovani che hanno in testa il posto fisso, meglio se nella Pubblica amministrazione, sono destinati a non avere un avvenire di progresso. Non che il posto fisso sia deprecabile, tutt’altro. Sono i tantissimi bravi dipendenti, affezionati alla propria azienda, o i tantissimi bravi funzionari pubblici, che nonostante l’ambiente decisamente indecoroso, si impegnano con fatica e al massimo delle loro possibilità, che sostengono il sistema Italia.
Tuttavia, la loro partecipazione positiva non fa progredire il Paese, perché occorre la parola chiave: competitività. Su questo versante, l’Italia è agli ultimi posti nel mondo, in compagnia di molti Paesi sottosviluppati.
Per essere competitivi bisogna puntare sull’innovazione, la quale consente di fare molte più cose in minor tempo e con costi più ridotti.

Senza Internet, gli sviluppi attuali sarebbero stati impensabili. Senza la concorrenza mondiale nella telefonia il ribasso formidabile dei prezzi a imprese e consumatori non vi sarebbe stato. Senza Bill Gates, Microsoft non avrebbe invaso il mondo di Pc, lo stesso vale per la Apple di Steve Jobs.
I social, che hanno consentito a miliardi di persone di comunicare in maniera innovativa, devono molto a Mark Zuckerberg, il quale proprio in questi giorni ha dichiarato (ma sarà vero?) che devolverà in beneficenza ben 45 miliardi di dollari in occasione della nascita del suo primo figlio.
Il progresso non ci sarebbe stato senza Alibaba, il primo sito di e-commerce nel mondo. Tuttavia, non bisogna dimenticare che se le transazioni avvengono per via telematica, i prodotti continuano a essere spostati sulla terra, anche utilizzando aeromobili o navi. Quindi, hanno ruolo ancor più essenziale logistica e infrastrutture. Ecco perché il nostro Meridione è così arretrato: ha un tasso infrastrutturale inferiore di un terzo a quello medio del Paese.
Il progresso è avanti a noi, bisogna afferrarlo, prima che passi. Chi ha idee e voglia di crescere, vincerà.

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