Export, la Sicilia mette il freno all'Italia - QdS

Export, la Sicilia mette il freno all’Italia

Rosario Battiato

Export, la Sicilia mette il freno all’Italia

sabato 12 Dicembre 2015

Incide, come al solito, la vendita di prodotti petroliferi raffinati: crolla di un quarto il mercato siciliano. Il resto è merce di nicchia. Crescita complessiva del Paese, ma per l’Isola la contrazione è di nove punti percentuali

PALERMO – Il terzo trimestre del 2015 non è stato un buon periodo per le esportazioni nazionali. La contrazione congiunturale, diffusa a livello nazionale, si è presentata particolarmente marcata proprio nell’area meridionale e insulare con un risultato negativo di circa cinque punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2014. Nel complesso dell’anno in corso, considerando il periodo gennaio/settembre, resta positiva la crescita a livello nazionale (+4,2%) con un picco di positività nella porzione meridionale (+7,9%) e una rapida discesa in quella insulare (-4,4%). La Sicilia è la regione col tasso negativo più elevato. A incidere è soprattutto la raffinazione dei prodotti petroliferi. 
La locomotiva d’Italia corre tra le regioni del Centro e del Settentrione. Le aree che hanno fornito un contributo rilevante alla crescita tendenziale dell’export nazionale nei primi nove mesi del 2015 sono Piemonte (+8,7%), Veneto (+5,8%), Lazio (+13,0%), Lombardia (+2,1%) ed Emilia-Romagna (+3,9%). Dall’altra parte della classifica troviamo, invece, le regioni che hanno contribuito negativamente al bilancio nazionale delle esportazioni: in cima alla graduatoria c’è proprio la Sicilia con una contrazione del 9,1%. Seguono Liguria (-5,3%) e Marche (-2,7%).
I mercati di sbocco più floridi e in crescita dei primi nove mesi dell’anno in corso viaggiano tra Stati Uniti e Piemonte (+73,7%), Belgio e Lazio (+36,7%), e poi ancora Stati Uniti con Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. Sull’altro fronte, invece, si registra una forte contrazione tra la Russia e la Lombardia (-31,5%) e l’Emilia-Romagna (-31,9%). Crolla anche la Sicilia che ha visto ridurre il suo volume di scambio con i Paesi dell’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori di petrolio che comprende dodici paesi (Algeria, Angola, Ecuador, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Venezuela).
Nella particolare graduatoria relativa al contributo alla variazione delle esportazioni nazionale per settore, scopriamo che la Sicilia si piazza all’ultimo posto con un dato che sfiora il 20% relativo alle esportazioni di coke e prodotti petroliferi raffinati. “La perdita di competitività della raffinazione – si legge nel rapporto Energia 2015 della Regione siciliana, nei prossimi giorni è prevista l’uscita dell’ultimo aggiornamento – non si sta verificando solo in Italia ma in tutta Europa essendo le raffinerie americane e quelle del Medio ed Estremo Oriente fortemente avvantaggiate da costi più bassi dell’energia e della materia prima, da aiuti di Stato e da vincoli ambientali e sociali praticamente inesistenti”. E così i grossi gruppi cambiano strategia. Da segnalare l’esempio di Eni che ha deciso di convertire in bio raffineria lo storico impianto di Gela. Del resto i numeri degli anni passati non ci sono più e già nel 2013 la raffinazione in Sicilia aveva avuto una forte contrazione rilevabile dal greggio giunto nei porti siciliani che si è ridotto di circa 4 milioni di tonnellate.
Un dato che si riflette anche nella scomposizione provinciale. Siracusa, sede nel noto polo petrolchimico di Priolo, è tra le province che ha fatto registrare una delle contrazioni più elevate a livello nazionale (-12,9%).

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